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Tutti tranne la Cina. Così i fondi snobbano il Dragone

I grandi gestori americani di Etf che puntano sui mercati emergenti, dopo aver drenato capitale dalla Repubblica popolare, ora lo dirottano su altre piazze. Ma non quella cinese

Mettere all’angolo la seconda economia globale non capita tutti i giorni. Ma se si perde la fiducia del mercato, allora tutto è possibile. La Cina non riesce più a dare un buon motivo agli investitori per scommettere sul proprio futuro. La prova sono le varie fughe di capitali viste in questi ultimi mesi, veri e propri disimpegni in massa che hanno depotenziato le piazze finanziarie del Dragone, a cominciare da Shanghai e Schenzen. Ora però se possibile va anche peggio.

Gli investitori americani che tradizionalmente puntano sui mercati emergenti stanno infatti accaparrandosi grosse quantità di capitale, tagliando però fuori di netto la Cina. In particolare, il flusso di denaro riguarda il campo degli Etf, exchange-traded fund, un tipo di fondo d’investimento quotato in borsa, a responsabilità limitata per i soci che vi partecipano con la compravendita di azioni. Ebbene, tale afflusso netto di capitali in otto Etf legati ai mercati emergenti, ma senza annoverare la Cina, è più che triplicato raggiungendo i 5,3 miliardi di dollari lo scorso anno rispetto all’anno precedente.

Ciò è avvenuto perché 55 Etf focalizzati invece sulla Cina hanno a loro volta subito deflussi netti per 802 milioni di dollari nel 2023, rispetto agli afflussi di 7,5 miliardi di dollari dell’anno precedente. Tradotto, una grossa quota del denaro fuggito dalla Cina per mano degli investitori Usa ha preso la rotta di altri mercati concorrenti del Dragone. Un cambiamento netto della domanda che ben sottolinea come gli investitori globali stiano riducendo l’esposizione verso la Cina, che è stata per lungo tempo il baricentro della maggior parte dei portafogli dei mercati emergenti.

“La correlazione delle azioni cinesi con gli altri principali mercati emergenti è completamente crollata negli ultimi anni”, ha affermato David Dali, responsabile della strategia di portafoglio presso Matthews Asia, un gestore patrimoniale con sede a San Francisco che investe in Cina e altri Paesi in via di sviluppo. “C’è sicuramente una percentuale dei nostri investitori che preferisce non avere affatto la Cina nei propri portafogli”. Pochi giorni fa, come raccontato da Formiche.net, un report dell’Atlantic Council ha fatto luce sul collasso della fiducia dei mercati verso la Cina.

“Il crollo di lunga durata delle azioni cinesi ha spazzato via trilioni di dollari di investimenti e ha inferto un altro colpo a un’economia afflitta da crisi immobiliare, crescita lenta e deflazione”, è l’incipit di un report firmato da Jeremy Mark. “Potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso per gli investitori istituzionali stranieri, che un tempo vedevano la Cina come una destinazione essenziale. Il colpo assestato alle piazze di Shanghai, Shenzhen, Hong Kong e New York ha raggiunto circa 7 trilioni di dollari dall’inizio del 2021. Anche se i prezzi delle azioni hanno registrato una lieve ripresa negli ultimi giorni, quando Pechino ha adottato misure per porre un limite al mercato, il profondo disincanto degli investitori rimane”.

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