La sentenza del Colorado oggi rende la rielezione dell’ex presidente non impossibile ma più difficile. Altri ostacoli giuridici e non gli si parano davanti mentre una rivale repubblicana gli contende risorse e consensi
La sentenza della corte suprema del Colorado che squalifica Donald Trump dal partecipare alle primarie presidenziali può essere rovesciata dalla Corte Suprema americana, ma non è automatico o facilissimo.
E se anche fosse, se altri Stati solleveranno stesso problema con altri argomenti? Sono in corso altre mozioni simili in altri Stati dell’unione il Colorado non era solo.
Inoltre che sentenza arriverà da New York per le proprietà di Trump? Qui l’ex presidente è sotto processo per quello che è in sostanza una truffa fiscale e rischia, oltre a una pesante multa, che molte sue proprietà vengano messe in una specie di amministrazione controllata e a lui sottratte.
Ancora. I soldi delle sponsorizzazioni elettorali che ora stanno migrando verso Nicki Haley torneranno in un futuro a Trump? La Haley nei prossimi mesi, quando si svilupperà il dramma trumpiano, non crescerà nei sondaggi? Sono punti di domanda che oggi dicono come il cammino per lui sia più difficile. La sua elezione non è impossibile, ma non è facile, oggi meno di ieri.
Inoltre il conto dei giudici della corte suprema. Si dice con facilità la maggioranza è stata nominata da repubblicani. Però la maggioranza in realtà è stata nominata da repubblicani o democratici nemici di Trump. E anche quelli nominati da Trump non gli sono sicuramente leali fino a morte.
Per esempio il vicepresidente Pence o il segretario di stato Pompeo gli hanno voltato le spalle al momento cruciale. Infine: se una maggioranza repubblicana alla Corte Suprema vota per Trump non appare partigiana? Forse è meglio votare contro, il prestigio la neutralità dei giudici ne verrebbe rafforzata.
Nel merito le questioni che i giudici potrebbero prendere in esame sono di tre ordini. Gli eventi del 6 gennaio costituiscono una “insurrezione”? Le azioni di un presidente ancora in carica come
Trump possono definirsi in alcun caso insurrezionali? Trump ha davvero un collegamento diretto con gli eventi?
Inoltre c’è un altro livello di complicazione che riguarda il futuro e non il passato. Un giudizio su quegli eventi avrà un impatto sullo svolgimento delle elezioni e consentirà o impedirà il normale svolgimento del voto. Quindi Trump dovrebbe essere prosciolto dalla Corte per potere essere poi bocciato democraticamente nelle urne.
Ma il nodo è ormai gordiano. Si può consentire a una persona accusata di insurrezione di dotarsi del mantello del martirio politico per raccogliere voti? Una “assoluzione” della Corte Suprema a quel punto aiuterebbe la causa del martirio. Qui c’è un cortocircuito politico, nei fatti “insurrezionale”, innescato nel momento in Trump non ha condannato e preso le distanze dal 6 gennaio. Non lo ha fatto finora, ed oggi è forse troppo tardi.
I paragoni con Berlusconi non sono esatti. Berlusconi fu perseguitato da accuse per i suoi affari o la vita privata, lui non tentò o appoggiò mai insurrezioni o violente proteste di piazza. La storia di Trump invece riguarda una linea che non dovrebbe essere sottile tra proteste di piazza e insurrezione politica.
Un elemento da seguire è dove vanno i soldi della famiglia Koch, grandi elettori repubblicani, oggi dietro la Haley. Essi hanno eletto tutti i presidenti repubblicani almeno da Nixon e compreso Trump. Se oggi fossero sconfitti da un repubblicano che non sostengono sarebbe la prima volta. Possibile, certo, ma forse non facilissimo.
Poi uno spunto di metodo per seguire l’evoluzione della cosa. La politica è il regno del possibile, sviato e sviabile ogni momento da migliaia di fattori nuovi e imprevisti. Quindi in generale non ci sono certezze. In particolare però ci sono forze di fondo in azione.
Trump ha dalla sua di avere preso il contatto con un ventre dell’America, trascurato da anni e cresciuto negli ultimi due-tre decenni. Ha il vantaggio che sente la crisi dell’identità americana e le difficoltà dell’establishment a rispondervi.
Contro di lui ha invece l’establishment e le istituzioni che hanno retto il paese per 250 anni. Esse non sono state scardinate ma rafforzate dalla guerra di secessione, dalla tormentata “conquista del West”, dalla crisi del ’29 e dalle tempeste degli anni ’60 e ’70. Se Trump avesse cercato un compromesso con establishment e istituzioni, come pareva volesse fare alla prima elezione, molti lo sosterrebbero.
Invece le istituzioni e establishment si stanno gradualmente chiudendo a riccio contro di lui ora che si presenta come “rivoluzionario”. È possibile che scardini le istituzioni? In teoria gli servirebbe un cavallo di Troia. L’attacco frontale il 6 gennaio, avvenuto quando lui era ancora alla Casa Bianca, quindi in posizione di forza maggiore forse rispetto ad oggi, non è riuscito. In passato c’erano possibili cavalli di Troia, in questo momento sembra più difficile.
Infine, non c’è solo Trump che parla con quel ventre nuovo americano e ha problemi con istituzioni e establishment, c’è anche la sinistra democratica. Molti voti del democratico Bernie Sanders confluirono su Trump non Hillary nel 2016. Un’affermazione di Trump forse legittimerebbe la sinistra democratica, radicalizzerebbe e spaccherebbe l’America, portando ulteriori pressioni su establishment e istituzioni. Oggi, una corsa al centro, che elimini le ali aiuterebbe a trovare una pacificazione. Detto questo, le soluzioni ragionate e ragionevoli spesso non funzionano. Bisogna vedere.