Ci può essere una strategia per mettere in ombra gli “alleati scomodi”, ma non potrà mai essere esplicita. La premier Meloni e la segretaria dem, Schlein trovano una convergenza (anche) per conquistarsi il palco e riconoscendosi come avversarie dirette e oscurare Conte e Salvini. Perché conviene a entrambe candidarsi alle europee. Conversazione con lo spin doctor di Arcadia, Domenico Giordano
Ne resteranno soltanto due. Si sono in qualche modo scelte: come avversarie ma anche come interlocutrici per eventuali punti di accordo. Come è accaduto qualche giorno fa sul documento legato al conflitto in Medio Oriente proposto dal Pd e approvato dall’Aula. La premier Giorgia Meloni e la segretaria dem Elly Schlein hanno trovato una “convergenza che incuriosisce, forse anche più di quell”amore’ mai del tutto svanito tra il leader leghista Matteo Salvini e l’ex premier grillino Giuseppe Conte”. Lo dice a Formiche.net lo spin doctor di Arcadia, Domenico Giordano che inquadra il duello tra le due leader sotto un profilo strategico ed elettorale in vista delle consultazioni di primavera.
C’è da parte di Meloni e Schlein una strategia per marginalizzare gli “alleati scomodi” e conquistarsi la scena senza doverla condividere con altri?
Non credo ci sia una strategia esplicita, ma è possibile che tra gli obiettivi della segretaria dem e della premier ci possa essere anche quello di mettere in ombra eventuali competitor, benché della stessa area, e affrontarsi direttamente cercando di rafforzare le singole leadership. Ma, torno a dire, è più curiosa la convergenza tra Meloni e Schlein piuttosto che quella tra Conte e Salvini.
Che cosa intende dire?
Facciamo un passo indietro cercando di analizzare la situazione nel centrodestra. Nonostante Salvini e Meloni appartengano alla stessa coalizione, la rivalità fra le due leadership non si è mai spenta. Anzi, in vista della scadenza elettorale questo processo di divaricazione sarà sempre più marcato anche in termini comunicativi. Ed è in questa ottica che vanno lette le convergenze occasionali di Meloni con Schlein e di Salvini con Conte. Benché questi ultimi abbiano già una storia alle spalle: l’esperienza comune al governo.
Cosa resta dell’esperienza del Conte I?
Tra Movimento 5 Stelle e Lega ci sono molti terreni comuni. Conte e Salvini, seppur da prospettive differenti, cavalcano gli stessi registri di natura populista. Ed è anche su questo che si nota la differenza tra il leder leghista e la presidente del Consiglio.
Sì, ma alla fine saranno i voti a contare. Per cui, elettoralmente, qual è il gioco che conviene?
Dipende dall’elettorato a cui ci si rivolge. Il “popolo” di Giorgia Meloni non è più solo quello che l’ha sostenuta per arrivare alla guida del Paese. Si sta infatti assistendo a un profondo mutamento: gli elettori di FdI stanno cambiando pelle. Stanno diventando in qualche misura più “istituzionali”. In questo sono coerenti al percorso che ha fatto Meloni. Così come l’elettorato salviniano segue il proprio leader che non si è mai, fino in fondo, immedesimato appieno nella postura istituzionale. Di qui la divaricazione, anche comunicativa, nel tentativo di arrivare ad accaparrarsi più voti.
Torniamo al rapporto Meloni-Schlein. Conviene a entrambe candidarsi alle europee?
Assolutamente sì, ma per motivi differenti.
E quali sono?
Meloni candidandosi alle europee e – ragionevolmente – conquistando un buon risultato, potrebbe rafforzare ulteriormente la sua leadership sia interna che esterna. A Schlein conviene perché, in caso di un risultato soddisfacente, potrebbe mettere a tacere molti malumori interni al partito. Tanto, bene o male che vada, al “patibolo” ci andrà comunque.
Sarà sempre di più un duello al femminile…
Certo, Meloni in qualche misura legittima Schlein come interlocutrice e avversaria diretta. Mentre alla segretaria dem convengono queste “attenzioni” di Meloni anche in chiave comunicativa. È come se Schlein “brillasse” grazie alla luce riflessa della premier.