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Cina 2024, cosa aspettarsi nell’anno del Drago di Xi

Di Lorenzo Piccioli e Emanuele Rossi

La leadership di Xi Jinping sarà ancora solida, anche se i repulisti e le prove di forza fanno pensare a difficoltà interne. L’economia non corre, le tensioni internazionali restano, la competizione con gli Usa non si fermerà. Previsioni per l’anno del Drago

Per il calendario cinese, nel 2024 si aprirà l’anno del Drago di Legno. Mentre si chiude quello del Coniglio, il Drago di Legno è una creatura immaginaria carica di energia e mistero, con il Drago che in generale incarna l’ambizione, guidando con visione romantica verso il successo in imprese difficili. Ama le sfide, è competitivo e generoso, con una forte inclinazione al lavoro, saggio e avventuroso, può manifestare capricci e impulsività, impavido e talvolta prepotente ed egocentrico. Segnali sul futuro di Pechino e sulle principali dinamiche della sua postura politica interna e internazionale?

Una parziale risposta potrebbe arrivare dal discorso del Segretario del Partito Comunista cinese, il leader Xi Jinping, ai membri del corpo diplomatico, a conclusione dell’annuale Conferenza centrale di lavoro sugli Affari esteri. Rivolgendosi agli ambasciatori Xi ha usato toni energici, chiedendo loro di “forgiare un esercito diplomatico di ferro” e di “diventare difensori dell’interesse nazionale”. Sottolineando anche l’importanza del rigore (termine usato per ben otto volte nel suo intervento) e della fedeltà al Partito Comunista, Xi ha detto di volere un apparato dello Stato pienamente efficiente per affrontare le sfide del futuro, varie ma collegate l’un l’altra da una sottile linea rossa.

Se certe dichiarazioni servono anche da bilancio per l’anno solare che si sta chiudendo, il primo grande tema del 2024, anche per questioni cronologiche, sarà la questione di Taiwan. Nelle prime settimane del nuovo anno si terranno nell’isola le elezioni presidenziali, e Lai Ching-te, attuale vice-presidente e favorito nella corsa per il prossimo mandato, è noto per le sue posizioni poco concilianti con Pechino. Una sua vittoria potrebbe spingere la leadership continentale ad assumere un atteggiamento più ostile, che si concretizzerebbe in azioni ancora più provocatorie di quelle che già vengono messe costantemente in atto da vascelli, droni e jet della People’s Liberation Army. In linea con le tipiche reazioni muscolari adottate in situazioni come questa. Ma non servono certo le elezioni per prevedere che tra Pechino e Taipeile tensioni rischiano di diventare ancora maggiori nel 2024.

Anche la politica interna rimane un fronte da monitorare. Nel 2023 Xi Jinping ha promosso una serie di epurazioni nei confronti dei vertici e delle forze armate e dell’apparato statale. Tra i “caduti eccellenti” ricordiamo il ministro degli esteri Qin Gang e il Ministro della Difesa Li Shiangfu. Anche se le dinamiche di queste epurazioni non sono ancora ben definite, ed è stato trovato il modo di riempire le caselle amministrative lasciate vuote, è possibile presumere che Xi stia rafforzando (e rafforzerà ancora) la sua presa sul Partito e sullo Stato, forse perché intimorito dagli sviluppi non ottimistici del Paese.

A partire da quelli in ambito economico. La situazione è sicuramente migliorata rispetto agli anni passati sotto la morsa della pandemia, con una crescita del Pil che si attesta intorno al 5%. L’Economist parla di “ultra-fast economic recovery”, il dato rimane comunque inferiore a quelle registrate nei decenni passati e che dimostra – per dirla come Michael Pettis (Carnegie) – che “la Cina non è un gigante economico”. Ci sono settori che soffrono pesantemente, come quello immobiliare; c’è la disoccupazione giovanile e il calo (e il cambio) degli investimenti privati. Certo, potrebbe essere un momento di rallentamento fisiologico per un’economia che è cresciuta a ritmi serrati per trent’anni. Ma potremmo anche trovarci davanti a un complicato giro di boa.

Intanto continua ad aleggiare il fantasma del Covid-19. Lo scoppio della pandemia e la conseguente zero-covid policy promossa dal governo di Pechino hanno influito profondamente sulla tenuta socio-economica, erodendo non soltanto il tessuto produttivo ma anche le quotidianità, stressando il malcontento diffuso – per quanto ancora nascosto – tra la popolazione. Nonostante tutto sia costantemente iper-controllato dal regime, sono stati mandati segnali. E tra quelli che hanno più saggiamente recepito questo segnale c’è proprio Xi.

Sicuramente, il 2024 sarà molto significativo per l’evoluzione dei rapporti tra la Repubblica Popolare e la rivale superpotenza statunitense. Il 2023, un anno alquanto turbolento da questo punto di vista, si è chiuso in positivo con un summit tra Xi e il presidente statunitense Joe Biden, e con la riapertura delle comunicazioni tra alti funzionari – tra cui quelle tra militari. I due leader, almeno formalmente, hanno individuato una serie di questioni dove la cooperazione tra i due Paesi sarebbe auspicabile. Ma questo riavvicinamento potrebbe essere molto temporaneo. Le crisi nel Pacifico (non solo Taiwan, ma anche Filippine e Giappone) e la competizione sul piano globale potrebbero dividere ulteriormente il percorso dei due grandi Paesi.

 

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