Il vincitore delle elezioni di domenica “da tempo porta avanti battaglie diametralmente opposte ai valori del gruppo”, dice il senatore dem. “La sua uscita è fisiologica”
L’Ungheria non balla più da sola. L’ex premier slovacco Robert Fico ha vinto le elezioni legislative anticipate e si è ripreso il Paese con due messaggi, lo stop all’invio di armi all’Ucraina e quello ai migranti, uniti dall’anti-europeismo. “Da tempo chiediamo l’estromissione di Fico dal gruppo dei socialisti e democratici europei”, dice Alessandro Alfieri, capogruppo del Partito democratico in commissione Esteri e Difesa del Senato. “L’esito di queste elezioni e le modalità con cui è stata condotta la campagna elettorale ci confermano in questa convinzione”.
La Slovacchia sembra oggi più vicina all’Ungheria, meno all’Unione europea. Come incide sugli equilibri europei?
Che le elezioni in Slovacchia potessero dare questo esito era abbastanza chiaro da qualche tempo. Ma il punto è che la competizione si è giocata in sostanza sul tema migratorio e sull’antagonismo alla linea di Kyiv. In questo senso, sono evidenti le pressioni più o meno forti della propaganda dei media vicini al Cremlino. D’altra parte, le influenze russe hanno tentato di incidere in Paesi molto più maturi sotto il profilo istituzionale e democratico, figuriamoci se non fanno breccia in un Paese come la Slovacchia.
Lei pensa che questo anti-europeismo possa portare a incrinare i rapporti dei Paesi anche a livello internazionale?
Non penso che l’affermazione di Fico possa portare a mettere in discussione l’adesione della Slovacchia alla Nato. Va detto però che il sentimento fortemente anti-europeo è ormai diffuso. E sono queste saldature, per esempio con i Paesi di Visegrad, che preoccupano.
Che cosa c’è da aspettarsi dalle imminenti elezioni in Polonia?
Questo è un altro punto da chiarire. Sotto il profilo del sostegno a Kyiv non penso ci possano essere problemi, nel senso che la Polonia ha sempre ribadito la sua vicinanza all’Ucraina. Altra cosa è il sentimento anti-europeo che invece è un tratto che pare essere sempre più presente.
L’Italia come si deve comportare in questo contesto?
Il nostro Paese conta se conta a Bruxelles. Dobbiamo ribadire, tra le priorità, il nostro ancoraggio pieno e totale agli alleati americani e alla Nato. Parallelamente, ritengo che l’Europa, anche a geometria variabile, debba concentrare ragionamenti e risorse su strategie e mezzi di difesa comune. Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, deve capire che oggi, essere patrioti, significa rafforzare il nostro radicamento all’Europa.
Fu Gianni Pittella a chiedere l’estromissione dal gruppo dei socialisti di Fico. Anche Vincenzo Amendola ha ribadito il concetto. Lei la vede come loro?
Certo, ribadisco che fu una nostra richiesta e in particolare di Pittella. Fico da tempo porta avanti battaglie diametralmente opposte ai valori che il gruppo dei socialisti rappresenta. Per cui ritengo che la sua uscita dal gruppo sia fisiologica.
Shutdown evitato per un soffio, negli Stati Uniti. La campagna elettorale che incombe e la sospensione dei fondi all’Ucraina. Che cosa sta succedendo Oltreoceano?
È evidente che, anche nell’elettorato che non necessariamente è influenzato dalla propaganda russa, c’è un sentimento di forte stanchezza nella convinzione di sostenere l’Ucraina. Questo, chiaramente, è vento nelle vele di Donald Trump. E pone in grande difficoltà Joe Biden.