Una maiolica commissionata per il centenario della fondazione della Repubblica di Turchia donata ad Ankara nel quadro delle relazioni che intercorrono tra la Repubblica di San Marino e la patria di Ataturk. Il racconto di Giorgio Girelli, ambasciatore di San Marino in Turchia
L’effige dello statista turco Gazi Mustafa Kemal, e il mausoleo eretto in suo onore ad Ankara (Anıtkabir, importante luogo dove i capi di Stato durante le loro visite si recano in omaggio a Mustafa Kemal), arricchiscono il centro del grande piatto realizzato dal ceramista durantino (Urbania, entroterra pesarese) Silvio Biagini per il cui impianto io stesso mi sono adoperato perché la maiolica, commissionata per il centenario della fondazione della Repubblica di Turchia, non assumesse la veste, ancorché di pregio, di un manufatto qualunque, ma recasse una impronta personale per essere poi donata ad Ankara con i rallegramenti “al popolo ed alle autorità turche” per la solenne ricorrenza. Ciò nel quadro delle ottime relazioni che intercorrono tra la Repubblica di San Marino e la patria di Ataturk.
Al riguardo si rammentano ad esempio le mascherine donate dal governo turco a San Marino quando durante la pandemia era assai difficile rinvenirle sul mercato. O, recentemente, la fornitura di una speciale argilla da parte della Turchia ad una rilevante azienda sammarinese che fabbrica ceramiche ad uso industriale, e che rischiava di restare inattiva con gravi conseguenze economiche e sociali dopo la chiusura a causa della guerra del consueto mercato ucraino di analogo, privilegiato e raro prodotto.
Peraltro anche la Turchia vanta una tradizione antica e prestigiosa nell’arte della maiolica. Fin dalla istituzione dell’impero ottomano, agli inizi del XIV secolo, la produzione ha conosciuto un fiorente sviluppo, come nel rinomato caso della città di İznik (Nicea) famosa per i suoi vasi e brocche. Le ceramiche policrome costituiscono il periodo più lungo e di maggior successo di İznik. Sono state fabbricate dalla metà del XVI secolo alla fine del XVII. Fu l’ intervento attivo del sultano, che apprezzava molto la porcellana cinese, ad imprimere al prodotto nel XV secolo un forte incremento qualitativo.
È curioso che nel museo del palazzo Topkapi sono esposti 10000 pezzi di ceramiche cinesi ma non altrettanti di ceramiche di İznik. La gran parte di questi manufatti si trovano in musei al di fuori della Turchia. Sotto Solimano il Magnifico (1520-66) la domanda di ceramiche crebbe enormemente. Giare, lampade, coppe, ciotole e piatti vennero prodotti in grande quantità. Solenni cerimonie sono state organizzate in tutto il territorio nazionale per il centenario della Repubblica fondata appunto dal generale e statista Gazi Mustafa Kemal, e, dal 1934, “Ataturk” (Padre dei Turchi), cognome a lui assegnato dal Parlamento.
Dopo la sconfitta dell’Impero durante la Prima guerra mondiale Mustafà Kemal guidò i soldati turchi nella lotta per l’indipendenza e respinse l’invasione greca e sconfisse le potenze che occupavano l’Anatolia. Quindi depose il sultano Maometto VI (1922) e divenne leader del Partito Popolare Repubblicano.
Restò presidente della Repubblica fino alla sua morte avvenuta nel 1938 e in 15 anni approvò riforme che cambiarono radicalmente e per sempre il Paese. Diede il diritto di voto alle donne, introdusse l’alfabeto latino in sostituzione dei caratteri ottomani, incoraggiò la popolazione a vestirsi seguendo uno stile moderno e occidentale. Adottò pure il calendario gregoriano e un orologio in linea con gli standard europei. Abolì il diritto canonico islamico e promosse la laicizzazione dello Stato.
Biagini ed altri suoi colleghi, legati all’ antica e nobile tradizione maiolicara, cercano di mantenere viva l’arte che nell’antica Casteldurante, sede estiva dei Duchi di Urbino, nel XVI secolo era l’attività artistica ed artigianale più importante, con decine di maestri che nelle loro “botteghe” producevano tra le più belle maioliche del Rinascimento sia per invenzione di decorazioni che per raffinatezza del genere pittorico narrativo. Oggi la maggior parte delle maioliche di “Casteldurante” è conservata nei più rinomati musei del mondo. Condividendo l’intento dei maiolicari il comune di Urbania ha promosso un corso per “maestro ceramista” per il quale è prevista la collaborazione dei maestri ceramisti della Bottega d’Arte “L’Antica Casteldurante” e l’associazione “Amici della Ceramica”. I corsi saranno tenuti dai maestri artigiani Gilberto Galavotti e Giuliano Smacchia.
L’iniziativa avviene in coincidenza con le manifestazioni, nel corso di quest’anno, per il mezzo millennio dalla nascita (1524) dell’architetto e ceramista durantino Cipriano Piccolpasso. Questi è celebre, oltre che per le sue opere di architetto e per scritti storici e accademici, soprattutto per “ I tre libri dell’arte del vasajo”, trattato manoscritto intorno all’arte della maiolica.
Tali “Libri” sono corredati di oltre centottanta disegni didascalici. Vi si descrivono con precisione di dettagli il processo di fabbricazione della maiolica, la preparazione delle paste, degli smalti, dei colori, la cottura e la decorazione, quest’ultima esemplificata da magnifiche tavole allora più in uso. Sembra che Piccolpasso sia stato spinto a mettere per iscritto i segreti della maiolica per assecondare le preghiere rivoltegli dal cardinale François de Tournon, arcivescovo di Lione che soggiornò a Casteldurante tra il 1556 e il 1557.
Verso la metà del Settecento, dopo vari passaggi, risulta che l’opera sia stata in mano del cardinal Giovanni Francesco Stoppani legato di Urbino e del suo uditore Giovan Battista Passeri, che la utilizzò largamente per la sua Istoria delle pitture in majolica fatte in Pesaro e ne’ luoghi circonvicini, edita in Venezia nel 1758. Finché, trascorse altre vicende, il manoscritto fu acquistato nell’inverno 1860-61 da John Charles Robinson (“Robinson was able to acquire it in 1861 from its Italian owner Giuseppe Raffaelli (1785 – 1878)”, Victoria and Albert Museum), conservatore del Victoria and Albert Museum di Londra, nella cui Biblioteca tuttora viene conservato (ms. MSL.1861.7446). Prima che i “Libri” lasciassero l’Italia, erano state riprodotte alcune copie più o meno fedeli: una di queste servì per la prima edizione a stampa, pubblicata a Roma nel 1857, ottenuta proprio dall’originale per volontà di Giuseppe Raffaelli e di monsignor Bonifazio Cajani, vescovo di Cagli. L’edizione fu impiegata a sua volta per l’ottima stampa parigina del 1860, per interessamento dell’architetto Claude Popelin, cui seguì una seconda italiana, stampata a Pesaro nel 1879, a cura di Giuliano Vanzolini.