Il tasso ha raggiunto il 72%, a fronte di una media europea del 58%, con punte di eccellenza negli imballaggi: 10 milioni e mezzo di tonnellate di imballaggi riciclate nel 2022, ben al di sopra del target del 70% previsto dalle direttive europee al 2030. Tutti i numeri del Rapporto sul riciclo in Italia
Tra i Paesi dell’Unione europea, l’Italia si conferma leader nel riciclo dei rifiuti urbani e dei rifiuti di imballaggio. Il tasso di riciclo ha raggiunto il 72%, a fronte di una media europea del 58%, con punte di eccellenza negli imballaggi: 10 milioni e mezzo di tonnellate di imballaggi riciclate nel 2022, ben al di sopra del target del 70% previsto dalle direttive europee al 2030. Ma non ci può sedere sugli allori. Per dare attuazione alla transizione verso una compiuta economia circolare il nostro Paese deve fare ulteriori passi avanti nel riciclo, importante sia per la competitività internazionale che per ridurre gli impatti climatici e ambientali. Anche perché ancora rimangono ritardi in alcune filiere, come, ad esempio, nei rifiuti elettrici e elettronici. Occorre, inoltre, rafforzare i mercati delle materie prime seconde e sviluppare le innovazioni, come il riciclo chimico delle plastiche.
Questi alcuni dei temi emersi alla Conferenza nazionale sull’industria del riciclo Le nuove frontiere del riciclo in Italia, promossa dalla Fondazione sviluppo sostenibile, in collaborazione con il Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, e Pianeta 2030 del Corriere della Sera, durante la quale è stato presentato il Rapporto sul riciclo in Italia. La quantità di rifiuti prodotti nel nostro Paese negli ultimi vent’anni è più che raddoppiata, passando da 30 milioni di tonnellate nel 2000 a 65 milioni nel 2020, 54 delle quali riciclate.
“Una così ingente quantità di rifiuti riciclata ha dato vita ad un settore industriale consistente, composto da ben 4.800 imprese, che per i tre quarti fanno del riciclo dei rifiuti la loro attività principale, generando un valore aggiunto pari a 10,5 miliardi di euro e impiegando ben 236 mila addetti”. In questo modo l’industria italiana del riciclo ha consolidato il suo primato in Europa rispetto alle grandi economie, superando di 17 punti percentuali la Germania, che si è classificata al secondo posto.
“L’anno che si sta per concludere”, ha detto Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, “non è stato un anno facile per l’industria del riciclo in Italia: i costi ancora alti dell’energia, le difficoltà di mercato di diverse materie prime seconde e l’incertezza generata da alcune misure contenute nella proposta iniziale del Regolamento imballaggi hanno contribuito ad alimentare preoccupazioni per molte imprese del settore. Il quadro si va però schiarendo e migliorando anche perché il settore è ormai consolidato. Le iniziative prese presso le istituzioni europee hanno inciso e si ritrovano in alcuni emendamenti approvati dal Parlamento europeo”.
La filiera degli imballaggi è stata tra le prime, venticinque anni fa, ad essere normata a livello europeo con un approccio che oggi possiamo definire di economia circolare ante litteram. Proprio questo cambio di paradigma ha portato risultati altamente performanti che potrebbero raggiungere a fine anno il 75% di riciclo: 11 milioni circa di rifiuti di imballaggio che avranno una seconda vita. Nel dettaglio, come si legge in una nota del Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, “oltre il 77% degli imballaggi in acciaio, il 67% degli imballaggi in alluminio, più dell’85% degli imballaggi in carta e cartone, circa il 63% degli imballaggi in legno, quasi il 59% degli imballaggi in plastica e bioplastica, e l’80% circa degli imballaggi in vetro”.
“L’economia circolare”, ha sottolineato Ignazio Capuano, presidente del Conai, “è un ramo importantissimo della nostra economia. E la nostra industria del riciclo fa scuola in Europa: anche il testo proposto dall’ultima versione del Regolamento imballaggi ne riconosce l’importanza. Uno stimolo a fare sempre meglio, soprattutto in un Paese povero di materie prime come il nostro: siamo già campioni nel campo del riciclo degli imballaggi, ma dobbiamo potenziare i risultati nazionali avendo la tutela ambientale come vero, unico obiettivo. Ed è il momento di unire le forze e impegnarsi in questa direzione”.
Diversi gli scenari per le altre filiere. Situazione ancora critica per i rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) con un tasso di riciclo del 34% contro un obiettivo del 65% al 2019. Buoni i risultati per quanto riguarda i rifiuti inerti da costruzione e demolizione che hanno raggiunto l’80% di recupero, ben superiore all’obiettivo del 70%. Inoltre, sono state avviate a rigenerazione 178 mila tonnellate di oli minerali usati, pari al 98% del raccolto rispetto al 61% della media Ue. Il tasso del riciclo di pile e accumulatori è del 33,5%. Delle 260 mila tonnellate di oli vegetali esausti (62% domestiche, 38% professionali) ne sono state avviate a riciclo 77 mila. In linea con gli obiettivi di legge il riciclo dei veicoli fuori uso che si attesta oltre l’84%.
Un discorso a parte meritano le materie prime seconde (Mps). Da un’indagine condotta dall’Agenzia europea dell’Ambiente su otto mercati di materie seconde emerge che soltanto tre funzionano correttamente: alluminio, carta e vetro. Altri cinque, legno, plastica, rifiuti organici, rifiuti da costruzione e demolizione e tessili, “non sono ben funzionanti”. Le innovazioni tecnologiche dovranno essere la chiave per sviluppare le potenzialità delle materie seconde. Nuove tecnologie per il riciclo chimico per la plastica; tecniche avanzate per aumentare la quantità di rame, litio, nichel e cobalto da batterie esauste; nuove tecnologie di riciclo e vulcanizzazione per gli pneumatici fuori uso. E l’elenco potrebbe continuare con le auto e i prodotti tessili.
Vista l’ormai prossima riunione del Consiglio ambiente del 18 dicembre che dovrà prendere una posizione comune sul testo del Regolamento sugli imballaggi approvato dal Parlamento europeo, l’occasione era troppo importante per non parlarne. Gli emendamenti approvati dall’ Europarlamento rafforzano il riciclo e puntano ad aumentare il riutilizzo quando comporta un significativo vantaggio ambientale. Inoltre non pongono come unico modello quello basato sul deposito cauzionale, ma “consentono modelli diversi, con elevate performance, come quello del Conai-Consorzi di filiera, basato sul contributo ambientale pagato dai produttori e dagli utilizzatori”.
Che l’imballaggio non costituisca un rilevante problema ambientale lo dicono i numeri. I rifiuti di imballaggio in Europa, infatti, rappresentano appena il 4% dei rifiuti prodotti. L’80% di questi sono avviati a riciclo, mentre di tutti gli altri soltanto il 54% viene recuperato. Quindi il Regolamento si sta occupando di un problema che vale appena l’1% di tutti i rifiuti. “Come Conai”, ha concluso Capuano, “non intendiamo sottrarci alle sfide future, anche quelle più ambiziose. E le affronteremo con i nostri strumenti operativi e concreti nei confronti delle imprese e delle istituzioni per confermare la leadership del nostro Paese nell’economia circolare”.