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La violenza di Hamas nel quadro antisemita globale. Conversazione con Deborah Lipstadt

L’inviata del governo statunitense per la lotta all’antisemitismo parla con Formiche.net a pochi giorni dal tragico attacco di Hamas. L’antisemitismo è una piaga irrazionale che anticipa la geopolitica, ma le normalizzazioni arabo-israeliane possono avere un impatto positivo

Le preoccupazioni sulla crescita delle istanze antisemite erano già alte, con l’attacco di Hamas contro Israele sono notevolmente aumentate, alzando il rischio di emulazione anche in altri Paesi (compreso l’Italia), perché esiste una narrazione anti-israeliana che si diffonde sui social network e ha avuto un’impennata dopo il raid terroristico di sabato 7 ottobre.

Deborah Lipstadt, inviata speciale del governo degli Stati Uniti per il monitoraggio e la lotta all’antisemitismo, soppesa le parole, le valuta e quasi le soffre quando descrive lo scenario attorno a quello che ha definito “l’assalto più letale contro gli ebrei dai tempi dell’Olocausto” — lei che fu protagonista della storia da film con cui è riuscita a smascherare per via giudiziaria le menzogne dello storico inglese negazionista David Irving.

Lipstadt, tra le persone più influenti del pianeta secondo Time, parla con Formiche.net in occasione di un incontro che l’ambasciata americana presso la Santa Sede aveva organizzato prima della strage jihadista palestinese. Tra i temi previsti la riapertura di alcuni archivi storici vaticani per fare chiarezza e trasparenza sul rapporto con gli ebrei. State Departement ha confermato l’appuntamento nonostante la fase di emergenza, e l’incontro si è rapidamente incernierato sulle vicende di cronaca, con la consapevolezza che segneranno il futuro di una regione complessa e di un tema enorme, globale.

Lipstadt ha affermato che “non esiste alcuna giustificazione” per il “terrorismo atroce e barbaro contro i civili israeliani” e per l’omicidio di massa, per “l’omicidio di bambini”. “C’è una narrazione che dice ‘quanto accaduto è orribile, ma’. Ed è quel ‘ma’ [il problema]. Non bisogna essere d’accordo con tutte le politiche israeliane, il mio Paese è spesso stato in disaccordo con Israele. Ma niente giustifica l’uccisione di bambini!”.

L’inviata statunitense, ex docente universitaria a Emory e intellettuale di fama internazionale, spiega che l’antisemitismo “è un pregiudizio e come altri pregiudizi è irrazionale, ma la cosa più pericolosa degli ultimi anni è stata la normalizzazione dell’antisemitismo”. Per Lipstadt, questa normalizzazione è in parte da attribuire ai social media, “che sono un coltello nelle mani delle persone”: e in questi spazi digitali è avvenuto sempre più spesso che le legittime critiche contro le scelte dei governi israeliani  si trasformassero in antisemitismo.

Dopo l’attacco, i social media sono diventati terreno per l’infowar. Sono rapidamente circolate le immagini quasi in diretta dell’aggressione palestinese, e altrettanto rapidamente è iniziata la diffusione di disinformazione. Diverse società, tra cui la relativamente meno regolamentata X, hanno silenziato gli account e i politici affiliati a Hamas. Di conseguenza, Hamas ha spostato la sua attenzione su Telegram, dove ha registrato una crescita significativa di seguaci. È lì che sono stati condivisi i filmati atroci delle violenze di sabato, abbinati a messaggi contro gli ebrei.

Davanti a tutto ciò, per Lipstadt è stata molto importante la risposta unita dell’Occidente, con gli Stati Uniti e l’Unione europea che hanno parlato in maniera “rassicurante” sul sostegno per la sicurezza di Israele “senza equivoci”. “Allo stesso modo è importante esporre le bandiere di Israele in questo momento, come lo è con quelle ucraine, perché invia quel messaggio di unità dell’Occidente. Ed è importante dare questo messaggio ad assassini, rapitori e stupratori che hanno agito in Israele. Gli stiamo dicendo che questo è inaccettabile”, sottolinea.

Oggi i ministri della Difesa della Nato si riuniscono a Bruxelles: il tema è l’Ucraina, ma la seduta si aprirà con una discussione sulla situazione in Israele. L’attacco di Hamas non è un tema per l’alleanza, ma lo sono effetti e riflessi, e lo è quell’unità evidenziata dalla inviata americana. E non a caso, al vertice è presente l’ucraino Volodymyr Zelensky, ebreo. Mentre sempre sui social network circolano già fake news sul coinvolgimento di membri Nato nell’assedio di Gaza, condite dalle teorie complottarde antisemite.

Per Lipstadt, va evidenziato che gli antisemiti utilizzeranno quanto accade secondo il proprio interesse, e l’attacco di per sé ha profonde implicazioni sia sul tema che a livello geopolitico (dove l’odio contro gli ebrei non è un elemento secondario nell’interpretazione di certe dinamiche d’ottiche). “Occorre certamente distinguere e separare le crisi geopolitiche in Medio Oriente dal discorso antisemita, perché l’antisemitismo viene prima della questione palestinese, prima dello Stato di Israele. Ma la mia speranza è che la partita geopolitica in corso in Medio Oriente si porti dietro anche un colpo contro l’antisemitismo”. 

Gli Accordi di Abramo e i processi di normalizzazione tra Israele e il mondo arabo potrebbero avere un impatto positivo sulla lotta all’antisemitismo dunque? “Sì, lo penso”, risponde. “L’apertura del dialogo demistifica la narrazione antisemita, perché consente un’interazione fondamentale. Non potrei fare il mio lavoro se fossi solo contro l’antisemitismo, invece stiamo lavorando intensamente anche per altro. Anche se non posso dire quanto siamo vicini, posso dire che è un buon modo per allentare le tensioni”. Lipstadt conferma che, nonostante l’attacco, il dipartimento di Stato ritiene che il processo diplomatico — che coinvolge anche l’Arabia Saudita per una futura normalizzazione dei rapporti con Israele — debba procedere.

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