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Tajani in Egitto. L’Italia col Cairo per evitare l’escalation regionale (e salvare gli ostaggi)

Il ministro degli Esteri: “Evitare il contagio al Libano. Gli italiani? Faremo di tutto”. L’obiettivo del governo egiziano è impedire l’allargamento a macchia d’olio della violenza, che avrebbe immediate conseguenze nelle aree più vicine e più sensibili, e al contempo preservare i propri confini. L’Egitto infatti è l’unico Paese, oltre a Israele, a confinare con Gaza

Ferma condanna degli attacchi terroristici di Hamas, lavoro armonico per favorire la de-escalation regionale impedendo il contagio al Libano, nella consapevolezza che la Lega Araba è decisiva per raggiungere l’obiettivo dei corridoi umanitari. Nella tappa egiziana del ministro degli Esteri Antonio Tajani si può leggere, in primis, lo sforzo diplomatico messo in campo dal governo italiano concentrato sul caso Israele e, in secondo, luogo la possibilità di circoscrivere il conflitto anche grazie ad un lavorìo diplomatico legato al ruolo dell’Egitto. Il Cairo sta provando, pur tra mille difficoltà, a farsi soggetto mediatore assieme al Qatar per la liberazione degli ostaggi (almeno donne e bambini), contando sul suo peso specifico locale.

Tajani-Gheit

Ricevuto dal Segretario generale della Lega Araba Ahmed Aboul Gheit, Tajani ha inteso dare anche un preciso segnale all’esterno: ovvero che l’Italia si fa promotrice di un strategia diplomatica d’insieme che poggia le sue basi anche su chi ha relazioni territoriali con l’area dello scontro in atto. Nell’occasione il vicepremier ha “’insistito sui due cittadini italiani che hanno doppio passaporto e che molto probabilmente sono tra gli ostaggi” di Hamas. “Stamane ho parlato con il figlio e gli ho confermato che il governo italiano, in collegamento con le autorità israeliane, sta facendo di tutto per liberare i due cittadini di cui non abbiamo notizie”’. Si tratta di due cittadini italo-israeliani con doppio passaporto dispersi, Eviatar Mosche Kipnis e Lilach Lea Havron. La coppia viveva nel Kibbutz di Be’eri dove sono stati scoperti più di 100 corpi.

Incontrando il presidente, Abdel Fattah al-Sisi, e il ministro degli Esteri, Sameh Shoukry, Tajani ha anche parlato  sia delle esigenze italiane sul dossier migranti, che delle prospettive geopolitiche nella macro area, con l’obiettivo del governo italiano che si ritrova nel Piano Mattei e in un ruolo più denso nell’infrastruttura socio-politica del continente africano.

Il ruolo dell’Egitto

Già nelle primissime ore dopo l’attacco sferrato da Hamas, Il Cairo aveva fatto alcuni passi tramite il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, al telefono con il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, e a seguire con i parigrado di Francia, Spagna, Germania, Russia, Emirati Arabi Uniti, Turchia e Giordania. L’obiettivo del governo egiziano è impedire l’allargamento a macchia d’olio della violenza, che avrebbe immediate conseguenze nelle aree più vicine e più sensibili, e al contempo preservare i propri confini. L’Egitto infatti è l’unico Paese, oltre a Israele, a confinare con Gaza, condizione che pone un aut aut: stemperare le restrizioni alla frontiera con la Striscia oppure rafforzarle.

È da considerare che negli ultimi anni l’Egitto ha provato, con successo, a fermare alcuni momenti di fortissima tensione tra Israele e gruppi palestinesi, sia nel 2021, quando ha favorito il cessate il fuoco tra Israele e Hamas dopo 11 giorni di aspro conflitto, sia nella scorsa primavera quando, dopo 10 giorni di scontri, Il Cairo ha negoziato una tregua tra Israele e il gruppo jihadista palestinese.

Scenari

Per tutta questa serie di ragioni l’Italia guarda con attenzione ai partner africani, del golfo e mediorientali come possibili megafoni di una strategia di pace, come dimostra la conversazione telefonica di Giorgia Meloni con il Presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed bin Sultan Al Nahyan e con l’Emiro del Qatar, Tamim Bin Hamad Al-Thani in cui hanno concordato di mettere in campo tutti gli sforzi possibili per una rapida de-escalation al fine di evitare un ulteriore allargamento del conflitto e sostenere gli sforzi di mediazione in corso per il rilascio degli ostaggi.

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