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Se la legge di Bilancio è inemendabile il Parlamento non serve più a nulla

Dire che la legge di Bilancio è inemendabile significa dire che il Parlamento ha smarrito la propria funzione e dunque non serve più a nulla. Confidiamo in un ripensamento. Il commento di Andrea Cangini

La tendenza è consolidata, ma il fenomeno è in crescita. Nel suo primo anno di vita, i dati del rapporto tra il governo Meloni e il Parlamento della Repubblica sono i seguenti: il 70,3% delle leggi approvate non è stato opera di deputati e senatori, ma è ascrivibile alla sola iniziativa governativa; è stato raggiunto il record di decreti legge pubblicati ogni mese rispetto ai governi precedenti (3,83 è il dato medio); è stata posta 30 volte la questione di fiducia, comprimendo di conseguenza i tempi del dibattito e i margini d’azione del Parlamento, con una media di 2,5 voti al mese, media superata solo dai governi cosiddetti “tecnici” di Mario Monti e Mario Draghi; appena il 19% delle interrogazioni parlamentari ha ricevuto risposta da un ministro o da un sottosegretario.

La tendenza è consolidata, ma, come dimostrano i preziosi dati di Openpolis, il fenomeno del governo che usurpa il potere legislativo che la Costituzione attribuisce al Parlamento è decisamente in crescita. Inutile ricordare le tante ed infuocate accuse che Giorgia Meloni e altri dirigenti di Fratelli d’Italia rivolsero dai banchi dell’opposizione ai vari presidenti del Consiglio in carica, regolarmente accusati di comprimere fino a negarli i margini di autonomia dei rappresentanti diretti della volontà popolare. Si tratta di un consueto gioco delle parti. Parti che il governo in carica ha esasperato un po’ più degli altri.

A sorprendere, però, non è tanto la sostanza, quanto la forma. Mai prima d’ora, infatti, palazzo Chigi aveva dichiarato inemendabile una legge di Bilancio. È quel che il vicepremier Matteo Salvini ha fatto nei giorni scorsi, per una volta in sintonia con gli umori e i desideri del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, fermamente deciso a scongiurare il cosiddetto “assalto alla diligenza” e ad approvare la manovra entro il 16 dicembre.

Si è così ufficializzato un malcostume, che nella realtà corrisponde ad un sistematico sovvertimento della distinzione tra poteri dello Stato codificata dalla nostra Costituzione repubblicana. È vero che i parlamentari potranno in parte sfogarsi emendando gli allegati alla legge di Bilancio, il decreto fiscale e il decreto legislativo in arrivo da Palazzo Chigi. Ma tutto questo riguarda la sostanza del problema. Nella forma, invece, assistiamo ad un salto di qualità. Dire che la legge di Bilancio è inemendabile significa dire che il Parlamento ha smarrito la propria funzione e dunque non serve più a nulla. Confidiamo in un ripensamento.

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