Skip to main content

Quel mix che fa bene alla bolletta

Negli ultimi tre anni il settore energetico ha visto quattro grandi “terremoti” che ne hanno cambiato, stanno cambiando o cambieranno gli scenari futuri a livello globale: lo shale gas negli Stati Uniti; la crisi finanziaria che ha causato un crollo dei consumi energetici; l’incidente della centrale nucleare di Fukushima e gli eventi politici in Nordafrica e Medio Oriente. Il peso dell’elettricità è sempre più importante per la “fame” di energia dei Paesi in via di sviluppo.
A livello Italia, nel settore energetico siamo dipendenti per oltre l’86% dalle importazioni e nel settore elettrico l’80% dell’energia viene da combustibili fossili contro il 65% del mondo ed il 55% dell’Europa dei 27.
Per la produzione di energia elettrica il mix con niente nucleare, poco carbone e tanto gas è costoso e con rischi di sicurezza degli approvvigionamenti.
 
L’Italia si trova sempre più compressa tra due “forze opposte”: ridurre per mantenere competitivi i costi dell’energia; riuscire a raggiungere i tre obiettivi al 2020 “obbligatori” per la Ce e cioè: riduzione del 20% delle emissioni di CO2, 17% dei consumi da fonti rinnovabili, 10% dei combustibili dei trasporti da biomasse. L’obiettivo non obbligatorio (riduzione dei consumi del 20% tramite l’efficienza energetica) potrebbe/dovrebbe essere la chiave di successo per rendere meno onerosi i tre obiettivi obbligatori.
Qual è la nuova situazione dell’Italia a seguito di un referendum sul nucleare che non si è nemmeno stati capaci di “rinviare” con legge adeguata in modo che non avvenisse in un particolare momento “emotivo” e senza aver effettuato in tre anni un’informazione super partes e senza un coinvolgimento bipartisan indispensabile per il successo? A mio modo di vedere l’aver scartato un’opzione valida per un Paese senza risorse energetiche non è stato saggio.
 
E le rinnovabili cosa danno e cosa potranno dare e a che costi?
L’Italia ha svolto nel settore una politica di prevalente sostegno alle rinnovabili elettriche, trascurando quelle termiche che solo da poco sembrano rivalutate… sperando di poter definire un minimo spazio di incentivazione anche per loro. Non è stato fatto un approccio globale di considerare tutte le alternative, bilanciando gli incentivi in un’ottica di “costi-benefici” sia in termini di risorse primarie evitate e di costi di CO2 non emessa con un approccio congiunto tra rinnovabili ed efficienza energetica. Si è fatta una politica legata a “ideologie” e lobby particolari e trasversali, con leggi continuamente modificate nel tempo (basti pensare ai certificati verdi ed al conto energia). Confinandoci al settore elettrico ci troviamo ad avere circa 30 TWh, 1/3 da fotovoltaico, 1/3 dal vento ed 1/3 da biomasse con un’evoluzione “abbastanza certa” per il fotovoltaico che si “mangia” la parte prevalente degli incentivi e tutto da definire per il resto.
 
Ma quanto incidono gli incentivi delle rinnovabili elettriche che vanno direttamente sulla bolletta con la tariffa A3 o indirettamente? Considerando che la tariffa A3 non si applica in parte a energivori e autoconsumi, essa graverebbe su meno di 250 TWh dei 320 totali. Gli almeno 6 miliardi (a fine 2011) di euro all’anno dovuti alle rinnovabili graveranno per quasi 20 anni e per circa 25 €/MWh sulle tariffe delle imprese e dei privati cittadini. Oggi le imprese “normali” (senza sconti particolari di interrompibilità e altri) collegate in Alta tensione pagano circa 100 €/MWh, quelle in Media tensione circa 130 e quelle in Bassa circa 170; risulta chiaro l’aumento ad oggi dei costi dell’elettricità del 25% per i clienti At, del 20% per clienti Mt e del 15% per clienti Bt.
 
Per noi a casa che paghiamo l’Iva e circa 250 €/MWh, per i 2700 kWh di consumo medio pagheremo circa 70 €/anno per gli incentivi. Ma non è finita: il fotovoltaico salirà a breve a circa 7 miliardi di euro e aggiungendo eolico e biomasse si arriverà a circa 10 miliardi e quindi a moltiplicare per 1,6 volte le incidenze sopra riportate. Occorre anche notare che gli aumenti della bolletta elettrica sono un notevole contributore alla crescita dell’inflazione.
E tutto questo non tiene in conto i costi addizionali al sistema elettrico creati dalla volatilità di eolico e fotovoltaico e la loro difficile prevedibilità.
E tali costi salgono con l’aumentare della percentuale delle rinnovabili che hanno priorità di dispacciamento e pongono seri problemi ad un efficace utilizzo di centrali convenzionali che richiedono nuove regole di mercato con il capacity payment con il quale si paga la disponibilità di capacità, non risultando remunerativa una vendita di energia. L’elettricità da biomasse minimizza tali problemi, ma ne crea per l’ambiente e le industrie del legno e l’agricoltura.
 
Tutto questo porta verso un costo sempre maggiore dell’energia elettrica per raggiungere al 2020 a livello europeo una riduzione del 20% della CO2, riduzione che corrisponde al 2% delle totali emissioni mondiali. Senza quindi risolvere il problema rischiamo di porre l’Europa al di fuori di una competitività sempre più globale, creando problemi sociali. L’illusione di essere gli unici grandi fornitori di tecnologie “CO2 free” penso sia stata già dimostrata una chimera pure per la Germania dove anche lì la maggioranza dei pannelli fotovoltaici installati viene dalla Cina.
 
Ma allora cosa fare? Rivalutare le rinnovabili termiche (pannelli per acqua calda, pompe di calore, ecc.) e l’efficienza energetica in tutti i settori.
Questo non è per uccidere l’eolico (che risulta il più economico) o il fotovoltaico che in realtà ha creato indotto e lavoro (anche se il 45% dei 2500 €/kW per grossi impianti va all’estero… ma anche per i turbogas del ciclo combinato). Occorre però pensare e presentare tutte le alternative con dati, numeri e fatti e tra questi la chimera di una vera grid parity a breve, tenendo in conto i sovra-costi al sistema dalle aleatorie rinnovabili.
In ogni caso non esiste, come direbbero gli americani, un “silver bullet”, ma bisogna tenere sul tavolo tutte le possibili risorse, ed ahimè anche il nucleare, adattando il loro mix all’evoluzione delle tecnologie per una soluzione che sia la più conveniente per il Paese, considerando costi e quindi competitività, sicurezza degli approvvigionamenti e ricadute industriali.


×

Iscriviti alla newsletter