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Apec, cosa (non) aspettarsi dal vertice di San Francisco

I Paesi che partecipano al meeting dell’Apec iniziato ieri rappresentano il 40% della popolazione globale e quasi la metà del commercio mondiale. Basterebbe questo per definire l’importanza del vertice, al di là dell’incontro tra Biden e Xi, ma il gruppo ha capacità limitate

Questa settimana gli Stati Uniti ospitano il vertice annuale dei leader dell’Apec, ossia del sistema di cooperazione economica che raccoglie le nazioni dell’Asia-Pacifico. È la prima volta dal 2011, e i leader dei 21 membri, che si riuniscono a San Francisco per discutere di come stimolare meglio il commercio e la crescita economica nella regione, si trovano davanti una complessità che dodici anni fa era molto meno sfumata: la competizione totale tra Stati Uniti e Cina. Fattore che segna tutti gli affari internazionali. Apec compreso.

L’evento principale del vertice sarà in realtà a latere, nell’incontro faccia a faccia tra il presidente Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping. La conferenza di quest’anno, che si svolge sullo sfondo delle gelide relazioni Usa-Cina e con il vertice Biden-Xi che magnetizza gran parte dell’attenzione, ambisce anche a condividere gestione e approccio alle turbolenze globali dovute alla guerra tra Israele e Hamas e all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nonché agli effetti di esse sulla sfera economica.

L’Apec d’altronde è un forum che promuove il commercio, gli investimenti e lo sviluppo economico tra le nazioni, nato nel 1989 con 12 membri, e cresciuto fino a 21 – tra cui Cina, Russia, Giappone, Stati Uniti e Australia, ossia pezzi importanti del G20. In totale, i membri rappresentano quasi il 40% della popolazione globale e quasi la metà del commercio mondiale.

I funzionari della Casa Bianca hanno detto in questi giorni che l’obiettivo principale quest’anno è cercare di rendere le economie dell’Apec più resistenti, in particolare di fronte ai crescenti problemi climatici e dopo una pandemia globale che ha ucciso milioni di persone e messo a dura prova le catene di approvvigionamento. Leggasi tra le righe che per gli americani (e per gli alleati) queste problematiche complesse si stanno sempre più traducendo nel concetto di “de-risking”, che è sempre pi indirizzato nei confronti della Cina.

Il forum ha da sempre una portata oggettivamente limitata. È incentrato sul commercio e sull’economia, ma ha una componente varia che interpreta queste due sfere centrali nella sopravvivenza di un governo in modo differente. Dal punto di vista politico logico classico è mancante di una componente militare comune (anche perché sarebbe impossibile visto che racchiude Paesi rivali) e soprattutto non è stato forgiato da un evento di portata mondiale come una guerra.

Tecnicamente, i membri sono le economie piuttosto che i Paesi: ciò consente la partecipazione sia di Hong Kong, governata dalla Cina, sia di Taiwan, governata autonomamente e non riconosciuta a livello di altri sistemi multilaterali internazionali. Ma limita le capacità di agire in modo incisivo. La forza dell’Apec dovrebbe risiedere nella sua capacità di far collaborare i Paesi su grandi iniziative e di facilitare le relazioni commerciali senza accordi vincolanti. In passato ha contribuito alla riduzione delle tariffe e di altri ostacoli al commercio.

Ma il panorama commerciale è diverso oggi, si va verso un nuovo concetto di globalizzazione e la securitarizzazione della sfera economica e degli scambi è ormai un elemento comune e tutti i Paesi. La strategia degli Stati Uniti si è concentrata sulla competizione con la Cina piuttosto che sulla cooperazione, anche se i leader statunitensi continuano a sottolineare ‘’importanza del dialogo.

Biden sta cercando di stringere partnership con altre nazioni della regione per sviluppare alternative alle importazioni di prodotti cinesi come apparecchiature elettroniche, macchinari, mobili, tessuti e altri beni (il de-risking), mentre evidenzia i progressi del nuovo accordo commerciale indo-pacifico, creato sull’Indo-Pacific Economic Framework, avviato l’anno scorso dopo che il predecessore Donald Trump si è ritirato dalla più popolare Trans-Pacifico Partnership. C’è anche un’ottica elettorale, in vista di Usa2024 dietro a queste aspirazioni.

Nel 2020 e nel 2021, a causa della pandemia, l’Apec si è riunito virtualmente facendo perdere appeal al vertice. Lo scorso anno è stato ospitato a Bangkok, ma Biden ha saltato l’appuntamento perché sua nipote si stava sposando e facendosi sostituire dalla vicepresidente Kamala Harris – una scelta che non è stata molto apprezzata dagli attori regionali.

Come lo scorso anno contro il governo thailandese, visto l’interesse generale suscitato dalla crisi israeliana, l’incontro potrebbe essere sfruttato per proteste di massa. Tra l’altro, sarà interessante comprendere se e come la questione sarà affrontata nella dichiarazione conclusiva. Molte delle nazioni dell’Apec sono dipendenti da petrolio e gas mediorientali, e dunque le economie potrebbero risentire degli effetti che un’espansione della guerra contro Hamas potrebbe provocare sul prezzo di certi beni. Ma come nel caso dell’Ucraina, la dichiarazione congiunta potrebbe non arrivare a causa delle differenze di posizioni e vedute tra i membri.

Un altro problema che potrebbe gravare sul vertice è lo shutdown del governo degli Stati Uniti: le opposizioni repubblicane potrebbero sfruttare la volontà di evitare una complicazione pubblica per ottenere qualcosa in più da un accordo in costruzione tra amministrazione e Congresso. La disfunzione politica statunitense potrebbe essere sfruttata dai nemici dell’America proprio come Biden cerca di proiettare l’affidabilità americana, nonostante il downgrade subito dal credito nell’ultimo outlook di Moody’’s Investors Service – che la scorsa settimana ha abbassato le prospettive sul debito del governo degli Stati Uniti “negativo”, citando l’aumento dei tassi di interesse e proprio la polarizzazione politica al Congresso.

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