Siamo calati in un circolo vizioso, con tutta evidenza destinato a rendere la politica sempre più impotente ed impopolare. Uscirne non sembra possibile. Limitarne gli effetti lo sarebbe, ma servirebbero leader seri o classi dirigenti politiche capaci di opporsi ai propri leader nel loro e nel proprio interesse di medio, lungo periodo. Il commento di Andrea Cangini
Solipsismo, parola complessa di antico conio latino. Indica l’atteggiamento di chi riconduce a sé ogni aspetto della realtà, ignorando il contesto in cui si trova e prescindendo radicalmente dagli interessi, dalle sensibilità e dai problemi altrui. Si può serenamente dire che il solipsismo sia il morbo che più affligge il sistema politico italiano odierno, senza particolari distinzioni tra destra, centro e sinistra. Ma si tratta di una forma acuta ed esasperata di solipsismo. Una patologia che non si limita ad indurre i singoli leader politici a coltivare in via esclusiva il proprio interesse personale o di parte, ma li spinge a deleggittimarsi a vicenda e ad accreditare una realtà che non c’è: una realtà virtuale, inventata, falsa.
Gli esempi non mancano. Si inseriscono a pieno titolo in questo filone il duplice canone narrativo di Giorgia Meloni nella propria dimensione nazionale ed europea (leader antagonista di destra in Italia, leader istituzionale e moderato a Bruxelles) così come l’atteggiamento impositivo con cui tratta gli alleati, mettendoli spesso di fronte al fatto compiuto e negando, secondo il sempreverde schema “o con me, o contro di me”, ogni spazio di dialogo e confronto. Ancor più lampante la caratura solipsistica di Matteo Salvini, quotidianamente impegnato in operazioni corsare di sabotaggio da destra dell’immagine di Giorgia Meloni e sistematicamente proteso ad accreditare nelle piazze un’identità politica che nulla ha a che vedere con le posizioni formalizzate nel Palazzo. Dalla guerra in Ucraina alle politiche agricole, dalla politica fiscale al contenimento dell’immigrazione clandestina, è questa la regola.
A sinistra il fenomeno è lampante. Il confronto tra il camaleontismo di Giuseppe Conte e l’indecisionismo di Elly Schlein è inequivocabilmente improntato su canoni solipsistici. Si muovono entrambi come se non avessero un passato, una radice, un contesto. Dunque un senso di marcia. Ed entrambi si muovono come se ogni fantasticheria programmatica fosse possibile (dalla pace in terra al benessere universale) attribuendo, a seconda dei casi, alla malvagità delle destre o alla viltà degli alleati la mancata realizzazione dei più accattivanti tra i loro sogni.
Solipsistica, naturalmente, è la postura politica di Matteo Renzi e di Carlo Calenda. I due leader alludono alla possibilità di un centro autonomo in spregio alla realtà di un sistema elettorale ed istituzionale bipolare. Occhieggiano alla possibilità di un centro unito in evidente contraddizione col narcisismo che di entrambi è elemento caratterizzante.
Si è giunti a tale esasperazione solipsistica a causa di diversi fattori: la crisi dei partiti politici, lo sradicamento delle culture politiche, il presentismo e le falsificazioni tipici dei social. Fenomeni epocali. Fenomeni che esaltano la naturale tendenza solipsistica dei leader politici, che a sua volta esalta le tendenze innescate da tali fenomeni.
Siamo, così, calati in un circolo vizioso, con tutta evidenza destinato a rendere la politica sempre più impotente ed impopolare. Uscirne non sembra possibile. Limitarne gli effetti lo sarebbe, ma servirebbero leader seri o classi dirigenti politiche capaci di opporsi ai propri leader nel loro e nel proprio interesse di medio, lungo periodo.