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Roma-Riad. La relazione c’è, ora serve svilupparla. I consigli di Sanguini

“Le relazioni internazionali si reggono sul rapporto degli interessi e in questa fase abbiamo tutto l’interesse a incrementare quelle con l’Arabia Saudita, vista la sua posizione geopolitica e i contatti intrattenuti con tutto l’Est asiatico”. Conversazione con Armando Sanguini in occasione della visita a Riad del ministro degli Esteri Tajani

Lo dice a chiare lettere Armando Sanguini, già ambasciatore italiano in Tunisia e in Arabia Saudita e ora senior advisor Medio Oriente e Nord Africa dell’Ispi oltre che docente all’Università Lumsa di Roma: la partnership tra Italia e Arabia Saudita ha notevoli potenzialità ancora inespresse e l’occasione rappresentata dai 90 anni delle relazioni italo-saudite e dalla visita a Riad del ministro degli esteri, Antonio Tajani, è straordinariamente utile per riflettere sulle future partnership.

Quest’anno cadono i 90 anni delle relazioni italo saudite. A che punto è il rapporto strategico tra i due Paesi?

Direi che è potenzialmente molto importante, al di sotto delle possibilità. Certo, l’Arabia Saudita in questo periodo non ci ha dato delle indicazioni di grande apertura sul piano della democrazia interna, però le relazioni internazionali si reggono sul rapporto degli interessi e credo che in questa fase abbiamo tutto l’interesse ad incrementare questi rapporti vista la posizione geopolitica di quel Paese e i rapporti intrattenuti con tutto l’Est asiatico. Io sono molto a favore di questo arricchimento del partenariato.

Il ministro degli esteri Antonio Tajani è in missione in Arabia Saudita dove incontra i ministri sauditi degli Esteri, Principe Faisal Bin Farhan Al Saud, del Commercio, Majid Bin Abdullah Al Qasabi, e degli Investimenti, Khalid Al Falih. Con quest’ultimo Tajani aveva già avuto un incontro a inizio settembre a margine del Forum Ambrosetti di Cernobbio. Da un punto di vista geopolitico quale può essere il ruolo dell’Italia nel fronte sud e nel Golfo?

Il ruolo dell’Italia nel fronte sud è, in larga misura, da scoprire, perché è un rapporto che deve crescere, deve incrementarsi, deve assumere una dimensione strategica più importante di quanto non sia ora. Quindi credo che tutto ciò meriti attenzione e anche una sorta di liberazione da certi condizionamenti ideologici. I rapporti con i Paesi democratici sono fondamentali, però se guardiamo allo scenario del mondo ci rendiamo conto che è un’area abbastanza minoritaria e noi non ci possiamo permettere di limitare i nostri rapporti solo su quella cornice. Spesso si tende ad esagerare, ovviamente, perché un conto è una realtà statuale aggressiva e punitiva, un conto è una realtà statuale diversa dalla nostra.

Durante la missione di Riad è prevista anche l’inaugurazione di una linea di metropolitana nella capitale, costruita tra l’altro con il contributo decisivo di un’azienda italiana. Come veicolare in maniera più intensa tale know how?

Avendo vissuto anche in parte in quei Paesi, credo che il problema di fondo sia quello di dimostrare nei fatti il nostro interesse per loro, dal momento che spesso hanno la percezione di una sorta di discriminazione, magari non dichiarata ma fattuale, quindi noi dovremmo liberarci da certe gabbie ideologiche e partire dal presupposto che i rapporti internazionali sono basati sugli interessi, meglio se interessi conditi con condizioni di democrazia. Ma le democrazie nel mondo sono una netta minoranza.

L’interscambio commerciale italo-saudita è già cresciuto lo scorso anno del 40% rispetto al 2021 raggiungendo 11,5 miliardi di Euro. Secondo la sua opinione, quali sono le potenzialità di un’ulteriore crescita e come ad esempio intercettare l’interesse degli investimenti sauditi anche in altre partite, come le privatizzazioni?

Credo che il punto fondamentale sia quello di fare emergere l’attitudine dei nostri interessi a 360 gradi tenendo conto di due elementi: gli interessi bilaterali, senza dubbio fondamentali, ma anche gli interessi relativi vale a dire ciò che rappresenta la nostra nazione sul piano geopolitico più ampio. Penso che in quel settore abbiamo ancora molte cose da fare e molte cose da dire, per cui dobbiamo rompere degli stereotipi, perché l’Italia ha di per sé un valore aggiunto: ne ha uno, ancora maggiore, come Paese membro fondatore dell’Unione europea e ne ha un terzo che è quello dei suoi rapporti con l’Occidente sul piano internazionale.

@FDepalo

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