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L’imperialismo britannico e la fine della centralità transcontinentale europea. Scrive l’amb. Serpi

Di Paolo Serpi

L’espansionismo britannico in Africa è importante, ma residuale e concentrato nel sud del continente, in forma di controllo delle rotte asiatiche e dell’India, che nel diciannovesimo secolo diventa il centro emblematico dell’Impero. La delimitazione per aree d’influenza è nel sud del mondo con i francesi e a est con i russi. La quarta e ultima parte di una riflessione firmata da Paolo Serpi, ambasciatore, inviato speciale e ora professore alla Lumsa di “Storia e analisi delle crisi internazionali”

L’imperialismo anglo-britannico porta l’orologio della storia geografica dall’Europa al Nord America, dove ancora si trova ostaggio. Svolge questa mossa come ultimo anello delle quattro potenze europee transcontinentali che l’avevano preceduta, con una manovra a tenaglia su 3 secoli, utilizzandole e superandole progressivamente e decisamente.

Segue da presso, ma in sordina, la Spagna, alla fine del 1400, e con un esploratore italiano, Giovanni Caboto, apre alla scoperta del Nord America, poco dopo quella dell’altra America di Cristoforo Colombo, che sarà latina e ispano-portoghese.

Martella e combatte il colonialismo spagnolo nelle Americhe e sulle altre rotte marittime e commerciali per tutto il 1500. Fiaccati progressivamente gli spagnoli, si confronta e compete, imponendosi progressivamente, fra 1600 e 1700,  con portoghesi, francesi e olandesi. Stabilisce quindi   per tutto il diciannovesimo secolo una primazia e un controllo effettivo e globale sul piano politico, militare e commerciale, esteso al mondo.

Ci sono due momenti di sostanziale debolezza politica e militare, in questa storia di grandi successi. Il primo, come accennato, alla fine del 1600, quando gli olandesi con gli Orange si installano sul trono inglese e arrivano a minacciare Londra con la loro flotta. Il secondo, fra la fine del 700 e l’inizio dell’800, con la sconfitta, seguita dalla ritirata strategica dal Nord America, sotto l’azione congiunta dei propri stessi coloni, che ottengono l’indipendenza, grazie anche all’ausilio fondamentale dei loro alleati francesi.

In entrambi i casi comunque queste sconfitte si rivelano unicamente tattiche e finiscono per rilanciare con ancor maggiore efficacia la spinta espansiva del colonialismo britannico. In Europa il mancato successo olandese dopo l’affermazione degli Orange sul trono di Londra, apre al consolidamento britannico, con la fusione delle corone inglese e scozzese agli inizi del 700. In Nord America la secessione degli ex coloni britannici comporta il duplice effetto di dare una nuova e decisiva impronta statuale ai futuri Stati Uniti d’America, consolidando la presenza e la condivisione del Canada come area di stabile influenza anglo-francese.

In parallelo alla gestione problematica del Nord America, l’imperialismo britannico trova nel diciottesimo e diciannovesimo secolo uno sviluppo importante nell’estremo oriente e in Africa, ma soprattutto nell’area del Pacifico, con la progressiva espansione in Australia e in Nuova Zelanda, la cui la colonizzazione acquisisce tratti molto simili a quelli nord-americani, come rifondazione e rinascita della madrepatria.

L’espansionismo britannico in Africa è importante, ma residuale e concentrato nel sud del continente, in forma di controllo delle rotte asiatiche e dell’India, che nel diciannovesimo secolo diventa il centro emblematico dell’Impero. La delimitazione per aree d’influenza è nel sud del mondo con i francesi e a est con i russi. L’Europa sembra perdere progressivamente la sua centralità strategica nel diciannovesimo secolo, dopo le guerre napoleoniche e vede emergere ai suoi margini la nuova conflittualità in un area di saldatura continentale, come la Crimea, fra potenze eredi dell’Imperialismo Romano: Gran Bretagna e Francia da Occidente, Russia e Turchia da Oriente.

Il giro storico-geografico si chiude e due grandi potenze transcontinentali eredi dell’Occidente romano si incontrano e scontrano con l’Impero Russo, erede dell’Oriente romano al di là dei suoi confini orientali, per contendersi le spoglie di quella “terra di mezzo” fra i confini dei due antichi Imperi costituita dall’Impero Ottomano. Non stiamo forse anticipando tanto della Storia che viviamo ai nostri giorni? Dalle crisi delle primavere arabe, alla guerra civile in Siria, al conflitto in Crimea e ai nuovi confini all’est dell’Europa, fra Ucraina e Russia, non vediamo forse un riproporsi di due modelli di civiltà post-romana che ha navigato per mare verso Occidente e per terra verso l’Oriente?

(Quarta parte di una riflessione più ampia che abbiamo pubblicato a puntate su Formiche.net, qui la prima parte, qui la seconda e qui la terza)

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