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IA e lavoro, tutti gli errori da non commettere secondo Martone

Volenti o nolenti, l’Intelligenza Artificiale rappresenta un cambiamento epocale che modificherà profondamente il mercato del lavoro, senza tuttavia demolirlo del tutto. Per questo non c’è spazio per un dibattito locale. E meno male che il governo italiano lo ha capito. Colloquio con il giuslavorista, saggista e già viceministro Michel Martone

Quale sarà l’impatto e le conseguenze dell’Intelligenza artificiale sul mercato del lavoro? Non è detto che sia per forza di cose un guaio, anzi. Basterebbe, fa capire Michel Martone, giuslavorista, saggista con un passato non troppo lontano da viceministro del Lavoro, saper usare bene i comandi per fare dell’Intelligenza Artificiale un valido alleato.

“Credo che oggi sia molto difficile prevedere quale sarà l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro, non siamo ancora in grado di stabilire con certezza una qualche forma di portata”, premette Martone. “Sicuramente andiamo incontro a un riassetto del mercato del lavoro, delle professioni. Se da un lato i robot hanno sostituito il lavoro manuale degli uomini, l’IA sostituirà quello intellettuale. Va da sé che cambieranno alcuni lavori e ne nasceranno di nuovi. Dobbiamo prepararci”.

Già, ma come? “Aumentando i corsi di formazione, per andare sempre di più nella direzione della creatività, dell’emotività. La storia, d’altronde, ci insegna che l’innovazione non può essere bloccata, anche perché rispunta sempre da qualche parte. Ma può essere governata e messa a sistema. In questo senso ha fatto molto bene l’esecutivo italiano a mettere l’Intelligenza Artificiale al centro dell’agenda, anche del G7, perché è chiaro che un cambiamento epocale come questo vada governato strutturato. Non dimentichiamoci mai che l’Intelligenza Artificiale non ha un’etica e questo non fa altro che rafforzare la necessità di affrontare la questione”.

Viene quasi da sé un paragone con lo smart working, a cui Martone stesso ha dedicato alcuni studi, poi racchiusi in un saggio. Immaginare una regolamentazione sull’IA, al pari di quella del lavoro da remoto, è possibile e auspicabile? “Credo che il dibattito in merito vada sviluppato e strutturato su base europea e non solo nazionale. Questo perché il fenomeno dell’IA, che è un passaggio epocale, interroga l’intero genere umano. Tanto basta a non commettere l’errore di confinare il confronto su possibili forme di normazione alla sola Italia. Un fenomeno che riguarda il globo va discusso a livello globale”.

Il discorso si sposta poi sull’andamento del mercato del lavoro in Italia, dal quale sembrano giungere segnali incoraggianti. “Il mercato tira, tira alla grande, l’occupazione va molto bene. Il punto sono semmai la qualità e il livello delle retribuzioni, ambedue ancora troppo bassi. In questo senso è importante che si intervenga per aumentare le retribuzioni, ma senza strangolare le imprese. Il modo migliore è intervenire per arrivare all’efficacia essenziale della contrattazione collettiva. Altrimenti, si può arrivare con interventi di legge tout court, ma allora sarebbe importante che si cominciasse prima, in via sperimentale, intervenendo nei settori nei quali il rischio di una retribuzione troppo bassa è elevato”.

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