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Raid in Yemen. Tutte le reazioni internazionali

L’azione a guida anglo-americana contro bersagli Houthi avvenuta nella notte ha scatenato reazioni diverse. Mentre Riad cerca di calmare gli animi, Ankara usa toni molto pesanti. Intanto, all’orizzonte prende forma una missione europea

Le tensioni nel Mar Rosso hanno avuto un rapido decorso nelle ultime ore, raggiungendo il culmine negli attacchi sferrati durante la notte da unità militari anglo-americane (supportate anche da altri Paesi alleati) contro le postazioni anti-aeree e i sistemi radar houthi siti sulla terraferma dello Yemen. La reazione del gruppo ribelle yemenita, che ha definito “barbarica” l’azione di Londra e Washington e che ha reso pubblica l’intenzione di continuare gli attacchi contro “navi dirette in Israele”, è stata immediata ma non isolata.

“Gli attacchi stanno avvenendo nel tentativo di estendere il pieno sostegno di Stati Uniti e Regno Unito, registrato negli ultimi cento giorni, ai crimini di guerra del regime sionista contro il popolo palestinese e i cittadini assediati di Gaza”, ha dichiarato il ministero degli Esteri di Teheran in un comunicato rilasciato poche ore dopo la notizia degli attacchi, mentre il portavoce del dicastero, Nasser Kanaani, ha definito questi attacchi “una chiara violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dello Yemen e una violazione delle leggi internazionali”.

Poco prima, anche il gruppo libanese Hezbollah (molto vicino a Teheran), ha espresso la sua condanna verso “la palese aggressione anglo-americana” contro lo Yemen, che si è schierato al fianco del popolo palestinese. “L’aggressione americana conferma ancora una volta che gli Stati Uniti sono partner a pieno titolo delle tragedie e dei massacri commessi dal nemico sionista a Gaza e nella regione. È l’unico che continua a sostenere la macchina di uccisioni e distruzione e a coprire la sua aggressione e i suoi crimini e gli attacchi a tutti coloro che sono al fianco del popolo palestinese oppresso in tutta la regione”.

Altrettanto duro è stato il commento del leader turco Recep Tayyip Erdogan, il quale ha condannato gli attacchi affermando che Stati Uniti e Gran Bretagna stiano “cercando di trasformare il Mar Rosso in un mare di sangue”. Erdogan ha definito “sproporzionata” la risposta dei due Paesi occidentali, avvertendo che gli Houthi “stiano mettendo in atto una difesa di successo in risposta all’operato statunitense”.

Di diverso tono è stata la reazione dei Sauditi. Il ministero degli Esteri di Riad ha invitato alla moderazione e ad “evitare l’escalation” dopo gli attacchi, affermando di monitorare con “grande preoccupazione” la situazione: “Il Regno sottolinea l’importanza di mantenere la sicurezza e la stabilità della regione del Mar Rosso, poiché la libertà di navigazione in essa è una richiesta internazionale”.

Nel frattempo, l’Unione Europea ha presentato (anche se prima degli avvenuti attacchi anglo-americani) ai singoli Stati membri una proposta per il dislocamento di “almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree con capacità multi-missione” per circa “un anno” al fine di salvaguardare il traffico commerciale nel Mar Rosso. Ottenendo reazioni differenti: mentre il governo tedesco, tramite il portavoce del ministero degli Affari Esteri Sebastian Fischer, ha ribadito la sua disponibilità a partecipare alla missione, la ministra della Difesa spagnola Margarita Robles ha reso noto che il suo Paese non prenderà parte a questa iniziativa, specificando che Madrid non riceve “pressioni” da nessuno nel prendere decisioni.

Per quanto riguarda la posizione dell’Italia sull’iniziativa europea, l’agenzia di stampa Reuters ha riportato quanto detto da una fonte governativa, secondo cui Roma avrebbe declinato l’invito ad unirsi all’azione militare di questa notte, preferendo piuttosto perseguire una politica “di pacificazione” nel Mar Rosso. Poco dopo è arrivata una rettifica da Palazzo Chigi, secondo cui l’Italia “è stata avvertita dagli alleati con diverse ore di anticipo, ma non le è stato chiesto di prendere parte all’operazione militare”.

“Non possiamo mettere in atto azioni di guerra senza un dibattito in Parlamento”, ha commentato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, sottolineando “il sostegno politico del nostro Paese a questa azione, che è di difesa del traffico marittimo internazionale”. Tajani ha poi ricordato come Roma abbia sottoscritto un documento a favore della libertà di navigazione per battersi politicamente per la libera circolazione marittima.

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