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Tutte le evidenze dietro la triste verità di Giorgetti sul debito pubblico

Giorgetti ha ragione: da molti anni nessun governo ha dedicato l’attenzione sufficiente a ridurre il debito, ma puntualmente ad incrementarlo in barba ai patti di stabilità e al buon senso. Chissà se il 2024 riserverà delle sorprese nelle collaborazioni e alleanze in Italia capaci di farci riconquistare lo status di Paese co-leader in Europa e nelle alleanze occidentali. La riflessione di Raffaele Bonanni

Anche stavolta con l’annosa vicenda del Mes si ripropone interamente la rappresentazione del grave stato della politica italiana nella sua incapacità di svolgere il suo compito di guida, pur trovandoci in un bivio della storia di cruciale importanza per il futuro. L’affermazione fatta da uno tra i migliori della classe del nostro Paese come Giancarlo Giorgetti, ben descrive la condizione che viviamo da tempo. Il ministro dell’Economia si è limitato a dire che il vero tema da porsi discutendo di Mes, è il debito pubblico ormai giunto a duemila miliardi, il 160% e più del Pil. E infatti a sostegno di questa verità ha affermato che siamo vittime di anni di follie e allucinazioni nella gestione della finanza pubblica.

Le parole da lui dette, per chi è cosciente e in buona fede, hanno l’effetto di un’accusa grave che ci interroga anche sulle nostre responsabilità collettive. E infatti le improvvide recriminazioni per la supposta sua incoerenza su quello che dice e poi fa, confermano che ormai il dibattito politico raramente esprime verità ed elementi utili ad affrontare con responsabilità le sfide ed i cambiamenti.

E invece Giorgetti ha ragione, nel senso che da molti anni nessun governo ha dedicato l’attenzione sufficiente a ridurre il debito, ma puntualmente ad incrementarlo in barba ai patti di stabilità e al buon senso, in disgrazia di un patto scellerato che ha unito nelle alternanze ogni governo. Se ci riflettiamo, non c’è Paese indebitato in Europa che non abbia approfittato del lungo periodo di bassi tassi d’interesse per assottigliare il proprio debito. Ma noi no. In definitiva il Mes viene negato dalla stessa logica del rifiuto nel tenere in ordine i conti pubblici, di provvedere a politiche di rientro del penalizzante debito.

Una logica sostenuta di fatto da una sordida alleanza tra forze politiche anche di segno opposto che considera governare le istituzioni solo l’occasione per consolidare il loro potere attraverso la infinita distribuzione dei denari pubblici per una politica di scambio con i loro clienti elettori. Insomma un regime di cicale, in un mondo che ormai premia solo le formiche. Neanche la pandemia che ha messo in luce le fragilità economiche e quelle del sistema di protezione sociale, compreso sanità ed education, hanno consigliato di cambiare verso almeno un po.

Anzi i provvidenziali fondi del Pnrr, in luogo di essere percepiti come una occasione straordinaria per fronteggiare le incompletezze di sistema e promuovere le politiche anticicliche, sono stati l’esca per incrementare ancor più bonus di marca venezuelana ed argentina. Comportamenti che concorrono ad allarmare i popoli europei e a rendere non credibile l’Unione Europea compiuta.

In un mondo così pericolosamente in subbuglio, prestiamo il fianco allo sgretolamento delle nostre storiche certezze. Se ne sarà resa conto Giorgia Meloni nel suo girovagare per il mondo, spero per concorrere a fronteggiare il sostanziale collegamento tra i fatti del Mar Rosso, Hamas, l’Iran, l’occupazione dell’Ucraina e l’aggressività cinese in estremo oriente ed il loro letale pericolo per noi. Preoccupazioni che dovrebbero unire alcuni che pur nell’opposizione hanno le medesime opinioni nella politica economica e sui principi fondanti dello Stato di diritto dove i diritti collettivi ed individuali sono sacri.

Chissà se il 2024 riserverà delle sorprese nelle collaborazioni e alleanze in Italia necessarie a liberarla dalla penuria delle necessarie qualità utili al governo del Paese, e capaci di farci riconquistare lo status di Paese co-leader in Europa e nelle alleanze occidentali. Tale condizione si riconquista con un profondo ripensamento sugli errori, ricostruendo le politiche di sviluppo e riportando la gestione della finanza pubblica nella normalità. Ritrovando così il senso della nostra migliore storia repubblicana che ci conduca a considerare con rigore l’orizzonte del nostro futuro.

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