“Payback distorsivo”, secondo Giovanni Tria e la sentenza del Tar un “primo traguardo importante” per Gellona (Confindustria dispositivi medici). Per Lucaselli (FdI), “finalmente si può ragionare su una revisione che lo elimini del tutto”
Il Tar del Lazio blocca il payback dei dispositivi medici, sollevando la questione di legittimità costituzionale, “con riferimento agli articoli 3, 23, 41 e 117 della Costituzione”. Secondo l’organo di giustizia, “le scelte legislative potrebbero risultare irragionevoli sotto molteplici profili”.
Fernanda Gellona (Confindustria dispositivi medici): Primo traguardo importante
Si tratta di una piccola vittoria per le aziende del comparto, che invocano ormai da anni – insieme ai colleghi del pharma – una revisione della norma. “L’ordinanza del Tar del Lazio di rinvio alla Corte Costituzionale rappresenta un primo traguardo importante per tutte le aziende di dispositivi medici che in questi anni si sono battute compatte contro questa norma ingiusta e incostituzionale”, ha dichiarato a Formiche.net Fernanda Gellona, direttrice generale di Confindustria dispositivi medici. “È chiaro che il rinvio alla Consulta non segna ancora la cancellazione del payback”, ha aggiunto, “ma sottolinea tutti gli aspetti di incostituzionalità della norma, che le nostre imprese avevano impugnato: dalla retroattività alla rinegoziazione delle gare, passando per l’assenza di specificità nel considerare l’uno per l’altro gli oltre 1,5 milioni di dispositivi medici, fino a citare la possibile violazione del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), sotto il profilo dell’affidamento, della ragionevolezza e dell’irretroattività”.
Dispositivi medici, comparto strategico
Ma di payback si discute ormai da anni, cercando – spesso invano – di individuare una possibile sintesi fra le richieste dell’industria e la normativa vigente. Secondo le imprese, infatti, il meccanismo che prevede il contributo al ripiano della spesa farmaceutica pubblica sarebbe profondamente iniqua, andando a gravare su un settore strategico sia per la salute dei cittadini che per l’economia nazionale. “Il comparto dei dispositivi medici – ha spiegato Gellona – rappresenta uno dei settori con maggiori potenzialità di crescita e capacità di attrarre investimenti esteri. Per questi motivi, definire regole di governo non punitive è utile allo sviluppo di un settore che, oltre a generare soluzioni per la salute, produce anche benessere economico. Per questi motivi, tale comparto dovrebbe essere considerato di importanza strategica. Oggi più che mai si rende necessario un cambio di paradigma del sistema salute, tenendo conto delle peculiarità del settore nonché delle evoluzioni attese nel prossimo futuro, attraverso una nuova governance fondata su pilastri identitari chiari e ben definiti”.
Giovanni Tria: sistema distorsivo
Ma non sono solo le industrie a pensarla così. “Il sistema del payback è distorsivo” ha dichiarato a Formiche.net Giovanni Tria, ministro dell’Economia nel governo Conte I e consigliere economico del Mise durante il governo Draghi. Che a suo tempo concluse un primo accordo proprio sul payback, su cui allora gravava “una controversia anche sulla misurazione delle cifre”. Ma l’accordo “era solo un primo passo di quelli che si sarebbero dovuti fare dopo, ma che poi non sono mai stati fatti”. Il payback per i dispositivi medici nasce infatti nel 2015 sotto l’esecutivo di Matteo Renzi, in un’ottica di spending review richiesta dall’Ue. “Ma che poteva funzionare per uno-due anni in ottica emergenziale”, ha aggiunto Tria e “non nel lungo termine, come invece è stato fatto”.
Ylenja Lucaselli (FdI): norma assurda
Ma qualcosa sembra muoversi. L’attuale legislatura sta infatti interrogandosi sul tema, cercando di individuare una soluzione che non gravi sulle imprese. “Ho sempre detto che questa norma era assurda e il fatto che le sentenze ci diano ragione rappresenta un’ottima notizia”, ha commentato Ylenja Lucaselli , deputata di Fratelli d’Italia, a Formiche.net. Secondo cui “finalmente si può iniziare a ragionare su una revisione che non sospenda il meccanismo, ma che lo elimini del tutto”.
Payback farmaceutico, unicum normativo
“Il payback sanitario rappresenta un unicum nel panorama normativo italiano”, ha sottolineato Giovanni Tria, secondo cui il timore di eventuali sprechi nella sanità pubblica dovrebbe essere risolto a monte tramite una più efficace attività di Vigilanza, piuttosto che con un intervento a valle “anomalo” e “dannoso per la sostenibilità del sistema”. Non ci sarebbero altri settori, infatti, in cui “l’industria privata è chiamata a coprire gli sforamenti del pubblico” ed è che curioso avvenga proprio “in un settore come quello della salute”.
Tutti i numeri
“Da tempo sosteniamo che esiste un modo per governare il comparto senza il payback, ma con nuove regole di governance che si basino sull’analisi dei fabbisogni reali e sulla valutazione delle innovazioni per una migliore programmazione, su una riqualificazione del ciclo degli acquisti per un utilizzo appropriato delle risorse, il tutto a vantaggio del Servizio sanitario nazionale”, ha detto Gellona, che ha riportato i dati dell’indagine realizzata dal Centro Studi di Confindustria Dispositivi Medici: “Il 61% delle aziende ha bloccato le assunzioni, mentre il 31% ha ricorso a licenziamenti. Quattro aziende su dieci ha ridotto gli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre il 27% ha avviato procedure di cassa integrazione” Inoltre “La situazione di incertezza legata alla possibilità di pagare lo sforamento del tetto di spesa delle Regioni, ha un impatto diretto sulla sanità pubblica e sulla qualità tecnologica dei dispositivi medici disponibili destinati alla cura del cittadino: più della metà delle aziende (61%) si astiene dalla partecipazione alle gare pubbliche, limitando al mercato privato le soluzioni più avanzate (54%)”. E sempre stando a quanto riportato dal documento “da qui al 2028, 8 aziende su 10 limiteranno l’uso di tecnologie avanzate nelle gare italiane, 7 aziende su 10 i rivolgeranno prevalentemente ai mercati esteri e la riduzione delle assunzioni riguarderà il 72% delle imprese”:
I prossimi passi del governo
La partita del payback, chiaramente, non è ancora conclusa. “Aspettiamo le sentenze e vediamo”, ha concluso Lucaselli, che però allerta: “Se il payback verrà eliminato, dovremo trovare le coperture”.