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Pensioni. Un passo avanti, anzi due indietro. L’opinione di Bonanni

Gli esecutivi e i partiti, quando esasperano le posizioni su temi sociali, ed anzi quando distorcono e li avocano a se, trasgrediscono grossolanamente rispetto alle regole scritte e non scritte del loro compito. Scavalcano e addirittura inaspriscono il rapporto con le associazioni del lavoro provocando una estremizzazione delle posizioni in una rincorsa senza fine tra partiti, esecutivi e formazioni sociali

La vicenda della contesa all’interno del governo sul dilemma polverone pensionistico se transitare a quota 104 o restare a quota 103, dimostra che il tempo è finito con i teatrini della politica ormai sempre più scontati e dannosi. Ed infatti l’accordo che sembra raggiunto per mantenere in vita provvisoriamente la quota 103 per andare in quiescenza conduce a cambiare la zuppa per il pan bagnato.

Ma a quanto sembra a prima vista, l’opzione pretesa dal capo della Lega per mantenere l’armonia nella maggioranza di governo, rischia di trasformarsi in una offerta per i pensionanti altamente tossica: gli svantaggi da subire per alleggerire di un anno l’uscita, sono largamente superiori all’effimero dichiarato ed auspicato guadagno. Sarebbe stato magari utile fare distinzioni tra mansioni e mansioni: tra quelle più agevoli da espletare, più in grado in età anziana di essere espletate rispetto ad altre disagevoli e pesanti.

Si sarebbe offerta una sponda ai sindacati più responsabili e non politicizzati per il loro impegno difficile nel sociale italiano affollato da imbonitori di varie risme. Costoro dovranno pur svolgere il loro ruolo tra le persone interessate che pur sanno che si fa cassa sulla scarsa rivalutazione delle pensioni e altre operazioni rocambolesche tese a rassicurare il mercato.

Costoro dopo aver avuto impegni e promesse, non solo dalle opposizioni ma soprattutto da partiti e leader della maggioranza, subiscono una beffa in verità molto simile a altre disinvolte operazioni consumate nel passato sullo stesso argomento. Questa ennesima esperienza segnala forti anomalie che un paese responsabile e avanzato non merita. In primo luogo scegliere le pensioni che come appare, sembra il terreno privilegiato di disputa per la leadership nella maggiorana pur essendo il tema più sensibile e denso di rischi per gli italiani.

L’altro aspetto riguarda il rapporto tra la politica e le organizzazioni sociali. Gli esecutivi e i partiti, quando esasperano le posizioni su temi sociali, ed anzi quando distorcono e li avocano a se, trasgrediscono grossolanamente rispetto alle regole scritte e non scritte del loro compito. Scavalcano e addirittura inaspriscono il rapporto con le associazioni del lavoro provocando una estremizzazione delle posizioni in una rincorsa senza fine tra partiti, Esecutivi e formazioni sociali.

L’altra questione riguarda il problema ormai incancrenito in Italia di una classe dirigente che non compete sui temi della crescita e sulla efficienza per produrre ricchezza e distribuirne equamente i frutti. Compete e si scontra per contendersi quel poco rimasto dei frutti prodotti in altre stagioni. Nel farlo continuano a fare debito esponendoci alla rovina, indicandoci ai mercati ed alle leadership mondiali come inaffidabili, istigando gli italiani ad una pedagogia negativa che rischia di estinguere nel paese anche quelle parti residue di culture positive su cui occorrerà comunque contare per la necessità di cambiamento.

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