Nessuno vuole imbavagliare il Parlamento sulla Finanziaria, ma spetta all’opposizione fare proposte. Le risposte della manovra sono concentrate su famiglie, lavoratori con redditi bassi e sulla sanità. E il ddl sul premierato non intacca le prerogative del Capo dello Stato. Conversazione con il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi
La deadline per l’Aula è il 27 di novembre. Ma è entro venerdì 10 che dovranno arrivare, in Commissione Bilancio al Senato, i pareri di tutte le altre commissioni per poi procedere alle diverse audizioni. Se le opposizioni bocciano il percorso “zero emendamenti” – il Pd lancia l’idea di una coordinazione parlamentare tra le forze di opposizione – è il deputato e leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, a spiegare che il percorso suggerito dal governo “non lede le prerogative della minoranza, ci mancherebbe. Ma è un modo per arrivare rapidamente all’approvazione della finanziaria, in modo da rassicurare mercati e investitori”.
Lupi, al di là dei tempi stretti, vista l’esiguità di risorse a disposizione, pare che tra le forze di maggioranza ci siano forti tensioni. C’è il rischio di una spaccatura?
Nel corso dell’ultima riunione di maggioranza il clima era molto positivo e la maggioranza è estremamente compatta, benché ognuno – in base alle proprie sensibilità – abbia fatto delle legittime rivendicazioni politiche.
L’accusa che vi si muove e che, volendo approvare la legge il prima possibile, stiate ostacolando il dibattito parlamentare.
Personalmente, per storia e formazione, sono un grande parlamentarista per cui non è proprio così. L’esortazione che è arrivata riguarda soprattutto la maggioranza, che ha contribuito a scrivere la legge. Ora sta all’opposizione formulare le proposte. Ma accelerare sui tempi è un’esigenza dell’Italia, non del governo Meloni. Abbiamo la necessità di rassicurare i mercati internazionali e gli investitori.
Con la finanziaria in approvazione avete dato le risposte che vi eravate prefissati come obiettivi?
Il nostro orizzonte è quello dell’intera legislatura. È evidente che le condizioni in cui ci siamo trovati a comporre la finanziaria sono tutt’altro che semplici. Basta pensare ai 14 miliardi di interessi in più con cui dobbiamo fare i conti. A questo va aggiunto il buco di bilancio da venti miliardi che è stato provocato dal Superbonus. In una situazione come questa, è responsabilità di chi governa fare delle scelte ben precise.
Sono 109 gli articoli della manovra, con una poderosa concentrazione di risorse sulla riduzione del cuneo fiscale. Una risposta alla spirale inflazionistica ancora non rientrata?
Il 60% della manovra si concentra proprio sul taglio al cuneo fiscale, stiamo parlando di quattordici miliardi. Questa rappresenta una risposta concreta e strutturale ai lavoratori che hanno redditi medio-bassi. Con un tasso inflazionistico così elevato è stata una scelta intrapresa proprio nell’ottica di rispondere a un’esigenza reale dei lavoratori. Questo si è tradotto in un reale aumento delle buste paga, che diventa così strutturale. Abbiamo tracciato una rotta ben precisa.
Il suo gruppo si è concentrato in particolare sulle politiche familiari. Il plafond di risorse è di un milione di euro.
Sì, quelle sono le risorse che investiamo direttamente sulle politiche familiari. Nella manovra precedente abbiamo alzato il livello degli assegni unici. Ci siamo impegnati concretamente per migliorare la conciliazione tra vita e lavoro, prevedendo il congedo parentale di due mesi pagato all’80%. In questo senso si muove anche la decontribuzione legata ai figli per le donne lavoratrici e una copertura fino a 3.660 euro per le rette sugli asili nido. Anche i fringe benefit per chi ha un figlio, arrivano a duemila euro di importo e mille per chi non li ha.
Non poche polemiche sono state consumate sulle scelte intraprese per la sanità. L’opposizione contesta a questo governo di essersi concentrato per lo più sui tagli. È così?
Mi sembrano critiche ben poco fondate. E sono i numeri a parlare. Nella finanziaria abbiamo stanziato tre miliardi per la sanità e in particolare per la riduzione delle liste di attesa.
È circolata in questi giorni la prima bozza di ddl legato all’introduzione del premierato. Lei ritiene che, così come è formulata, la riforma dia le risposte di cui il Paese necessità anche in termini di stabilità degli esecutivi?
L’obiettivo di questa legislatura è quello di consegnare ai cittadini un’Italia migliore. E questo deve essere un impegno anche per le forze di opposizione. Se, attraverso la fitta agenda di riforme che ha in animo di realizzare questo esecutivo non si capirà la portata di questa sfida, a “perdere” sarà l’Italia intera. Personalmente ritengo che il premierato sia una questione piuttosto sentita anche dai cittadini. Gli elettori si appassionano alla politica se vedono che la democrazia è decidente e che la loro partecipazione è fondamentale per determinarne gli assetti.
Uno dei rischi paventati a più riprese è quello di una legge che vada a intaccare le prerogative del Capo dello Stato.
Non è così. Il Presidente della Repubblica resta l’elemento di garanzia e non viene intaccato nelle sue prerogative. L’incarico al premier verrà sempre conferito dal Presidente e i ministri giureranno nelle sue mani. Abbiamo certato di sancire un principio: la maggioranza governa finché c’è. Poi, dopo una verifica preliminare del Presidente della Repubblica, se non sussistono più le condizioni si ritorna alle urbe.