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L’agenda delle priorità

Nel Paese si è diffuso un preoccupante clima di sfiducia, che si riflette in tutti gli ambiti. In quello istituzionale, producendo un pericoloso discredito della classe politica evidenziato, anche nei sondaggi, dal crescente astensionismo elettorale; in quello economico generando una spirale di aspettative negative che si auto-realizzano, fatta di bassa crescita e bassi tassi di investimento, di eccessiva concentrazione della ricchezza e bassa occupazione, di stagnazione dei redditi (da lavoro e pensione) e della domanda interna, di aumento del servizio del debito pubblico accompagnato solo da tagli alla spesa ma in assenza di una vera politica della spesa. Un deficit di speranza generato dalla mancanza di un progetto di sviluppo, serio e condiviso, in grado di mobilitare le energie morali e materiali che pure esistono nel Paese.
È questa la responsabilità più grave dell’attuale classe dirigente: la mancanza di un progetto di sistema, di una visione del futuro, di un sogno da realizzare con il contributo di tutti. Ma la domanda a questo punto è: noi cattolici, oggi, cosa abbiamo intenzione di fare? Che Paese vogliamo consegnare ai nostri figli?
 
Se siamo convinti che per uscire da questa situazione di stallo occorre un progetto per il Paese, allora è qui e ora che, insieme, cattolici e laici animati da buona volontà, dobbiamo dare il nostro contributo.
In genere, quando ci si trova di fronte a un disastro, si mettono in campo misure straordinarie, che abbiano un forte impatto sulla situazione esistente per creare discontinuità. Il che vuol dire che è necessario un cambio di paradigma: sul piano economico si sostanzia nell’abbandonare le ricette liberiste per puntare con decisione su un’economia sociale di mercato; e sul piano politico istituzionale si invera puntando su una nuova generazione di personale politico, competente, onesta, eticamente motivata dalla ricerca del bene comune e non dall’interesse personale, e capace di praticare quelle virtù umane e cristiane necessarie al governo della cosa pubblica.
Insomma, se è arrivato il momento di cambiare, non si può operare la discontinuità nella continuità: oltre alla rotta devono cambiare anche equipaggi, timonieri, e soprattutto sistemi di navigazione.
 
La situazione del Paese è tale che non richiede più né personalismi vacui né leaderismi di facciata, ma reclama la “testimonianza seria” di persone credibili che lavorino responsabilmente per il bene comune, per elaborare e realizzare un progetto di sviluppo integrale per il Paese in un’ottica di sviluppo integrale della persona umana.
Oggi, servono uomini, luoghi e strumenti capaci di favorire la convergenza di idee ed energie nuove e la necessaria organizzazione del consenso su tali idee attraverso nuove esperienze aggregative sul territorio.
Perciò, nella primavera del 2010, abbiamo aperto Eptaforum: un luogo di confronto e di elaborazione culturale, un think tank per contribuire ad individuare soluzioni praticabili per i problemi più urgenti del Paese. E, lo scorso inverno, abbiamo pensato di avviare un’articolata attività di formazione socio politica, in collaborazione con gli amici dell’Istituto Sturzo e di Retinopera, complementare alle scuole di formazione diocesane. Su queste direttrici (elaborazione e formazione), con umiltà ma senza complessi di subalternità, pensiamo di poter dare un contributo per il bene del Paese.
 
Nello stesso tempo puntiamo ad avviare nuove esperienze di socializzazione sul territorio, in grado di fornire risposte concrete ai bisogni delle persone, in termini di sviluppo del territorio, servizi sociali e assistenziali, che le amministrazioni locali non sono in grado di fornire per mancanza di risorse.
Le nostre finalità viaggiano su questo binario: elaborazione culturale e formazione. Le nuove iniziative sociali potranno essere il carburante. Al momento opportuno si affronterà il problema dello strumento, della locomotiva e del convoglio sul quale intraprendere un nuovo viaggio con il maggior numero di passeggeri, sapendo bene che non esistono scorciatoie. E che non è più possibile avallare trasformismi gattopardeschi.
Sappiamo bene che per uscire dall’irrilevanza occorre creare le condizioni e gli strumenti affinché quella “nuova generazione di cattolici in politica”, evocata da molti, possa trovare gli spazi necessari di espressione e di azione.
 
Ma sappiamo anche che la fretta è deleteria. Per questa ragione abbiamo proposto di mettere insieme persone e realtà associative presenti sul territorio, per costituire una rete di associazioni civiche, ed avviare un lavoro comune e condiviso sul terreno della proposta politica a livello locale e nazionale – insieme agli amici di Retinopera, dello Sturzo e ad altri che si vorranno aggiungere –, un percorso per l’elaborazione di un’agenda di priorità per lo sviluppo del Paese che tenga conto anche dei problemi e delle potenzialità delle realtà locali.
Tra i problemi più urgenti da affrontare oggi ci sono quelli del risanamento dei conti pubblici, dello sviluppo, del lavoro e del futuro dei giovani. Ma anche quello di una nuova questione sociale di enormi proporzioni, accompagnata da un ampliamento dell’area della povertà (che rischia di essere alimentata da nuovi crolli del potere d’acquisto dei redditi da lavoro e pensione), alla quale è indispensabile fornire risposte coerenti e tempestive se non vogliamo che il disagio sociale si trasformi in protesta.
 
Parlare d’altro, o pensare ad altro, oggi vuol dire non cogliere la gravità della situazione e abbaiare alla luna mentre la casa brucia, quando invece è richiesto un surplus di responsabilità a tutti. A noi cattolici per primi.
Esiste anche un problema di selezione della rappresentanza politica, che decide le sorti del Paese a livello locale e nazionale, ma prima di affrontare questo (cioè a chi e con quale strumento affidare il mandato di rappresentanza) dobbiamo avere ben chiaro cosa vogliamo fare, su quali proposte (non solo con quali facce) pensiamo di aggregare il consenso. Altrimenti, rischieremmo di smarrirci sprecando un’opportunità storica.


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