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Genetica e sport

Ero al primo anno di Università quando ho letto “Diversità genetica e uguaglianza umana” di Dobzhansky scritto nel 1973, pubblicato in Italia dall’Einaudi nel 1975. Il messaggio del saggio è che l’uguaglianza umana “è un precetto etico non certamente un fenomeno biologico”. Dare a tutti i cittadini uguali possibilità non risponde solo a ragioni morali ma soddisfa anche la necessità di avere persone adatte e motivate per svolgere le funzioni più disparate richieste delle nostre società complesse.

Dare a tutti eguali possibilità, infatti, non vuol dire rinunciare a selezionare il più adatto che viene determinato sia dal suo bagaglio genetico che dall’educazione. Questa affermazione diventa molto evidente quando parliamo di sport competitivo. Che cosa differenzia un talento naturale da una schiappa di talento che deve sudare le proverbiali sette camicie per migliorare di poco la sua prestazione? Esiste un gene per la velocità? Può la determinazione compensare la mancanza di predisposizione?

Questo è l’argomento trattato in “The sports gene” di David Epstein ex sportivo e ora scrittore scientifico che si occupa di scienza e medicina dello sport.

E’ ovvio a tutti che la risposta delle persone all’allenamento è differente: dopo mesi di allenamento identico, alcuni non mostrano quasi nessun miglioramento mentre altri aumentano la loro capacità aerobica del 50 per cento o più. Gli scienziati hanno identificato più di 20 varianti genetiche che possono separare i due gruppi. Ma il miglioramento dipende anche dalla nostra motivazione (che anch’essa può dipendere dal DNA anche se non da un singolo gene).

Il rapporto tra genetica e addestramento/istruzione è complesso. Ma è qualcosa su cui dobbiamo sempre più spesso interrogarci.

Perché un piccolo paese come la Giamaica produce tanti velocisti olimpici? Alcuni hanno proposto che questo successo sia da mettere in relazione al processo di selezione dei più forti durante il periodo della schiavitù. Ma Yannis Pitsiladis, biologo presso l’Università di Glasgow, sostiene che non esista nessun gruppo geneticamente distinto tra i velocisti giamaicani. Semplicemente Giamaica sforna tanti velocisti perché quasi tutti sull’isola praticano lo sport.

Il libro di Epstein riporta anche numerosi esempi per illustrare come i geni possano effettivamente dare un vantaggio ad alcuni atleti. Il Filandese Eero Mäntyranta è stato il più grande sciatore di fondo degli anni 60. Un gigante con una carnagione color rosso cardinale. Il colorito deriva da una rara mutazione genetica a causa della quale il suo midollo osseo produce un eccesso di globuli rossi: sessantacinque per cento più globuli rossi del normale. Una specie di doping naturale. Ma lui giustamente sostiene che il suo successo dipende principalmente dalla sua determinazione e spirito di sacrificio.

Insomma un modo non noioso per interrogarci su un argomento complesso quale la rilevanza della genetica nella nostra vita di tutti i giorni.


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