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Torna l’Italia “proletaria” e il rischio è che la profezia si autoavveri. Il corsivo di Cangini

A seguito della nuova ondata migratoria, il livello della tensione (e del vittimismo italiano) si alza. Il rischio è che, con l’approssimarsi delle elezioni europee, la dinamica vittimista e divisiva prenda il sopravvento fino a sfuggire di mano. Il rischio è che la profezia di un’Italia sola e impotente si autoavveri. Il corsivo di Cangini

Fino a qualche giorno fa, la narrazione era diversa. Con Giorgia Meloni, si diceva, la politica è tornata al governo e l’Italia si è di conseguenza riconquistata il posto che le spetta tra i grandi del mondo. E dunque: la Meloni nel cuore di Biden, la Meloni pappa e ciccia con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, la Meloni a capo delle politiche europee in Africa, la Meloni pronta a rivoluzionare gli assetti politici dell’Europarlamento, la Meloni, addirittura, come la “nuova Merkel”.

Poi, d’improvviso, i canoni narrativi sono stati ribaltati. Rieccoci all’“Italia proletaria” sola contro tutti. Matteo Salvini evoca un complotto internazionale ai danni del nostro Paese, il direttore della Verità Maurizio Belpietro indica nel presidente francese Macron il capofila del complotto, il responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli dice che il governo è “sotto attacco” da parte di “lobbisti e gruppi di pressione economici potenti”. Un cambiamento così improvviso e radicale da alimentare un duplice dubbio: che vi fosse un eccesso di enfasi nel racconto della leadership internazionale dell’Italia, così come che vi sia un’enfasi eccessiva nel descriverci oggi in lotta contro un mondo ostile.

Il detonatore, è noto, è stata la questione migranti. L’aumento del 360% di immigrati dalla Tunisia ha messo a nudo difficoltà che negli anni trascorsi all’opposizione venivano regolarmente messe in capo ai governi in carica e ai ministri dell’Interno di turno. Intendiamoci, molte delle accuse che si levano dai ranghi del centrodestra e dalle pagine dei giornali d’area sono fondate. È vero che Francia e Germania hanno blindato le frontiere. È vero che Macron ha considerato un atto di lesa maestà il memorandum con la Tunisia. È vero che parte degli eurodeputati di sinistra quel memorandum lo vorrebbe stracciare. È vero, e questa è la cosa più grave di tutte, che le istituzioni europee non hanno ancora dato il via libera al finanziamento da 255 milioni alla Tunisia, con ciò confermando un approccio burocratico a problemi eminentemente politici. È dunque probabile che l’impennata nel numero delle partenze dalla Tunisia sia lo strumento di pressione scelto dal presidente Kais Saied per ottenere al più presto quanto gli era stato promesso. Era già successo con l’Albania, con la Turchia, con la Libia di Gheddafi.

È tutto vero. Come è vero che (ancora una volta dopo il caso Gentiloni) a drammatizzare la situazione rendendo palese l’impotenza del governo, sia stato, con evidenti intenti elettorali, Matteo Salvini, la cui retorica cospirazionista è (ancora una volta) diventata la retorica del governo. Il rischio è che, con l’approssimarsi delle elezioni europee, tale dinamica vittimista e divisiva prenda il sopravvento fino a sfuggire di mano. Il rischio è che la profezia di un’Italia sola e impotente si autoavveri. Un rischio avvertito oggi dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti che invita i leader del centrodestra a “tenere i nervi saldi” e a temperare “la pur sana competizione tra membro dello stesso club”.



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