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La lunga notte di Giorgetti. L’ombra del flop sul Patto di stabilità

Non sono bastate dodici ore a trovare la quadra sulle nuove regole di bilancio. L’Italia insiste sulla linea della flessibilità e anche la Francia. Ma la Germania fa resistenza. E se anche l’Ecofin fallirà, non resterà che il Consiglio europeo, l’ultima spiaggia prima del ritorno dei vecchi vincoli

Non sono bastate 12 ore in notturna per trovare la quadra sul nuovo Patto di stabilità. Al momento, la proposta spagnola, che poi è anche quella italiana e francese e che mira a una maggior flessibilità sugli investimenti, anche in ottica gestione del costo dei debiti sovrani, è ferma sul tavolo. Ai tedeschi non sembra importare molto il fatto che gli interessi sul debito costeranno il prossimo anno molto di più ai Paesi mediterranei.

I presenti alla riunione dei ministri dell’Economia, seduti intorno a un tavolo dalle 19 di ieri sera fino all’alba di questa mattina, raccontano di un Giancarlo Giorgetti che ha ribadito le sue posizioni. E cioè che la riduzione del debito dev’essere graduale, realistica e sostenibile. Qui il riferimento, molto critico, è a una duplice richiesta tedesca: che i Paesi con un debito superiore al 90% del prodotto lordo lo riducano di almeno l’1,5% del Pil all’anno, più di quelli con un debito inferiore e che i vincoli di riduzione annua di debito e disavanzo sulla base di obiettivi numerici scattino, di fatto, non appena Paesi come Italia, Francia o Belgio dovessero uscire dalla procedura per deficit eccessivo che potrebbero dover affrontare dall’estate prossima.

Giorgetti ha ripetuto anche che le regole di bilancio dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi politici di transizione verde e di difesa che ci siamo dati. Come a dire, non ha senso parlare di investimenti green se poi tutto viene ingessato nel nome dei conti. La Francia chiede un trattamento speciale degli investimenti in tecnologie e difesa, l’Italia vuole qualcosa di simile. Per Giorgetti è importante che dell’impatto dei prestiti del Pnrr non si tenga troppo conto se il debito dell’Italia non scendesse come prescritto dalle regole. Ma a questa concessione nelle ultime settimane si era opposta la Germania.

Altra questione, gli interessi sul debito, che all’Italia costeranno 103 miliardi nel 2026, anno della fine naturale del Pnrr. E di questo il nuovo Patto non può non tenere conto. E adesso? Se anche l’Ecofin odierno dovesse risolversi con un nulla di fatto, la palla passerebbe al Consiglio europeo del 15 dicembre. Ma sarebbe una sconfitta della politica europea, che puntava a un accordo in seno all’Eurogruppo. Poi, sarà scaduto il tempo. E torneranno le vecchie regole.

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