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Se l’Ue organizza la missione nel Mar Rosso, l’Italia deve esserci. Parla Fassino

Nel caso in cui l’Unione europea organizzi una missione navale in Mar Rosso per garantire la stabilità della zona e l’apertura dei canali commerciali, il nostro Paese non può sottrarsi. In questo senso anche l’opposizione dovrà assumere una decisione responsabile. C’è un pericoloso fil rouge tra Houthi, conflitto a Gaza ed Hezbollah. L’asse del male, finanziato dall’Iran. E il Pd sull’Ucraina? Sarebbe stato opportuno votare il documento della maggioranza. Colloquio con il vicepresidente della Commissione Difesa alla Camera, Piero Fassino

“Mantenere la navigabilità del Mar Rosso è una questione che riguarda la stabilità e la sicurezza mondiale. Per cui, se l’Ue deciderà di inviare una missione finalizzata a ripristinare l’equilibrio in quell’area, penso che anche l’Italia dovrebbe farne parte”. Non ha dubbi, il vicepresidente della commissione Difesa alla Camera, il deputato del Pd Piero Fassino, che nella sua intervista a Formiche.net spiega quale dovrebbe essere secondo lui il ruolo del nostro Paese e fotografa “l’impatto evidente” dell’instabilità nel Mar Rosso e a Suez anche per il nostro sistema economico.

Onorevole Fassino, nell’ipotesi in cui il Parlamento sia chiamato a votare un’eventuale partecipazione dell’Italia a una missione Ue in quelle aree, anche l’opposizione potrebbe sostenere la scelta di prendervi parte?

Sarà innanzitutto opportuno conoscere la linea del governo su questo, anche se mi auguro – in ossequio alla ribadita necessità di una politica estera e di sicurezza comune – che la scelta propenda a favore di una partecipazione attiva dell’Italia. Penso che anche l’opposizione dovrebbe fare una scelta di responsabilità. L’instabilità del Mar Rosso non è una questione circoscritta a quell’area, investe anche la sicurezza dell’Europa.

Secondo lei c’è consapevolezza della portata di questa crisi?

Ci sono degli elementi oggettivi che non possono essere trascurati. La navigabilità del Mar Rosso e del canale di Suez, ribadisco, attengono alla sicurezza e alla stabilità globali. Dal Mar Rosso passa il 15% del commercio mondiale e il 30% del traffico marittimo internazionale. Si tratta di una “vena” di comunicazioni e scambi che non può essere interrotta. Anche perché gli effetti di questi blocchi già li stiamo misurando anche sul nostro sistema economico.

A cosa si riferisce in particolare?

I grandi player di cargo stanno già spostando le rotte. Il problema è che la circumnavigazione dell’Africa comporta il raddoppio della rotta con spese enormi per le compagnie che poi vengono scaricate sul prodotto finale, sia esso energetico o alimentare o di qualsivoglia altra merce. Costi, prezzi e dinamiche inflazionistiche schizzano alle stelle.

In una logica di compattezza europea, se l’Ue dovesse propendere per realizzare una missione navale, l’Italia potrebbe giocare un ruolo importante anche per rimarcare il suo posizionamento in quelle aree in chiave strategica.

È per questo che riterrei poco opportuno non partecipare a un’iniziativa finalizzata a tenere aperta quell’importante via di comunicazione. D’altra parte si ribadisce spesso la necessità di una maggiore coesione europea, di una strategia europea di difesa e sicurezza. È tempo di passare dalle dichiarazioni di intenti ai fatti concreti.

Qual’è secondo lei il legame che intercorre tra conflitto a Gaza e i ribelli Houthi?

Gli Houthi agiscono come hanno sempre agito i pirati in tutte le epoche storiche. Bloccano le navi, impongono riscatti, controllano chiunque transiti per lo stretto di Bab al-Mandab. E si coprono con la “solidarietà con il popolo palestinese” del quale in realtà a loro non importa nulla. Gli Houti sono un’espressione dell’asse “del male” finanziato dall’Iran e che tiene assieme Hamas, Hezbollah, gruppi jihadisti verso cui peraltro non c’è nella comunità internazionale la necessaria ferma reazione. Assistiamo a rappresentazioni che manipolano la realtà e la stravolgono. Trovo sconcertante che si muova l’accusa di genocidio a Israele, quando invece è il Paese aggredito dai terroristi di Hamas con il terribile massacro del 7 ottobre. Si denunciano le condizioni drammatiche in cui si trova popolazione di Gaza dimenticando che quel territorio è stato trasformato da Hamas in una base terroristica con strutture militari volutamente contigue a scuole, ospedali, moschee per utilizzarle come scudo. Così trovo sconcertante che, in omaggio a una regola di burocratica rotazione, l’Iran sia stato eletto presidente di turno del Comitato dei Diritti Umani dell’Onu. Parliamo di un paese che imprigiona, tortura, impicca chiunque dissenta.

Restando sempre in tema di politica estera, ma spostandoci all’altro conflitto – in Ucraina – , hanno fatto discutere le divisioni che si sono registrate all’interno del Pd sul voto della risoluzione della maggioranza per l’invio delle armi a Kiev. Che idea si è fatto?

C’è stato un cortocircuito comunicativo. La Risoluzione presentato dal Pd – e approvata – non aveva alcuna ambiguità: massimo sostegno all’Ucraina, anche sul piano militare. L’equivoco è sorto perché ci si è astenuti sulla risoluzione della maggioranza e quella del terzo Polo che in realtà dicevano cose analoghe a quella del Pd. Personalmente ritengo che si sarebbe dovuto votare a favore: in politica estera bisogna sempre far prevalere l’interesse nazionale, tanto più quando – come sull’Ucraina – nel merito non vi è diversità di posizione.

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