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Piano con gli annunci sulle tasse. La versione di Visco

Se si vuole incidere sul peso del fisco bisogna ridurre la spesa pubblica, il che è più uno spot che una strada percorribile. E sui paradisi fiscali non c’è molto altro da fare, perché gli strumenti già ci sono, basta solo saperli usare. Il nuovo Patto di stabilità è un clamoroso autogol della Germania. Ma anche dell’Europa. Intervista all’economista, più volte ministro delle Finanze, Vincenzo Visco

C’è un lungo filo rosso che unisce tutti i principali temi economici sollevati da Giorgia Meloni nella conferenza stampa di inizio anno: le tasse. Il premier ha posto alcuni capisaldi in vista della prossima manovra, a cui il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, comincerà a lavorare tra non meno di tre mesi. Primo, la finanziaria 2025 sarà verosimilmente finanziata da tagli alla spesa pubblica e dal probabile minor costo del debito, dal momento che nel corso dell’anno appena iniziato la Banca centrale europea dovrebbe azionare il freno ai tassi. Tradotto, non ci sarà un aumento delle tasse.

Secondo, parte delle risorse potrebbe arrivare, ma qui la strada è più lunga, dalla tassazione dei 200 miliardi di capitali detenuti all’estero, presso i cosiddetti paradisi fiscali. Qui la linea Meloni è abbastanza chiara, ma la sua applicazione non è certo delle più facili: arrivare a regole fiscali comuni in Europa, affinché scompaiano i paradisi e nessuno Stato si avvantaggi ai danni dell’altro. Di tutto questo, nel giorno in cui l’Istat racconta come la pressione fiscale, nel terzo trimestre del 2023, sia risultata al 41,2%, in riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, Formiche.net ha parlato con Vincenzo Visco, economista e più volte ministro delle Finanze.

Partiamo dalla conferenza stampa di Giorgia Meloni. Impressioni della prima ora?

Ho l’impressione che il governo sia in difficoltà su certi fronti. Ma forse è meglio aspettare e vedere.

Il premier ha assicurato che con la prossima manovra non aumenteranno le tasse. Leit motive di circostanza?

Ogni governo gioca sempre la carta delle tasse e lo fa anche questa maggioranza. L’attuale esecutivo si è fissato su concetti di 20 anni fa, e cioè che se si tagliano le tasse va tutto bene, ma questo non ha né senso politico, né senso economico. Vede, il problema è che le tasse servono a sostenere la spesa corrente, che non è come quella per gli investimenti, su cui si può fare debito. E se abbiamo tot spesa, dobbiamo avere tot tasse. Punto.

E diminuire la spesa pubblica vorrebbe dire, allora, tagliare le tasse…

Sì, ma c’è un altro problema. Spesa pubblica vuol dire sanità, difesa, forse dell’ordine. Lei crede che si inciderà su queste voci? Io, francamente, no.

Un altro passaggio della conferenza riguarda la tassazione dei capitali detenuti all’estero e per questo sfuggiti al Fisco. Qui il governo sembra voler puntare a regole comuni, in tutta Europa.

Anche qui bisogna fare chiarezza. L’evasione delle persone fisiche, derivante dal trasferimento di fondi presso i paradisi fiscali, si è molto ridotta a valle degli accordi stipulati anni fa tra i Paesi Ocse e che prevedono il trasferimento automatico dei dati su quei capitali alle autorità. Poi c’è il problema delle multinazionali e delle sedi fiscali. E questo punto dovrebbe essere affrontato dall’applicazione del Pillar 2, ovvero la global minimum tax. Così stanno le cose, non servono riforme o altro. Serve fare leva sugli strumenti che si hanno, a cominciare dalla trasmissione automatica dei dati.

Dopo mesi di negoziati l’Europa ha raggiunto un’intesa politica sul Patto di Stabilità. Lei che ne pensa?

Un disastro, soprattutto per la Germania. Un autogol micidiale di Berlino. In realtà scriverò presto anche di questo.

E allora giochiamo d’anticipo, mi dice il perché di questo disastro o autogol?

Andava fin troppo bene la proposta della Commissione, non dovevamo seguire la linea tedesca e francese, dovevamo sostenere l’idea di Bruxelles. L’Europa è in recessione e noi andiamo a creare un meccanismo deflattivo? La Germania è con le gomme a terra, serve la transizione, la difesa comune, il digitale. Ma come possiamo fare tutto questo con queste regole?

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