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Il ddl sul premierato, un guazzabuglio rischioso. Parla Ceccanti

Con la riforma sul premierato, così come è stata concepita, si configurano rischi di conflitti tra potere e responsabilità. Non c’è la soglia minima dei voti per l’attribuzione del premio di maggioranza e non si supera il bicameralismo. Conversazione con il costituzionalista Stefano Ceccanti, già parlamentare dem

“La bozza di ddl sul premierato è un guazzabuglio, che cerca di sintetizzare malamente le esigenze interne della maggioranza”. Il costituzionalista ed ex parlamentare dem, Stefano Ceccanti, ha un’opinione nettamente negativa della proposta “bandiera” la cui bozza sta circolando in queste ore e sulla quale Palazzo Chigi informa che le forze di maggioranza avrebbero trovato la massima sintonia. I rilievi che Ceccanti muove alla proposta di riforma costituzionale, come spiega a Formiche.net, sono di carattere prima di tutto tecnico.

Professor Ceccanti, la bozza che è circolata in queste ore si incardina su cinque articoli. Cosa non la convince?

Non mi convince l’approccio alla base dell’impianto complessivo della proposta di riforma. Si configura infatti un forte squilibrio tra poteri e responsabilità. Una sostanziale asimmetria tra la legittimazione popolare e i poteri effettivi che il premier può esercitare.

La proposta di riforma prevede che il premier e il governo, al di là della legittimazione popolare, passino comunque per la fiducia delle Camere. Una garanzia ulteriore?

Un passaggio privo di senso più che altro, che non supera il Bicameralismo. Nelle altre democrazie parlamentari, infatti, solo il premier ha un rapporto fiduciario con un’unica Camera.

Andiamo al nodo legato allo scioglimento delle Camere. 

Negli altri Paesi esiste la possibilità, per il premier, di chiedere lo scioglimento anticipato delle camere che viene concesso se il Parlamento entro pochi giorni non riesce a individuare un’altra figura. Nel testo proposto dal governo questo potere non viene formalizzato. E, tra l’altro, negli altri Paesi esiste la possibilità di cambiare il premier con una sfiducia costruttiva a maggioranza assoluta. Con questo ddl, insomma, si è creata una norma anti-ribaltone che prevede la possibilità di creare un secondo governo guidato da una persona che viene dalla stessa maggioranza del governo precedente. Una grande confusione.

Probabilmente il modello di riferimento è quello anglosassone. 

Sì, ma il sistema politico anglosassone ha una sua specificità, profondamente diversa da quella italiana. Non può funzionare una norma di questo tipo in Italia, essendoci quasi esclusivamente governi di coalizione.

Quale sarebbe il rischio secondo lei?

Quello di esacerbare un altissimo livello di competizione interna tra i vari leader dei partiti che compongono la maggioranza di governo.

L’articolo tre inserirebbe, di fatto, un’elezione diretta del premier agganciata alla scelta di una maggioranza e costituzionalizzerebbe un premio del 55 per cento dei seggi. Un punto di equilibrio ragionevole, no?

Il “vizio” di questo articolo è rappresentato dal fatto che non viene costituzionalizzata la soglia minima di voti per l’assegnazione del premio come invece indicato dalla Corte Costituzionale, lasciando i dettagli alla legge ordinaria. Qualora si ritenga ragionevole, ed è una delle soluzioni possibili, questa scelta di predeterminare un numero di seggi abbastanza distante dai quorum di garanzia, non si può non costituzionalizzare anche nel contempo una soglia minima in voti, altrimenti vi è un rischio di squilibrio.

Quale sarebbe stata la soluzione più indicata nell’ottica del voler garantire maggiore stabilità ai governi?

Copiare gli articoli 63, 64, 67 e 48 della costituzione tedesca. Più in generale, non si capisce perché non si sia adottato un modello molto più semplice: una legge elettorale a dominante maggioritaria, anche costituzionalizzandone il principio insieme ad una soglia in voti per ottenerlo, e, al di sopra di esso, la semplice trasposizione delle norme costituzionali tedesche.

Si configura, con questa riforma, il rischio di intaccare in qualche modo i poteri del Presidente della Repubblica?

Nel momento stesso in cui si introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio, si vanno a ledere le prerogative del Capo dello Stato. Che tra l’altro è figura di garanzia in particolar modo nel corso della legislatura.

Prima Berlusconi, poi Renzi e ora Meloni. Ci sono analogie nell’approccio alle riforme istituzionali fra i tre premier?

Sia Berlusconi all’epoca, che Meloni ora a mio modo di vedere, hanno sbagliato l’approccio. Il testo di riforma proposto è frutto unicamente di un pensiero sviluppato in seno alla maggioranza, senza condivisione con l’opposizione. Il testo proposto da Renzi, per lo meno, era il frutto del confronto con la principale forza di opposizione.

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