Non so come si dice in slovacco “Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare”, ma so che un mieloso soft power non ha finora ottenuto i risultati necessari. Meglio un not so soft power congegnato e concordato con gli slovacchi democratici e europeisti. Ora. Il commento di Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei e professore emerito di Scienza politica
Comincio con le attenuanti. Fico non ha propriamente “vinto” le elezioni, ma il suo partito ha avuto il maggior numero di voti con una percentuale, 23,37, che segnala che per lui non ha votato neanche un quarto degli slovacchi. Secondo, c’è stata una massiccia opera di disinformazione russa, sottovalutata e non contrastata. Terzo, anche il Partito Socialista Europeo porta la responsabilità di non avere espulso, indirettamente legittimandoli, Fico e i suoi sedicenti europarlamentari socialdemocratici per usufruire di un pugnetto di voti. Infine, ultimo ma non infinitesimo, Fico deve dare vita ad una coalizione che raggiunga la maggioranza assoluta nel Parlamento slovacco e che, comunque, qualora vi riuscisse, sarà abbastanza eterogenea.
Ciò detto, la Slovacchia del patriota Fico, così definito nelle frettolose congratulazioni del “compagno” di banco Orbán, pone un problema non particolarmente nuovo. In alcuni Stati-membri dell’Unione Europea, situati nell’Europa centro-orientale già comunista, le regole, i comportamenti, le concezioni democratiche non sono propriamente vitalissime e vivacissime. L’allargamento del 2004, pur probabilmente necessario per agganciare quei Paesi ad una Unione democratica, non è stato seguito con sufficiente attenzione e cura dagli altri Stati-membri, dall’Europarlamento e dalla burocrazia europea. Semplicistico mi sembra attribuire all’aggressione russa quel che potrebbe succedere in Slovacchia.
La sfida dei migranti e la risposta degli Stati del gruppo Visegrad avevano già suonato più di un campanello d’allarme. D’altronde, non è che gli “altri” Stati dell’Unione abbiano già saputo dare una risposta comune e condivisa, concordata e solidale e, soprattutto, efficace e strutturale ai migranti e ai problemi socio-economici da cui originano e di cui sono portatori.
Adesso è il tempo della congiuntura: sventare un governo Fico filo russo e di stampo orbaniano, operando probabilmente con un ventaglio di avvertimenti soffici resi credibili dalla non disponibilità dei fondi europei se verranno oltrepassate certe linee sui diritti. Impegnarsi da parte dell’Unione a contrastare i disinformatori russi e i loro alacri sostenitori, imparando e impartendo lezioni che serviranno anche in non pochi altri contesti. Sviluppare una propaganda ampia, battente, trasparente, esplicita per chiarire all’opinione pubblica slovacca vantaggi e pregi di cui ha già goduto, di cui usufruisce e che potrebbe perdere.
Non so come si dice in slovacco “Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare”, ma so che un mieloso soft power non ha finora ottenuto i risultati necessari. Meglio un not so soft power congegnato e concordato con gli slovacchi democratici e europeisti. Ora.