La manifestazione organizzata dal Pd a Roma dimostra che i dem sono ancora capaci di mobilitare. Per costruire un’alternativa all’esecutivo non basta lo spostamento a sinistra del partito ma bisogna valorizzare anche la componente riformista. Soprattutto in vista delle elezioni europee. Anche perché la competizione a sinistra (rincorrendo Conte) presenta qualche rischio, specie in politica estera. Conversazione con il sociologo Panarari
È un attacco, senza esclusione di colpi, all’esecutivo di Giorgia Meloni. Dalla Manovra all’ipotesi di riforma istituzionale per introdurre il premierato. Ma, al contempo, è un modo per serrare i ranghi e dimostrare che il Pd è (ancora) in grado di mobilitare le piazze. Elly Schlein, la segretaria nazionale dem, dal palco della manifestazione romana, lancia diversi messaggi anche ai suoi alleati (presenti e assenti). Si vedono marciare Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni e, soprattutto, il pentastellato Giuseppe Conte. Non c’è Carlo Calenda e non c’è neppure Matteo Renzi. Ma è tutto abbastanza coerente perché la linea della segretaria è quella di “spostare il partito a sinistra, cercando di allargare la base del partito”. A dirlo a Formiche.net è Massimiliano Panarari, sociologo e docente dell’università Mercatorum.
Panarari, le cinquantamila persone in piazza a Roma che tipo di segnale sono per il centrosinistra?
Elly Schlein ha dimostrato di aver superato la “prova” della piazza. Nella generale disarticolazione dei partiti, in questo modo il Pd ha ribadito la sua capacità di mobilitare migliaia di persone, anche e soprattutto grazie a una struttura organizzativa ancora efficiente. La linea politica è chiara: lo scontro frontale con il governo Meloni serve alla segretaria per polarizzare ulteriormente il dibattito cercando di connotare sempre di più il partito a sinistra. Non è un caso che ci fossero, a sfilare, i principali leader dei partiti di sinistra-sinistra. Da Bonelli a Fratoianni e il leader pentastellato Giuseppe Conte.
Come allargare la basa elettorale?
Rivolgendosi a particolari settori della società che, tradizionalmente, vengono da sinistra ma non solo. Il tentativo che sta facendo Schlein è anche quello di intercettare i delusi dalle politiche dell’esecutivo Meloni, in particolare sul piano sociale. È evidente che però questo allargamento a sinistra non sarà sufficiente per creare una valida alternativa di governo a quello in carica.
La grande sfida per Schlein è quella di tenere assieme anche la parte riformista del Pd. Da Bonaccini sono state espresse parole di stima verso il lavoro della segreteria. Tuttavia qualche malumore resta.
La competizione a sinistra con il Movimento 5 Stelle espone il Pd a una serie di rischi che diventano particolarmente insidiosi sul versante della politica estera ad esempio. Il tema del conflitto in Ucraina ne è un esempio. Seguire le orme contiane e schierarsi per lo stop all’invio di armi sarebbe molto rischioso per Schlein stessa. Non solo. Senza la componente riformista del partito è impossibile pensare di poter essere competitivi e ambire a ruoli di governo.
Questa situazione avrà indiscutibilmente dei riflessi politici in chiave europea. Come si prospetta la campagna elettorale per i due schieramenti, alla luce anche degli ultimi accadimenti?
Meloni entrerà in una spirale sempre più complessa che la porterà a un ulteriore irrigidimento che non farà altro che acuire in qualche modo la sindrome di accerchiamento che già è piuttosto marcata. Il livello di competizione con il leader della Lega Matteo Salvini sarà ancora più esasperato, così come sarà complesso gestire il rapporto con Forza Italia la cui identità – dopo la morte di Silvio Berlusconi – è sempre più indebolita.
Il blocco socialista non gode di buona salute in questo momento storico.
No, ed è per questo che il Pd deve cercare di essere appetibile per la parte riformista dell’elettorato anche al di fuori del perimetro stesso del partito. L’eutanasia del centro ha liberato tante forze che i dem dovranno riuscire a intercettare per tentare di arrivare a un risultato che superi le percentuali delle ultime elezioni.
L’accordo Italia-Albania ha creato non poco scompiglio tra le file dei dem. Dove porterà questo dibattito anche tra i socialisti europei?
Ci sono degli elementi di oggettiva complessità nell’accordo tra Italia e Albania. Il primo è di natura giuridica perché lo stato italiano dovrebbe ampliare la sua giurisdizione su una parte di un altro Stato. È evidente che, sotto il profilo politico, al governo in chiave interna serve per dimostrare la volontà di ridurre i flussi migratori in entrata, mentre sotto il profilo dell’opposizione la dialettica che si è aperta rientra nella preoccupazione serpeggiante tra i socialisti di non ottenere un buon risultato alle europee. Va però detto che, per le destre populiste, è ragionevole prevedere che i risultati saranno piuttosto esigui. Dunque, il modello che si riproporrà, sarà quello della maggioranza Ursula.