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Ecco il Patto di stabilità che serve all’Italia. La versione di Baldassarri

Intervista a Mario Baldassarri, economista ed ex viceministro del Tesoro. L’Italia spende 100 miliardi in più di quanto incassa, ristrutturare il bilancio pubblico e lavorare sulle uscite sarebbe la chiave di volta per rimettersi in sesto e scordarsi anche dei tassi. Il Patto di stabilità che serve a Roma è quello dove gli investimenti per la crescita sono sganciati dal deficit. In questo primo anno Meloni ha garantito un ottimo posizionamento dell’Italia all’estero

A Giancarlo Giorgetti piace essere realista, a scanso di voli pindarici. Quindi, quando il ministro dell’Economia dice che i soldi per la manovra sono pochini e che se l’Europa non aggiorna il Patto di stabilità come si deve, cominciando con lo sganciare gli investimenti per la crescita dal calcolo del deficit, ogni sforzo è vano, ha fondamentalmente ragione. Mario Baldassarri, economista di lungo corso e che ha Via XX Settembre c’è stato ai tempi di Giulio Tremonti e Domenico Siniscalco, nella veste di viceministro, non batte un ciglio quando lo si mette dinnanzi al pragmatismo giorgettiano. Anche se la coperta, con un po’ di pazienza e olio di gomito, potrebbe essere più lunga di quanto si pensi.

“Giorgetti fa del sano realismo, specialmente se si riferisce non tanto ai vincoli di bilancio, quanto ai mercati finanziari, così importanti per l’Italia e le sue finanze”, premette Baldassarri. “Ma forse il suo realismo sarebbe ancora più sano se si guardasse al moloch dei 1.200 miliardi di spesa a fronte dei 1.100 di entrate. Perché, ci piaccia o no, ci sono 100 miliardi rubati nell’ambito della spesa pubblica e se non si tocca una volta per tutte questo importo, il saldo è vincolato come dice giustamente Giorgetti”. E qui Baldassarri rilancia una delle sue storiche proposte, peraltro ampiamente condivisa dal mondo accademico ed economico, a cominciare dal governatore uscente di Bankitalia, Ignazio Visco.

Vale a dire una profonda e verticale revisione della spesa, prima pietra di una generale ristrutturazione dell’intero bilancio pubblico. “La verità è che la madre di tutte le riforme è la ristrutturazione del bilancio pubblico, sia dal lato delle entrate, sia delle uscite. Sulle prime ci sono 100 miliardi di mancati incassi, sulle seconde degli sprechi conclamati. Ci vogliamo mettere mano una volta per tutte? Trovare l’equilibrio tra queste due voci, spazzerebbe via in un colpo solo non pochi problemi”.

Il discorso poi vira, inevitabilmente, sul Patto di stabilità, che l’Italia punta a rinegoziare, al fine di garantirsi quello spazio di manovra senza il quale il governo ha le mani legate. Qui Baldassarri la mette subito giù chiara. “Il vero Patto sarà quello dove si farà una netta distinzione tra investimenti strategici e pubblici e spesa in conto corrente e dove si impone zero deficit sulla parte corrente, oltre a togliere i vincoli di bilancio attuali dalla spesa per la crescita. Mi riferisco alla classica golden rule“, spiega l’ex viceministro dell’Economia.

“Ora, qualche passettino c’è, si comincia a dire per esempio che gli investimenti per l’Ucraina vanno tolti dal calcolo del deficit e così per l’ambiente. Io continuo a dire che gli investimenti devono rimanere fuori dal Patto e dunque dal deficit, ma a una condizione: che non siano trucchi contabili, ma veri investimenti. Perché se io travesto un investimento da spesa corrente allora è un trucco e non va bene. La certificazione di investimenti pubblici deve essere fatta dall’Ue, così come in Italia la Ragioneria bollina la spesa”.

Dal Tesoro a Palazzo Chigi il passo è breve. Ed è per questo che non poteva mancare un giudizio sul governo Meloni, ora che ci si appresta a compiere un anno di vita. “Sul piano internazionale c’è da essere soddisfatti dell’azione dell’esecutivo, che ha garantito all’Italia un buon posizionamento. Su quello interno siamo alla prima manovra, è ancora tutta da vedere. Una manovra che ha tante domande: se dobbiamo stare senza toccare spesa ed entrate allora ha ragione Giorgetti, ma la verità è che la coperta non è corta, ci sono, lo ripeto, 1.200 miliardi di spesa pubblica che si può benissimo attaccare. Il problema dei tassi c’è, ma ripeto, se io taglio la spesa di 100 miliardi e aumento le entrate di 50 miliardi, ecco che persino il problema tassi scompare”.

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