Skip to main content

Messina Denaro un anno dopo. La svolta antimafia secondo i procuratori Sava e De Lucia

La resilienza delle cosche che si stanno ristrutturando e l’accelerazione delle inchieste sulle stragi di Cosa Nostra: intervistati da Gianfranco D’Anna i vertici giudiziari di Palermo tracciano un’analisi dei bilanci e delle prospettive delle indagini antimafia

Cattura e morte dell’ultimo padrino stragista di Cosa Nostra latitante da 30 anni. Otto mesi, 252 giorni esatti di indagini e blitz antimafia che saranno ripercorsi nell’anniversario della cattura di Matteo Messina Denaro, la mattina del 16 gennaio 2023 in una clinica privata di Palermo, e che rappresentano il baricentro attorno al quale ruota il positivo bilancio dell’azione di contrasto contro delitti e profitti delle cosche che sarà delineato il 27 gennaio dal presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

La scomparsa del boss irredimibile, che ha scelto di spegnersi senza lasciare appigli che consentissero di venire a capo dei molti inconfessabili segreti dei quali era addentro, chiude una pagina di storia criminale ma non rappresenta affatto la fine di Cosa Nostra, sottolineano la procuratrice generale Lia Sava e il procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio De Lucia. “Occorre sia chiarissimo infatti che la cattura di Matteo Messina Denaro non è certo “la fine di Cosa Nostra”- insiste la procuratrice generale Sava, mentre il procuratore Capo della Direzione Distrettuale antimafia De Lucia specifica che “con la cattura del boss non abbiamo chiuso i conti con cosa nostra. L’organizzazione tende costantemente a ristrutturarsi e guarda a nuove occasioni, in particolare nei settori del traffico di stupefacenti ed in quello degli appalti”.

Emozioni e pensieri dei momenti dell’arresto del superlatitante? 

Sava – La cattura di Matteo Messina Denaro ha grandemente emozionato perché rappresentava la definitiva affermazione dello stato di diritto nei confronti dei corleonesi di Totò Riina. Personalmente, avendo in precedenza seguito a Caltanissetta, come pubblica accusa, anche in secondo grado, i processi sulle stragi di Capaci (Capaci bis) e Via D’Amelio (Borsellino quater) ed avendo curato il processo che vedeva proprio Messina Denaro come imputato per quelle stragi, mi sono resa immediatamente conto delle prospettive straordinarie che tale cattura avrebbe aperto.

De Lucia – Il momento in cui io e il procuratore aggiunto Paolo Guido abbiamo ricevuto la notizia della avvenuta cattura è stato indubbiamente importante. Da un lato per la soddisfazione d’avere portato a termine un lavoro lungo e faticoso, iniziato da altri colleghi ed investigatori e durato nel tempo; dall’altro per la consapevolezza che alla fine lo Stato ha dimostrato ancora una volta di essere più forte delle mafie e che il sacrificio di tanti, poliziotti, carabinieri e magistrati uccisi non é stato vano.

Impatto culturale della cattura?

Sava – Un fortissimo impatto culturale perché il messaggio più evidente é stato che, nonostante il clima di omertà ancora, purtroppo, molto diffuso in certe aree del nostro territorio, esiste la possibilità concreta (e la cattura di Matteo Messina Denaro lo ha dimostrato) di scardinare le reti di copertura di ogni latitanza e, conseguentemente, di annientare il tessuto connettivo che le consente.

De Lucia – È importante avere dimostrato che lo Stato é più forte della mafia. Vuol dire far sentire uniti e più forti tutti coloro i quali hanno a cuore la legalità nel nostro Paese e contemporaneamente far constatare ai mafiosi che l’impunità per loro non esiste.

Gli sviluppi delle indagini sul “pianeta mafia” del boss latitante, deceduto il 25 settembre, chiudono la tragica stagione delle stragi di cosa nostra e avviano la svolta definitiva per far luce su tutti gli aspetti ancora oscuri di quegli anni ?

Sava – È forse l’aspetto più importante dal punto di vista di un magistrato requirente. Ho immediatamente compreso che dalla cattura di Matteo Messina Denaro sarebbero scaturiti (e le operazioni dell’ultimo anno della DDA di Palermo lo attestano) ulteriori arresti di personaggi, vicini al latitante, che ne hanno gestito affari e consentito il prosperare della rete criminale a lui connessa, non solo in territorio siciliano ma anche nel panorama italiano ed internazionale. È quindi evidente che, ad un anno dalla cattura, nel corso di questi mesi, abbiamo raggiunto importantissimi traguardi non solo per la cattura in sé ma anche per quello che ne é conseguito in termini di possibile «slancio etico» della società nel suo complesso e per lo sviluppo di ulteriori e produttivi filoni investigativi. Proprio questi sviluppi, integrati con il bagaglio di acquisizioni provenienti da altri contesti di indagine, potrebbero (ed é l’auspicio di tutti noi) consentire la ricostruzione, finalmente a tutto tondo, delle vicende criminali realizzate da cosa nostra nell’arco temporale compreso fra il 1992 ed il 1994.

De Lucia – Dopo la cattura di Messina Denaro, anche, ma non solo, grazie alla documentazione rinvenuta, sono stati avviati importanti procedimenti volti ad individuare l‘intera rete dei suoi favoreggiatori e le sue ricchezze. Nove persone sono già state individuate, poste in custodia cautelare e condannate o rinviate a giudizio. Per altre le indagini sono in corso e, naturalmente, puntano ad acquisire prove che portino alla condanna al di là di ogni ragionevole dubbio, come impone la legge. Per questa ragione, oltre che per la loro naturale complessità, sono ancora in pieno sviluppo. Certo é che non ci siamo mai fermati e non ci fermeremo nel nostro lavoro perché siamo consapevoli che colpire i patrimoni della mafia ha la stessa importanza che trovare le prove per individuare e condannare i mafiosi.

Ulteriori impulsi alle inchieste antimafia?

Sava – Indubbiamente, la pesante carenza di organici di magistrati e personale, che affligge sia la DDA di Palermo che la Procura Generale, rischia di compromettere, nonostante i nostri immani sacrifici, i risultati che speriamo di raggiugere nel prosieguo del contrasto al crimine organizzato ( che utilizza strumenti sempre più sofisticati per la sua azione criminale) e che richiede più uomini e mezzi, con il chiaro fine di sradicare definitivamente Cosa Nostra e la mentalità mafiosa non solo dalla Sicilia, ma dall’intero panorama nazionale.

De Lucia – Come dicevo, cosa nostra si ristruttura  costantemente e punta in particolare al traffico di droga e agli appalti. Per questa ragione non dobbiamo commettere errori e continuare invece ad incrementare in termini di risorse materiali, umane e legislative, lo sforzo contro l’organizzazione mafiosa. Così come – ma tutte le Procure interessate lo fanno in maniera encomiabile – continuare a indagare sul passato, proprio per fare emergere quei segreti che ancora caratterizzano gli anni bui della lotta alla mafia.



×

Iscriviti alla newsletter