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Scongiurare un’altra crisi. La missione di von der Leyen nei Balcani

Kosovo e Serbia “devono” normalizzare i loro rapporti anche per impedire che i venti di Gaza, dopo quelli ucraini, possano trovare nuova e pericolosa forza. In quattro giorni von der Leyen visiterà i Balcani Occidentali, in attesa del rapporto della Commissione sui Paesi candidati all’adesione Ue

Parola d’ordine normalità. È quella che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha scelto per il suo tour balcanico, non solo per tastare il polso alle riforme chieste dall’Ue alla vigilia della nuova governance, ma soprattutto per evitare il diffondersi dei venti bellici. Non è un mistero che la guerra a Gaza, dopo quella in Ucraina, potrebbe avere pericolosi effetti in un’area come quella del costone balcanico, da sempre mira di interessi esterni anti-Ue e, al contempo, foriera di vecchie (e nuove) contrapposizioni.

Riconoscimento

Il primo passo verso una stabilizzazione istituzionale, ha spiegato von der Leyen assieme alla presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, a Pristina, è che la Serbia dovrebbe garantire il riconoscimento de facto del Kosovo. Si parte dalla bozza attuale, che potrebbe portare ad un rasserenamento se il Kosovo e la Serbia normalizzeranno le loro relazioni: “È assolutamente fondamentale per entrambi cooperare. E abbiamo discusso insieme del fatto che il Kosovo potrebbe avviare la procedura per la costituzione dell’Associazione dei comuni a maggioranza serba. Questa è la bozza”.

È chiaro che un momento dopo si potrebbe aprire il secondo tempo di questa iniziativa, coagulatasi attorno al dialogo facilitato con l’Ue, “il luogo in cui discutere di questi argomenti”. È questo l’unico modo per andare avanti, “non solo per accedere al Piano di crescita ma anche verso un futuro in cui il Kosovo, e lo speriamo davvero, farà parte dell’Unione europea”. Al contempo il Kosovo, secondo la presidente della Commissione europea, sta compiendo dei progressi che in ottica allargamento sono ben visti da Bruxelles: il riferimento è al rafforzamento della democrazia, con la riforma elettorale, anche se “naturalmente c’è ancora molto lavoro da fare”.

Tour balcanico

In questi quattro giorni, dunque, von der Leyen visiterà i Balcani Occidentali: dopo Skopje, Pristina, Podgorica, Belgrado, Sarajevo in attesa del rapporto della Commissione sui Paesi candidati all’adesione Ue. Quale il timore degli Stati dei Balcani Occidentali? Di vedersi superare dall’Ucraina e dalla Moldova nel percorso di adesione. Passaggio che il premier kosovaro Albin Kurti ha esplicitato a chi ha incontrato, come gli ambasciatori dei Paesi del gruppo Quint – Usa, Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia. Inoltre il rappresentante speciale dell’Unione europea per il dialogo fra Belgrado e Pristina, Miroslav Lajcak, ha annunciato che riceverà nuovamente il presidente serbo e il premier kosovaro per provare ancora una volta a far ricucire le parti. La scorsa settimana, ha spiegato, i due leader, “erano pronti ad attuare l’accordo”, ma che “avevano disaccordi sulle modalità”. Il riferimento è all’Associazione dei comuni serbi (Zso) in Kosovo che “non è l’unico elemento che deve essere implementato”.

Rischi

A maggior ragione dopo la crisi a Gaza, è assolutamente strategico impedire che possa sfuggire di mano un altro fronte delicato e dirimente per l’Ue come quello balcanico, considerazione che da queste colonne aveva fatto l’ex ministro della difesa Mario Mauro, secondo cui erano state preoccupanti le parole di Vucic. “È sempre più frequente e innescata dalla logica economica propugnata – aveva osservato – l’idea che si possa arrivare a una soluzione delle controversie attraverso il conflitto. Serve (anche alla causa israelo-palestinese) uno scatto Ue”.

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