In difficoltà sul fronte militare, Putin sollecita forniture di armi alla Corea del Nord e rilancia il miraggio dei negoziati coinvolgendo anche il Vaticano. L’analisi di Gianfranco D’Anna
L’orizzonte della fine dell’invasione russa dell’Ucraina si allunga sempre più. A meno di colpi di scena a Mosca o dell’improvvisa implosione del fronte difensivo dell’armata russa, nonostante l’apparente ritorno di fiamma negoziale del Cremlino, etichettato dalla stampa di vari paesi col titolo “ Il doppio gioco di Putin”, le previsioni più ottimiste ritengono che il conflitto si protrarrà almeno fino a dopo le presidenziali russe del marzo prossimo.
Come ha evidenziato il G20 di New Delhi il contesto della guerra nel cuore dell’Europa coinvolge progressivamente gli scenari economico strategici internazionali. Dall’Asia, all’America al Mediterraneo la contrapposizione fra la Russia di Putin e in pratica il resto del mondo punta al coinvolgimento di Pyongyang e Pechino e da ultimo anche la Libia, con la quale Mosca sta trattando per ottenere l’accesso nei porti per le navi e i sottomarini da guerra della sua flotta.
L’incerto bilancio dell’accelerazione diplomatica russa oscilla fra l’ottimismo delle forniture di armamenti promessa dalla Corea del Nord e dalla indefinita ripresa dei colloqui con il Vaticano. Dopo il successo quanto meno formale della missione di pace del Cardinale Matteo Zuppi a Pechino, l’inviato speciale al quale Papa Francesco ha affidato le speranze di avviare un negoziato per porre fine alla guerra in Ucraina é stato invitato a Mosca per non meglio precisati colloqui.
Zuppi che in quattro mesi, da giugno, ha avuto colloqui a Kiev con Zelensky, a Mosca con il Patriarca ortodosso Kirill e col consigliere per gli esteri di Putin, a Washington col Presidente Biden e nella capitale cinese col Ministro degli esteri Li Hui, é stato praticamente convocato dal Ministro degli esteri Lavrov. Paradossalmente a favorire il cambio di passo russo e in parte anche cinese nei confronti della missione di pace del Presidente della Conferenza episcopale italiana è stata l’improvvida accusa rivolta da Kiev a Papa Francesco di essere filorusso. Una definizione che ha suo malgrado accresciuto il ruolo del Cardinale Zuppi che a Mosca quanto meno scoprirà le carte del Cremlino e constaterà i reali margini di possibili negoziati.
Il miraggio delle trattative di pace non attenua intanto i violenti combattimenti fra russi e ucraini. Probabilmente i colloqui di Zuppi al Cremlino anticiperanno di qualche giorno o coincideranno con la nuova visita a Washington, prevista per il 21 settembre, del Presidente ucraino. Ricevuto per la seconda volta alla Casa Bianca dall’inizio dell’invasione russa, Zelensky potrebbe ottenere dagli Stati Uniti e dalla Nato quella massiccia escalation di armamenti che consentirà alle forze ucraine di intensificare la controffensiva che nelle ultime ore ha sfondato tanto sul fronte est ad Andriivka, nell’oblast di Donetsk, quanto a sud lungo la direttrice del fiume Dnepr nella regione di Kherson.
Particolarmente pesante, dopo l’affondamento nella base di Sebastopoli della nave “Minsk” e del sottomarino “Rostov sul Don’” il bilancio delle perdite della flotta russa nel Mar Nero. Pur combattendo contro un paese che non ha una marina militare Mosca ha finora perduto un incrociatore, un sommergibile, tre navi d’assalto anfibio ed ha anche perso il controllo dell’Isola dei Serpenti e delle piattaforme petrolifere poste fra la Crimea e Odessa. Dopo la controversa morte di Evgenij Prigožin il Cremlino potrebbe perdere anche un altro dei suoi più agguerriti comandanti mercenari, il ceceno Ramàzan Kadyrov che pur essendo in fin di vita non ha attenuato la sua ferocia e secondo il quotidiano tedesco Bild “ha fatto seppellire vivo il suo medico sospettato di averlo avvelenato”. Situazione in movimento anche sullo scacchiere asiatico.
Dopo il vertice con Putin, il dittatore nord coreano Kim Jong-un ha proseguito la visita in Russia ed ha visitato la base di Vladivostok, dove il ministro della Difesa Sergey Shoigu gli ha mostrato missili ipersonici Kinzhal schierati sui caccia MiG-31K.
Secondo il Washington Post tuttavia la Corea del Nord non ha ancora firmato alcun accordo militare con la Russia. Il Cremlino ha smentito le voci relative a volontari provenienti dalla Corea del Nord che potrebbero combattere in Ucraina per Mosca.
A preoccuparsi per la probabile cooperazione militare fra Russia e Corea del Nord é la Cina, che non può consentire che l’incontrollabile Kim Jong-un si avvalga di un ulteriore potenziamento nucleare, ed il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Mariano Grossi. Secondo il quale è “inconcepibile il trasferimento di tecnologia nucleare bellica dalla Russia ad un paese come la Corea del Nord contrario al Trattato di non proliferazione”.
“La Cina – ha dichiarato al New York Times Victor Cha, docente alla Georgetown University ed ex direttore per gli affari asiatici del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca – non é interessata alla risoluzione dei problemi. Il suo obiettivo strategico è quello di mantenere la stabilità”. Ed in nome della stabilità globale Pechino, potrebbe manovrare per impedire allo scomodo ed imprevedibile alleato Kim Jong-un di avvicinarsi troppo a Mosca, esattamente come gli ha impedito di concludere trattative bilaterali con l’allora Presidente americano Trump. E’ la conferma che la Cina é molto meno affidabile di quanto mostra di essere.