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Da Gibilterra al Bosforo, il ruolo italiano di trait d’union secondo Tajani

Intervenendo al meeting regionale dell’Unione per il Mediterraneo, il titolare della Farnesina ribadisce i pilastri politici del governo di Roma: la possibilità per l’Italia di fare del Mediterraneo un’area di sviluppo e la capacità di unire i diversi che si affacciano sul mare nostrum anche grazie a un accordo su Gaza e al Piano Mattei

Sono due gli spunti che emergono dal forum regionale dell’Unione per il Mediterraneo in corso a Barcellona: l’intenzione dell’Italia di fare del mare nostrum un luogo non di sangue, ma di commercio e benessere; e la disponibilità di Roma al riconoscimento della Palestina solo con l’accordo di Israele. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani lo dice a chiare lettere, sia riflettendo al telefono con il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen sulle prospettive della crisi a Gaza, sia incontrando di persona gli omologhi di Egitto, Turchia, Libano e Arabia. Obiettivo, elaborare una strategia di insieme che tenga unita la grande comunità di paesi e popoli che si affacciano sull’area med e, al contempo, offrire un contributo di sostanza all’emergenza bellica a Gaza.

Il ruolo di Roma e il piano Mattei

Quando Tajani esprime l’intenzione italiana di giocare un ruolo da amica di Israele ma a favore della pace (“e amica dei Paesi come Arabia saudita, Emirati, Egitto e altri, come anche con la Turchia, perché si possa raggiungere la stabilità nell’area del Mediterraneo”) prepara il terreno internazionale all’attuazione dello strumento principale con cui fare politica a quelle latitudini: il piano Mattei, capace sì di elaborare una visione per l’Africa, ma in modo armonico e coinvolgendo i principali attori (protagonisti e non) che gravitano in quella fascia ideale che si sviluppa da Gibilterra al Bosforo. Complesso e con mille potenziali inciampi, ma un progetto affascinante e allo stesso tempo una sfida che il governo Meloni ha posto in cima alle sue priorità sin dall’inizio del suo mandato.

Qui Gaza

Entrando nel merito dei dossier, ecco che l’obiettivo numero uno per la crisi a Gaza è quello di una soluzione in Medio Oriente che preveda due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che si riconoscano reciprocamente: “Fin dall’inizio abbiamo detto che siamo a favore di una pausa umanitaria” per aiutare la popolazione civile a Gaza, ma senza svilire il diritto di Israele “a vivere”. In questo contesto l’unico quadro attuativo è quello dato dal rispetto del diritto internazionale. Il ruolo solidale italiano è già un elemento oggettivo, come dimostra la presenza della nave ospedale Vulcano che si trova dinanzi a Gaza e che è pronta ad intervenire. “Abbiamo chiesto l’aiuto dell’Egitto per questioni logistiche, stiamo chiedendo le autorizzazioni per far partire con elicotteri i feriti che possono essere ospitati nella nostra nave ospedale. Ho avuto rassicurazioni da parte del ministro degli Esteri egiziano, faranno tutto il possibile per agevolare l’operatività della nave”, ha spiegato.

Tajani ha ricordato a Cohen la posizione dell’Italia, cioè la condanna di Hamas e chiesto che venga rispettato il diritto internazionale, ottenendo dal collega israeliano le massime rassicurazioni in merito.

Cessate il fuoco globale

Ma come ottenere un risultato che sia di cucitura e non di imposizione? È questo un passaggio delicato e dirimente, dal momento che proprio un raccordo personale e valoriale con altri attori è imprescindibile per procedere poi con iniziative concrete. Anche per questa ragione Tajani ha analizzato scenari e prospettive con gli omologhi, tra cui il saudita, principe Faisal bin Farhan bin Abdullah. Dalla Striscia di Gaza sarà importante lavorare per impedire che sviluppi “negativi” possano riprodursi oltre il conflitto tra Israele e Hamas. Per questa ragione aderire alla tregua umanitaria è anticamera per raggiungere un cessate il fuoco globale al fine di garantire i civili. In questo senso gli aiuti umanitari a Gaza rappresentano un elemento decisivo, su cui il principe Faisal ha chiesto di creare corridoi accessibili ribadendo il no del Regno allo sfollamento forzato della popolazione a Gaza.

Elementi su cui Tajani si è confrontato anche con gli omologhi di Egitto, Turchia, Libano a dimostrazione di un dialogo a 360 gradi che Roma sta mettendo in campo. Il passaggio libanese, tra le altre cose, investe anche la presenza italiana in Unifil e Tajani ha incassato le rassicurazioni del ministro di Beirut sul fatto che in Libano nessuno vuole la guerra. “Ho invitato tutti questi ministri a venire in visita in Italia. Il mar Mediterraneo non sia un luogo di sangue ma di sviluppo e benessere”.

Pace condivisa

Ha inoltre osservato che l’Italia “non è favorevole” al riconoscimento della Palestina senza l’accordo di Israele, partecipando all’evento Road to Recovery organizzato dal Partito popolare europeo (Ppe) a Barcellona. Su Hamas, Tajani ha usato parole forti (un’organizzazione terroristica come l’Eta o le Brigate Rosse”) e ha indicatola prospettiva (“non si può parlare con i terroristi, dobbiamo rispettare la popolazione civile, ma non possiamo dimenticare il diritto di Israele a difendersi”). Di qui il concetto di nuova Europa come “patria comune in cui lo Stato di diritto deve essere sempre rispettato, che sia in Ungheria, a Malta o in Spagna”. Una chiusa sulla Spagna che secondo Tajani “deve rispondere” alla Commissione europea sulla legge di amnistia avallata da Pedro Sanchez e il Partito socialista operaio spagnolo per ottenere dai separatisti catalani il voto in aula e così restare al governo.

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