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Giù le mani dallo yuan, così Pechino va all’attacco dei gufi

Per tentare di ridare slancio alla valuta nazionale e sperare di continuare a inseguire il dollaro, la Banca centrale cinese invita tutti gli operatori del mercato che scommettono contro la moneta a farsi da parte

La Cina, tra i suoi immani e strutturali problemi, ne ha uno che più di tutti rischia di ipotecare il suo ruolo di seconda economia globale, ma così a rischio ora che tra le inseguitrici degli Stati Uniti c’è anche l’India: la debolezza ormi cronica dello yuan. A Pechino sanno fin troppo bene che la moneta cinese non potrà mai riuscire nel disarcionare il dollaro. Eppure la suggestione rimane.

Forse anche per questo sembrano essere sempre più indigesti tutti quei trader che, volenti o nolenti, scommettono al ribasso sullo yuan o meglio non fanno abbastanza per sostenere la valuta del Dragone. Un retroscena raccontato dall’agenzia Axios, secondo la quale, la Pboc, la banca centrale cinese, ha chiaramente invitato gli operatori del mercato a farsi da parte qualora gli scambi da essi gestiti con andassero nella direzione di un sostegno alla yuan.

D’altronde, la debolezza della valuta è un chiaro e inequivocabile sintomo della crescente preoccupazione del mercato circa la capacità dell’economia cinese di riprendere slancio. Scommettere contro lo yuan, essenzialmente prendendolo in prestito e poi vendendolo per acquistare investimenti a rendimento più elevato in altre valute, è diventato molto popolare in Cina e questo alle autorità non piace, perché contrario all’interesse del Dragone.

Risultato, la Pboc ha rilasciato una dura dichiarazione rivolta ai trader valutari globali: “Non esiteremo a intraprendere azioni quando necessario per correggere fermamente i movimenti unilaterali e pro-ciclici del mercato, per affrontare con risolutezza le azioni che disturbano l’ordine di mercato ed evitare fermamente i rischi di overshooting (superamento, ndr) del tasso di cambio”, ha affermato la Pboc. Tradotto, chi vende azioni o bond in altre valute e a prezzi oltre il valore stesso dello yuan, causandone l’indebolimento, verrà messo alla porta.

Tutto questo mentre, sul fronte bancario, le banche di territorio vivono l’ennesimo psicodramma. I crediti, ormai diventati inesigibili, si stanno infatti accumulando presso le banche di territorio cinesi, nella dimensione di miliardi di yuan. Non bisogna mai dimenticare come gli istituti di taglia minore, spesso partecipati o controllati dalle stesse amministrazioni locali, sono sotto pressione per almeno altri due motivi. Primo, con l’implosione del settore immobiliare, i denari prestati al comparto del mattone non sono più tornati indietro. Secondo, l’accanimento della Pboc, la banca centrale cinese, sui tassi, affinché questi rimangano bassi, sta comprimendo come non mai i margini degli istituti.

Ora si aggiunge il fatto che il rallentamento della crescita del Dragone ha giocato un brutto scherzo alle manifatture locali e alle imprese, rendendo più difficile rientrare del debito contratto con le banche. Un esempio su tutti, come raccontato da Nikkei, è quello della China Bohai Bank, quotata a Hong Kong e con sede a Tianjin, vicino a Pechino. Che sta subendo pressioni finanziarie a causa della sua esposizione alle regioni più deboli del nord e del nord-est della Cina.

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