La crisi può sempre diventare un’opportunità se si accetta che esiste una bussola; quella odierna sembra la creazione di un sistema multilaterale, riconoscendo l’importanza di un’etica globale e delle diversità culturali. Per fare questo occorre uscire dal muro contro muro, dalle culture rigide. Una road map per la pace nella riflessione di Riccardo Cristiano
Il problema del mondo del Terzo Millennio è rendersi conto di avere, e non è stato facile trovarla, la bussola per affrontare la sua nuova realtà, ma di non saperla usare, leggere. Così ci stiamo perdendo.
E infatti la bussola di cui siamo dotati dimentichiamo anche di averla: eppure è lì, si chiama Documento sulla Fratellanza Umana, è stata firmata ad Abu Dhabi da papa Francesco e dall’imam dell’università islamica di al Azhar, lo sceicco Ahmad al-Tayyeb, nel 2019, è apprezzata da autorevoli personalità di tutte le fedi. La firma ebbe luogo senza che nessuno sapesse neanche che era stata scritta e che sarebbe stata sottoscritta, il che rende ben chiaro quanto fosse e sia importante. Vale la pena ricordare ai leader del Nord e del Sud del mondo cosa dice, per poi tentare di trovare una road map per la sua attuazione.
Cominciamo, sebbene sia un po’ lungo, ma decisivo, dall’indicare in nome di chi si parla. Dei cattolici e dei musulmani sunniti? Certo. Ma è decisivo come lo si fa, come si arrivi a questo: “In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace. In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera. In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante. In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro Paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna. In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre. In nome della ‘fratellanza umana’ che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali. In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini. In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa. In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede. In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra. In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”. Sembra che sapessero proprio tanto di ciò che ci avrebbe angustiato, rischiando di riportarci ai vecchi schemi, ai blocchi contrapposti. Infatti le guerre dilagano, tanto che nessuno sembra più neanche sapere chi combatte chi.
La scorciatoia che tutti cercano però conduce in un fosso, il metodo per evitarlo è il dialogo. Quindi si chiede ai leader del mondo di “impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”. Belle parole che tutti potrebbero condividere perché non dicono nulla di concreto? No.
Il Documento non nasconde che i valori della fede sono in difficoltà: si afferma infatti di credere “fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti”. La bussola prende forma: per i firmatari il materialismo, tutti i materialismi, non solo quello storico, senza trascendenza ci portano a questa situazione di pericolo. Eppure la modernità, riconosce subito il documento, ha fatto fare importantissimi passi avanti, ma c’è anche un deterioramento dell’etica, del senso di responsabilità. Questo genera disperazione e così ecco l’analisi lucidissima, la situazione a cui siamo giunti: “La storia afferma che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi”. Dunque l’estremismo religioso, nazionale e l’intolleranza sono sul banco degli imputati. Non è poco.
Seguono diverse indicazioni di principio, a partire ovviamente dalla condanna di ogni violenza nel nome di Dio. Voglio ricordarne alcune che mi sembrano decisive:
1) La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.
2) La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano.
3) Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.
4) Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli.
5) Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura.
Il testo prosegue, e lo faccio solo presente per la dovuta sintesi, parlando dei diritti delle donne, a cui dà enorme risalto.
Tutto questo richiede a Oriente e Occidente, a Nord e Sud del mondo, di prendere atto che le loro istanze sono compatibili, questo testo lo ha saputo fare. Dunque a me sembra che il dato che emerge è che nelle relazioni internazionali (per non parlare del tema della vita dentro gli Stati) il multilateralismo sia il criterio per l’epoca nuova, in cui l’Occidente non si senta il padrone del vapore, e il Sud del mondo non si senta l’antagonista di un ordine ingiusto.
Questa impegnativa scaletta impone a mio avviso molti cambiamenti. Io personalmente sentirei in particolare queste come urgenze prioritarie che derivano dalla condivisione di una bussola simile.
A) Sostituire con la guerra di intelligence (che non può essere definita qui, ma è abbastanza nota) la guerra convenzionale come risposta al terrorismo e la rottura reale con le organizzazioni del terrorismo dall’altra.
B) Un rilancio dell’Onu che ponga al suo cuore l’assemblea generale dell’Onu con vincolo dei due terzi come maggioranza richiesta per deliberare.
C) Il rafforzamento dei caschi blu con il ricorso ad una tassazione basata sul Pil di ogni Paese.
Molto altro si potrebbe dire e proporre: dalla cancellazione del debito, al rapporto necessario tra International Labour Office e World Trade Organization. Non si possono affrontare così superficialmente e grossolanamente i problemi del mondo d’oggi, lo so, ma è questa a mio avviso la strada per evitare un ritorno del Novecento. La crisi può sempre diventare un’opportunità se si accetta che esiste una bussola; quella odierna a me sembra la creazione di un sistema multilaterale, riconoscendo l’importanza di un’etica globale e delle diversità culturali. Per fare questo occorre uscire dal muro contro muro, dalle culture rigide.