L’ad di Stellantis fa sapere al governo che se vuole programmi di sviluppo in Italia deve sborsare miliardi di euro pubblici per tornare ai momenti di massima produzione. Proposta che ci riporta a 30 anni indietro. L’esecutivo risponde di essere disposto ad entrare nel capitale della società, nella stessa condizione del governo francese. Vedremo cosa accadrà per tutelare le fabbriche italiane, peraltro quasi tutte nel centro sud. L’opinione di Raffaele Bonanni
Non si parlava più da molti anni di Stellantis, almeno da quando è stata costituita con i francesi che hanno ereditato un patrimonio industriale plasmato magistralmente da Sergio Marchionne con la ricostruzione di Fiat e della statunitense Chrysler.
Da quando i francesi hanno preso in mano ogni leva di comando della società, i programmi di sviluppo ed occupazione si sono dimostrati molto svantaggiosi per gli italiani al contrario di quelli dei nostri cugini d’Oltralpe. Ed infatti con il nuovo assetto abbiamo perso circa 10mila posti di lavoro, le produzioni si sono ridotte a più del 30%, gli investimenti per le auto elettriche vengono programmate non per produrle in Italia.
Ed intanto coloro che sono abituati a vedere pulci anche dove non ci sono, miracolosamente non hanno nulla da dire su ciò che sta accadendo. Anzi se Carlo Calenda sottolinea le evidenti disattenzioni e silenzi inediti di chi ha fatto molto rumore in passato addirittura contro investimenti assai positivi per Fiat, si becca anche una denuncia da Maurizio Landini per supposti discrediti. Ma sono fatti assai chiari anche quelli sottolineati dal presidente Giorgia Meloni.
Quelli della mancanza di vigilanza sospetta che ci riconduce invece a ricordare ben altro comportamento quando Marchionne trovò i finanziamenti per 6 miliardi di euro per ammodernare gli impianti robotizzati per incrementare la competitività delle auto nel mercato internazionale. Ebbene costoro invece di applaudire organizzarono un vero quarantotto.
Si mobilitarono contro banche che si videro scalzate dalla finanza americana pronta a crediti a bassi interessi, alcuni imprenditori invidiosi di Marchionne, quei partiti all’epoca snobbati, in passato sempre pronti ad offrire soldi di pantalone in cambio di favori. Al loro fianco si schierarono buona parte dei media legati a quegli imprenditori, a quelle banche a quei partiti, e la Fiom di Landini. Se si vanno a rileggere i lunghi e ruvidi resoconti di quelle cronache, si potranno ben notare surreali annunci di fallimento del piano industriale da parte loro e sviluppi disastrosi per i diritti dei lavoratori. Come si sa, poi tutti smentiti dai fatti senza che nessuno poi abbia chiesto scusa.
I dipendenti Fiat furono gli unici a essere favorevoli, con i vittoriosi referendum in ogni fabbrica del gruppo, con il sostegno di Cisl e Uil. Ora l’ad di Stellantis fa sapere al governo che se vuole programmi di sviluppo in Italia deve sborsare miliardi di euro pubblici per tornare ai momenti di massima produzione. Proposta che ci riporta a 30 anni indietro, seppur con prontezza il governo risponde di essere disposto ad entrare nel capitale della società, nella stessa condizione del governo francese. Vedremo dunque cosa accadrà per tutelare le fabbriche italiane peraltro quasi tutte nel centro sud. È un bene farlo, come capire perché taluni si mettono contro o a favore a prescindere degli interessi generali.