Il premier Meloni è l’unica che, in prospettiva, potrà dare una “casa” politica stabile all’elettorato centrista e moderato, ma il percorso è ancora lungo e non può prescindere da due elementi: serietà e lungimiranza. Alle elezioni europee, raccoglierà anche i voti moderati, ma che si candidi o meno è del tutto irrilevante. Conversazione con l’ex deputato Ferdinando Adornato
Avviluppati nelle dinamiche pre elettorali, presi dal difficile compito del mantenimento degli equilibri, i leader dei partiti di maggioranza e opposizione tendono a dimenticarsi di una fetta importante di elettorato. Il grande polmone centrista e moderato. In un dibattito che sembra sempre più polarizzato, nella contrapposizione tra destra e sinistra, tanto sui territori quanto in Europa, il bacino elettorale “potenzialmente ancora molto ampio” dei moderati non viene probabilmente preso nella giusta considerazione. “Il problema non nasce oggi, ma l’unica che può raccogliere e dare una struttura politica al centro moderato è proprio Giorgia Meloni. Ma il percorso è ancora lungo”, dice in una conversazione a Formiche.net, l’ex parlamentare e saggista, Ferdinando Adornato.
Per ora il ruolo del centro nel dibattito politico è del tutto marginalizzato. Cosa potrà fare, Giorgia Meloni, per dare ai moderati una prospettiva diversa?
Lei in qualche modo ha già catalizzato l’attenzione di una parte di moderati che l’hanno sostenuta. È consapevole di non bastare e non sarebbe neanche auspicabile dal suo punto di vista fare azioni eclatanti per “occupare il centro”. Tuttavia penso sia la sola che potrà, se costruirà un percorso politico serio, politicamente valido in termini di proposte e serietà, a poter dare una casa al centro moderato. Ma, ribadisco, il percorso è molto lungo. Ci vorrà almeno un decennio.
In questo modo, lei suggerisce di uscire dalla prospettiva elettorale.
Certo, lo sguardo per attrarre i moderati deve andare ben oltre la prospettiva della legislatura o del prossimo appuntamento elettorale. Chiunque voglia dare una nuova casa ai moderati centristi deve partire dal presupposto della serietà e deve bandire dal suo vocabolario la parola novità. O meglio, deve rigettare la logica nuovista.
Lei ritiene che quello che fu il terzo polo non possa essere attrattivo per i moderati, in vista delle consultazioni europee?
In quel caso più che di centrismo, parliamo di egocentrismo. È evidente che il progetto di Renzi e Calenda è definitivamente deflagrato e non potrebbe essere competitivo. Ma d’altra parte sono falliti, fino a ora, quasi tutti i tentativi di dare una casa ai moderati centristi.
Ci provò anche Silvio Berlusconi.
La questione del centro è attuale da almeno un ventennio. Berlusconi in parte riuscì a catalizzare i voti dell’elettorato moderato, ma non riuscì a dare loro una nuova casa dopo la scomparsa della Democrazia Cristiana, del Pli, del Pri e del Psi. Proprio perché non riuscì a creare un partito “istituzionale” che rappresentasse un approdo reale per i moderati. Ci provò anche Mario Monti, senza riuscirci.
Lei ritiene che ci sia ancora, dunque, uno spazio politico moderato che andrebbe rappresentato adeguatamente?
Certo, lo spazio politico è tantissimo. L’elettorato moderato, apolide, in questi anni, per lo più – al di là di quello che ultimamente ha appoggiato Meloni – si è rifugiato nell’astensionismo. Che, come vediamo dalle percentuali, raggiunge vette sempre più alte.
Secondo lei Meloni si dovrebbe candidare o no alle Europee?
Il fatto che si candidi o meno, per raccogliere il voto dei moderati, è del tutto irrilevante. La proiezione della costruzione di un partito che possa accoglierli va ben oltre le Europee. Fermo rimanendo che, parte del suo pressoché inevitabile successo elettorale, dipenderà anche dai voti che raccoglierà dai moderati.