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Dio, “patrie”, famiglia. È l’Europa la nostra seconda patria, scrive Tivelli

Giuseppe Mazzini, lo stesso da cui Meloni mutua la formula “Dio, Patria e Famiglia”, aveva due patrie e un senso di una vera “Europa dei popoli” già nella prima metà dell’Ottocento. Il commento di Luigi Tivelli

“Dio, Patria e Famiglia”. Su questa linea e slogan di fondo si è consolidata l’intesa tra un grande “europeista”, come il premier ungherese Orban, e un presidente del Consiglio italiano, come Giorgia Meloni, che per fortuna rimane per molti aspetti più europeista del premier ungherese. Però le parole e le intese di questi tempi viaggiano su tanti media, anche internazionali, e forse in certi casi occorre qualche attenzione in più. Ho imparato dai miei maestri, a cominciare dal mio grande maestro americano, Joseph LaPalombara (per molti anni preside di Scienze politiche a Yale), un sano senso di patriottismo, e l’attitudine a non cercare mai di delegittimare il capo del governo del proprio Paese (anche se verso Trump lo stesso LaPalombara che è sempre stato un grande “democrat”, è venuto volentieri meno a questa regola).

Però ci sono due piccoli problemi. In qualche modo, di patrie ne ho due: l’Italia e l’Europa. E questa attitudine e questo orientamento, il primo ad insegnarmelo fu proprio Giuseppe Mazzini, lo stesso da cui la Meloni mutua la formula “Dio, Patria e Famiglia”. Però per Mazzini il senso di una vera “Europa dei popoli” già nella prima metà dell’Ottocento non venne mai meno. Una coscienza europea che appresi, a dire il vero, anche da Carlo Cattaneo (un grande protagonista politico e culturale del Risorgimento che andrebbe rivalutato). Non è bello parlare di se stessi, ma alla attualità del pensiero di Mazzini e Cattaneo ho dedicato, insieme con il professor Cosimo Ceccuti, un libro che contiene aspetti molto attuali: “Idee per gli italiani del duemila”(Rubbettino).

Poi non voglio stare qui a fare il mio pantheon politico (il migliore a costruirsi ogni volta il suo pantheon del resto era il pur ottimo Walter Veltroni, ma lui iniziò da comunista…) di europeista, in cui ci sono tanti altri maestri, compreso ovviamente Altiero Spinelli, autore, insieme ad Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, del più avanzato manifesto federalista europeo della storia, quello di Ventotene. Ora, di Orban mi interessa ben poco, credo sia un serio problema per l’Europa perché ha creato e sta creando una ingente e sgradevole mole di lavoro agli esperti della Commissione Europea sullo Stato di diritto, visto che nel Paese da lui guidato, non è che i diritti siano poi molto tutelati…

Di Giorgia Meloni mi interessa invece molto di più perché è il mio presidente del Consiglio e per l’appunto, come giustamente sostiene di essere anche lei, sono sempre stato un patriota… però con due patrie. Non pretendo che Giorgia Meloni assuma immediatamente l’Ue come sua seconda patria, ma mi sembrava stesse seguendo un percorso, almeno fino a circa un mese fa, di riscatto da quel sovranismo e quel populismo, che aveva praticato quando ancora era la leader di un partito di opposizione non ancora giunto al governo.

Ora onestamente, ma non mi sembra solo un problema mio, ma purtroppo anche un problema dell’Italia, comincio ad essere un po’ preoccupato. Certo è chiaro a tutti che da leader politico e da premier Meloni deve reggere l’emulazione competitiva, chiamiamola così, di Salvini, su questo scatenato più che mai a rilanciare forme di populismo sovranista. Cercando in questo modo di sottrarre qualche porzione di elettorato alla Meloni e a Fratelli d’Italia. Basti ricordare l’invito fortemente esibito a Marine Le Pen nel mitico prato di Pontida, ma se ne potrebbero ricordare vari altri, che molti commentatori hanno evidenziato.

Uno dei primi forti segnali d’allarme li ho intercettati quando ho osservato il fenomeno del generale Vannacci, di quello strano libro, di quello che da queste colonne ho definito “vannaccismo”. Non a caso alimentato da Salvini soprattutto, ma anche da vari esponenti di Fratelli d’Italia. Poi qualche aspetto di riemersione del populismo sembra sia stato alla base anche per quanto riguarda la questione del taglio degli utili delle banche.

Come poi mi è capitato di scrivere, lanciando un segnale d’allarme da subito, il “caso Gentiloni” ha fatto e fa registrare non poco allarme su questa rinascita populista. È tornato a suonare infatti anche quello strano slogan, “Prima gli italiani”, sia nelle mosse che nelle prese di posizione del presidente del Consiglio Meloni.

Come se la funzione principale di chi ha un ruolo istituzionale a livello europeo dovesse essere quella di tutelare gli interessi nazionali, contrariamente alla spirito e al testo dei trattati. Anche l’accoglienza al nuovo importante incarico per Draghi, mi è sembrata un po’ viziata da una specie di sottotitolo del tipo “speriamo che aiuti l’Italia”. Credo che, non per colpa sua e spero che possa recuperare posizioni al più presto, il presidente Meloni sia in una fase di difficoltà anche perché mi pare non stia funzionando quell’ipotesi di spostamento verso destra del baricentro delle alleanze europee.

È chiaro che i leader politici stanno pensando soprattutto alle prossime elezioni europee. Onestamente credo che dovrebbe essere funzione di una classe dirigente politica e di governo, anche quella di trasmettere, insegnare ed educare i cittadini al fatto che sono si italiani, ma sono anche europei. Al fatto che molta parte della disciplina normativa effettiva che regola la vita economica, sociale, civile, discende dall’Europa e da tanti altri aspetti. Non si può pretendere (anche se ce ne sono molti di più di quanto si pensi) che tutti i patrioti sentano di avere due patrie, una italiana ed una europea. D’altronde senza una vera Europa politica in prospettiva, senza una vera Europa della difesa comune, della concorrenza (e senza un’Italia della concorrenza…) e senza una vera Europa dei popoli la stessa Italia non può andare da nessuna parte. Come credo bene sappia Mario Draghi, a cui credo anche per questo sia stato affidato questo incarico. Walter Bageot, grande intellettuale inglese, spiegava che una delle funzioni cruciali di chi governa è quella di educare la nazione. Se ovviamente, soprattutto, ma non solo, su spinta di Salvini, la nazione viene educata a forme di sovranismo o populismo non si capisce come possa proseguire sia una sana convivenza civile, che una sana crescita economica. Per fare un solo esempio plastico: da dove viene il Pnrr? Chi lo ha offerto all’Italia come principale beneficiario dei fondi? Mi sembra proprio che questa sia l’Unione Europea… Come minimo nostra seconda patria.



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