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Contro i rischi dell’IA, Meta e Ibm lanciano l’alleanza dei buoni

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Racchiuderà più di 50 aziende, insieme a università e start up. Il modus operandi è semplice: unire le forze per limitare i rischi. L’obiettivo dichiarato è quello di “mostrare come i membri stiano usando la tecnologia aperta nell’intelligenza artificiale, in modo responsabile e per un beneficio collettivo”

“Mostrare come i membri stiano usando la tecnologia aperta nell’intelligenza artificiale, in modo responsabile e per un beneficio collettivo”. È con questo obiettivo che è nata l’AI Alliance, l’iniziativa lanciata da Meta e Ibm che intende racchiudere aziende e sviluppatori, per “accelerare l’innovazione responsabile garantendo allo stesso tempo rigore scientifico, fiducia, sicurezza, diversità e competitività economica”. L’intento è quindi duplice. Da una parte, il gruppo (che racchiude più di cinquanta aziende del calibro di Amd, Cern, Dell Technologies, Oracle, Red Had, Sony Group, Nasa insieme a diversi istituti accademici come Berkeley, l’Università dell’Illinois, di Yale, di Notre Dame, di Tokyo e varie startup) vuole stabilire i paletti entro cui sviluppare i nuovi progetti che abbiano l’IA come strumento dominante; dall’altra, aiutare gli sviluppatori a introdurre questa tecnologia nei loro strumenti.

Si procederà con l’istituzione di gruppi di lavoro suddivisi per sei aree tematiche (tra cui regolamentazione e sicurezza) e l’idea è di creare un consiglio direttivo e un comitato di supervisione tecnica. “Ci proponiamo di collaborare con importanti iniziative già esistenti promosse da realtà istituzionali, organizzazioni no-profit e della società, che stanno svolgendo un lavoro prezioso e in linea con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale”, si legge nella nota con cui è stato dato l’annuncio.

L’approccio è dunque quello di open source, riassumibile con la parola collaborazione. Ce n’è un gran bisogno per accogliere la rivoluzione dell’intelligenza artificiale generativa, i cui effetti benefici vanno di pari passo ai rischi che si trascina dietro. Trattasi di un metodo di lavoro “molto più distribuito ma molto più resiliente, perché nessuna istituzione può compromettere il successo del motore aperto”, ha dichiarato Dario Gil, vicepresidente di IBM e direttore di Ibm Research.

I vantaggi di un sistema open source sono diversi. In primis si dimezzano i tempi di ricerca, visto che i ricercatori possono collaborare al progresso. Subito dopo si aumenta il livello di sicurezza, perché tutti possono notare eventuali pericoli o degenerazioni. Infine, non per importanza, ricercatori e start up godono delle stesse opportunità che hanno grandi aziende più strutturate.

La possiamo dunque ribattezzare come l’alleanza dei buoni, ovvero di coloro che cercano di sfruttare al meglio l’apporto dell’IA. Il lancio dell’iniziativa arriva a un anno da quello di ChatGpt, lo strumento capace di cambiare la nostra quotidianità e che, nel futuro, potrebbe avere effetti di portata ancor maggiore. La richiesta che proviene dagli addetti ai lavori è quella di concentrare le forze per trarre il meglio da queste novità e fare il bene della collettività, arginando i loro utilizzi poco consoni alle esigenze umane, quando non del tutto deleteri.

Non sarà un compito facile, ma AI Alliance è stata strutturata per centrarlo. Ci proverà attraverso progetti volti a sviluppare e distribuire standard di riferimento e di valutazione, così come altri strumenti che permettano un uso sano dell’IA. Si tenterà anche di incentivare gli acceleratori hardware e di potenziare i contributi e l’adozione di tecnologie software abilitanti essenziali. Allo stesso modo verrà sollecitato il mondo accademico per supportare la ricerca e a incoraggiare gli studenti a familiarizzare con queste tematiche.

“Se pensate che il futuro dell’intelligenza artificiale sarà determinato da due, tre o cinque aziende vi sbagliate”, ha proseguito Dario Gil augurandosi che l’Alleanza “dia più chiarezza e fiducia sul fatto che quello dell’innovazione aperta è un mondo su cui scommettere”. Gli ha fatto eco Nick Clegg, che dirige l’area Global Affairs di Meta, convinto “che sia meglio quando l’intelligenza artificiale viene sviluppata apertamente” in quanto “più persone possono accedere ai vantaggi, costruire prodotti innovativi e lavorare sulla sicurezza. Non vediamo l’ora di lavorare con i partner per far avanzare lo stato dell’arte dell’IA e aiutare tutti a costruire [strumenti] in modo responsabile”.

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