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Oltre il Mes, Meloni assediata da estero e interno vista da Sisci

Fraintendimenti su come funziona la politica nella Ue e semplicismi sulle dinamiche interne potrebbero logorare il governo nei prossimi tempi, mentre Salvini e Conte emergono come veri leader politici dei due schieramenti. Il commento di Francesco Sisci

Il governo di Giorgia Meloni è stato duttile e pragmatico sul piano europeo. È il giusto coro di questi giorni per ammorbidire le impressioni dopo la mancata approvazione del Mes (l’accordo di stabilità finanziaria fortemente voluto a Bruxelles), la cui bocciatura al Parlamento italiano è oggi una grande ragione di irritazione con l’Unione europea.

Ma c’è ben altro, anche senza il Mes, e forse anche lei lo sa viste alcune recenti significative assenze istituzionali, compreso il rinvio sine die nella conferenza stampa del 28 dicembre. In questo anno, Roma ha infatti spesso cercato accordi tra partiti vicini, di destra, in vari Paesi dell’Unione aggirando le scelte dei governi in carica.

Alla base di tali azioni c’è forse un frainteso profondo di cosa sia e come funzioni davvero la Ue. Essa non è un’unione politica con approcci transnazionali unificanti, come accade per esempio a FdI per le regioni d’Italia. La Ue per ora è un’assemblea dove gli interessi nazionali vengono mediati e discussi, al di là dei partiti di governo o opposizione.

La politica francese è della Francia non di Emmanuel Macron (presidente) o Marine Le Pen (capo dell’opposizione). Lo stesso accade con Germania o Spagna. Cioè, i grandi interessi nazionali travalicano quelli del partito.

In Italia spesso invece si legge la politica verso la Ue come di un partito (FdI, la Lega, il Pd, Draghi) e non come di Stato. Altrove non è così o non lo è con altrettanta foga. Ciò non significa che non ci siano divisioni interne sulla Ue, ma gli interessi di Stato prevalgono su quelli di partito.

Quindi cercare di traslare le sensibilità italiane all’estero non ha molta forza né coi governi in carica, né con le opposizioni, anzi. È un punto cruciale per pensare al voto del Parlamento europeo a giugno dell’anno prossimo. Esso può andare più a destra, o più a sinistra ma saranno gli interessi nazionali, al di là dei partiti, a dominare l’assemblea.

Inoltre, fra sei mesi, la situazione esterna potrebbe essere molto condizionante. A luglio, agosto, l’Europa avrà un orizzonte più chiaro sulla guerra a Gaza, in Ucraina. Si vedrà se ci sarà stato, come possibile, un allargamento del conflitto con gli Houthi in Yemen o con gli Hezbollah in Libano. Saremo alla vigilia delle presidenziali americane, si vedrà l’andamento dell’inflazione e della politica della Cina con la Ue. Sono materie dirimenti ma oggi rimangono molto incerte.

È possibile che su tali temi gli interessi delle diverse nazioni saranno prevalenti sulle inclinazioni dei vari partiti, non viceversa, e sarà a livello di Stati che occorrerà trovare punti di mediazione. Il punto di equilibrio sarà come avanzare interessi nazionali insieme a quelli della Ue. Esso è un punto politico sensibile – se si andrà verso un rafforzamento degli interessi dell’unione oppure dei singoli Stati.

Qui, come abbiamo già detto in passato, l’idea di una internazionale nazionalista è un ossimoro, una contraddizione in termini. I vari partiti “nazionalisti” (interlocutori di FdI) difenderanno gli interessi propri contro quelli altrui (cioè italiani, in questo caso) con maggiore veemenza. Per Roma si prepara perciò una situazione delicata.

Il governo attuale, ergo l’Italia (non FdI) ha infastidito su vari dossier molti partner europei. FdI o la Lega hanno voluto rapporti e legami con partiti oggi all’opposizione e che domani potrebbero essere più velenosi con l’Italia dei governi attuali. Oppure Roma ha cercato rapporti diversi con il Regno Unito (fuori dall’Unione e con una serie di questioni aperte con la Ue), oppure con l’Ungheria, quasi costola austro-germanica.

I Londinesi ameranno le vacanze in Toscana, ma gli affari seri li fanno da sempre con Parigi o Berlino. A Budapest, come ai tempi dell’imperatore, il liceo più alla moda sarà anche il classico in italiano, ma le relazioni fondanti sono con il mondo tedesco. Ci vorrebbero decenni di coerenza per trasformare la simpatia italiana in collaborazione politica. Nel frattempo le bizzarrie del Belpaese rimangono quasi divertimenti o fastidiose, a seconda.

Questi Stati, al di là dei partiti di governo o opposizione, vorranno/dovranno difendere i loro interessi nazionali e quindi rivalersi su Roma per i torti subiti o percepiti tali. In particolare, l’Italia è stata la maggiore beneficiaria degli aiuti per il Covid. È anche Paese che oggi non solo non ha firmato il Mes ma sta cercando di minare chi allora l’ha aiutata tassandosi durante la crisi.
C’è un interesse nazionale italiano che va chiarito al di là dei governi in carica. Oggi solo il Presidente della repubblica Sergio Mattarella lo tutela, entro i limiti costituzionali che gli ordinano di non prevaricare un Parlamento sovrano ancorché effimero ed erratico.

Come per le grandi riforme costituzionali ci vorrebbe un accordo di fondo tra i partiti sui grandi temi di interesse nazionale, ma non c’è. Fino a qualche anno fa, quando il mondo era percepito come “piatto” e pacifico non era importante. Ora che le sfide arrivano ogni giorno, il Paese è perso senza Mattarella. Né riforme di premierato in fantasia varia possono sopperire a questa assenza. Prima andrebbe trovato l’accordo sull’interesse nazionale e poi, forse, in subordine, la riforma.

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Questa situazione difficile all’estero si innesta su questioni domestiche in Italia. I valori di estrema destra sono minoritari nel Paese. FdI ha vinto non perché gli italiani volevano indossare la camicia nera ma perché i moderati non trovavano più risposte. Quindi FdI dovrebbe andare verso gli italiani non cercare di cambiarli ai suoi principi.

Mussolini, a cui in FdI molti guardano con rispetto, pur con la dittatura che aveva imposto, diceva che volere cambiare gli italiani non era impossibile, era inutile. Quindi cercò di cambiarsi con loro. Prima socialista, inventò il fascismo anarcoide. Poi si fece rispettabile e borghese. Prima fu contro Hitler e filo inglese, poi filo hitleriano e anti inglese. Cioè cercò di seguire i tempi, lasciandosi alle spalle gli alleati che facevano fatica a stargli dietro. Il tutto senza eccessivi vincoli esterni che oggi invece esistono.

La scelta quindi è: Meloni vuole seguire gli italiani o il suo manipolo di fedeli? Vuole promuovere gli interessi del Paese in Europa o le idee del suo partito? Inoltre come ha precisato Stefano Folli mercoledì, il passaggio del Mes prova come la leadership politica dei due schieramenti non è di Giorgia Meloni o Elly Schlein (PD) ma di Matteo Salvini (Lega) e Giuseppe Conte (M5s), sodali di un governo non tanto tempo fa, peraltro.

In mezzo a questi dilemmi l’esecutivo e l’Italia potrebbe lacerarsi, intorno alle elezioni, o, se ci sono scossoni interni o internazionali, anche prima.



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