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Il 2024 della Cina parte (già) in salita. Ecco perché

Gli economisti prevedono per il prossimo anno una crescita del 4,6%, ben al di sotto della soglia psicologica del 5% fissata dal partito. E il guaio è che i motivi di tale fallimento sono sempre gli stessi

Il 2024 della Cina parte già in salita. Non che il 2023 che si sta per concludere sia stato una passeggiata di salute, anzi. I guai del Dragone sono ormai alla loro massima grandezza, a cominciare da quella deflazione che sembra imprigionare e precludere ogni speranza di crescita della seconda economia globale. L’anno che verrà, quindi, rischia di essere ancora una volta amaro per Pechino. Perché sì, il 2023 si sarà anche chiuso con quella crescita al 5% che per il partito rappresenta la soglia psicologica sotto la quale non si dovrebbe mai andare. Ma il 2024, ed ecco il punto, rischia di fallire miseramente il colpo.

Decine di economisti interpellati dalla autorevole testata Nikkei sulle prospettive economiche della Cina hanno infatti concordato sul fatto che il prossimo anno l’ex Celeste Impero non andrà oltre il 4,6%. Questo per un motivo molto semplice: le politiche di rilancio messe a terra fin qui dal governo non hanno prodotto gli effetti sperati. Per esempio, i tassi molto ridotti non hanno rianimato la domanda interna e dunque i prezzi. Né tanto meno rimesso in piedi il mercato immobiliare, a un passo dalla disintegrazione. Per tutti questi motivi, dicono gli esperti, il 2024 porterà a Xi Jinping poco dolce e tanto carbone.

E pensare che la previsione media degli economisti per la crescita nel 2024 è persino 0,1 punti percentuali in più rispetto all’ultima previsione di settembre, che voleva una forbice tra il 4,4% e il 5%. Chissà se a monte di tutto questo non ci sia quel gioco di prestigio raccontato pochi giorni fa da Formiche.net.

Quello che sta gonfiando a dismisura il debito cinese è infatti l’errata contabilizzazione delle perdite sui bilanci, pubblici o privati fa poca differenza. In pratica, quando un investimento non rende quello che deve, svalutandosi e producendo perdite, il governo non riconosce tali passività, bensì le equipara a capitale investito. E così, almeno da un punto di vista ufficiale, la perdita viene mascherata da investimento o comunque capitale buono. Un po’ come mettere la polvere sotto il tappeto, insomma.

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