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Salvini, spina nel fianco di Meloni. Ma il governo tecnico è da escludere. Gli scenari di Panarari

Non c’è un’alternativa al governo Meloni, quindi è da escludere l’ipotesi tecnica. Salvini è una spina nel fianco, soprattutto per le politiche europee e internazionali: vanno cercate sponde con gli altri Paesi (e ratificato il Mes). Il Movimento 5 Stelle continua ad attaccare il Pd, per cui è difficile immaginare una coalizione di centrosinistra. Conversazione con il politologo Panarari

Un quadro economico complesso, con margini sempre più esigui per sostenere i provvedimenti da inserire all’interno della Manovra. Lo spauracchio del governo tecnico, la campagna elettorale per le Europee che si accinge a entrare nella fase più “calda”. In questo momento il governo è in “stato febbricitante”, mentre l’opposizione è “sempre più conflittuale”. A parlare con Formiche.net è il sociologo e docente dell’università Mercatorum, Massimiliano Panarari.

Panarari, deficit più alto, la costruzione della manovra in salita e con limitatissime capacità di spesa. Partiamo da qui: prevede un innalzamento ulteriore della tensione?

Il problema delle forze politiche al governo è l’aver fatto troppe promesse in campagna elettorale. Ora, si trovano a dover fare i conti con la realtà e con un bilancio statale che risente dei salassi generati da misure come il Superbonus. In tutto questo, c’è un vicepremier – Matteo Salvini – che continua a fare promesse, mettendo in forte difficoltà il premier Giorgia Meloni.

Lei ha descritto lo stato di salute del governo con l’aggettivo “febbricitante”. Cosa intende dire?

La competizione interna tra Salvini e Meloni, con l’avvicinarsi della scadenza elettorale del prossimo anno è altissima. In più, Forza Italia, è alle prese con una fase interna particolarmente complessa. Il vicepremier Antonio Tajani aveva scommesso sull’asse con Fratelli d’Italia. Una prospettiva politica che, specie dopo l’iniziativa di tassare gli extraprofitti degli istituti di credito, è decisamente sfumata.

Oggi il ministro Lollobrigida sul Corriere della Sera esclude che dopo il governo Meloni ci possa essere un governo tecnico: si andrà a elezioni. La vede così anche lei?

Lo spauracchio del governo tecnico viene agitato dalla stessa destra per tentare in qualche modo di mobilitare il proprio elettorato al fine di scongiurare questa ipotesi. Ma è uno scenario che, allo stato delle cose, è da escludere. Anche perché dall’altra parte – all’opposizione di Meloni – non c’è una proposta politica di governo.

Quanto incide l’opposizione interna di Salvini sulla tessitura istituzionale che Meloni sta portando avanti a livello internazionale?

Meloni gioca su due livelli. Da una parte “permette” e accetta alcuni toni euroscettici del suo alleato, d’altra parte sta lavorando per cercare sponde a livello europeo. Senza però, ad esempio, ratificare il Mes e quindi isolando il nostro Paese. Certamente l’azione di disturbo di Salvini incide a livello internazionale.

È stato il presidente francese Macron a porre a Meloni il tema più di altri. 

Ma certo. La Francia, d’altra parte, sarebbe un Paese con il quale cercare un terreno comune anche per arrivare a una revisione del Patto di Stabilità che preveda dei margini di flessibilità per gli Stati membri. Non solo. Escludere l’Italia dalla governance europea – dalla prossima maggioranza – significherebbe indebolire moltissimo il governo a livello interno. E certamente in questo senso il nostro compagno di viaggio non può essere il presidente ungherese Orban.

Il rapporto tra li esponenti della minoranza sembra sempre più conflittuale. Anche in questo caso incidono le dinamiche da campagna elettorale per le Europee?

Sicuramente. Tra l’altro va notato un aspetto: per lo più è Giuseppe Conte ad attaccare il Pd, smarcandosi da alcune posizioni. E attaccando un partito che, quantomeno in linea teorica, dopo l’elezione della nuova segretaria dovrebbe essergli più affine. Ma questo dimostra che il Movimento 5 Stelle non è un partito di sinistra. Resta una formazione politica populista.

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