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L’atomica di Mosca è un deterrente. Boschetti spiega perché

Secondo il ricercatore della Cornell University, Mosca ha cercato di controbilanciare la superiorità occidentale dal punto di vista satellitare puntando proprio sulla sua dipendenza dai sistemi spaziali. Limitandosi a mandare un messaggio. Almeno per ora

Nei giorni scorsi in Occidente si è diffuso l’allarme sul lancio di un ordigno nucleare nell’orbita extra-terrestre da parte della Federazione Russa. Tuttavia, non vi sono ancora conferme certe al riguardo. Qualora fosse vero, come cambierebbe il panorama strategico-politico? Nicolò Boschetti, ricercatore in Sicurezza dei sistemi spaziali presso la Cornell University ha accettato di analizzare la situazione per Formiche.net.

Secondo quanto riportato da alcuni media, Mosca avrebbe lanciato un ordigno nucleare nello spazio. Quanto avvenuto è una violazione dell’Outer Space Treaty o no?

Secondo l’Outer Space Treaty non si possono dislocare armi nucleari nello spazio, siano esse in orbita o sulla superficie di un qualsivoglia pianeta che non sia la Terra. In generale, non si possono posizionare armi di distruzione di massa fuori dall’atmosfera. Tuttavia, ancora non sappiamo se quella di Mosca sia stata un’effettiva violazione del Trattato: non si sa se quel razzo Soyuz abbia lanciato o meno materiale nucleare e quale sia la sua natura. Ricordiamoci che è dagli anni ’70 che si trasporta materiale radioattivo nello spazio per fini diversi. C’è una convenzione a livello Onu che prevede la registrazione di qualsiasi satellite lanciato: se si dichiara che contiene materiale nucleare, il quale è però finalizzato a compiti diversi rispetto alla detonazione di un ordigno, non c’è nessun problema. Se per esempio la Russia stesse semplicemente testando un sistema di propulsione nucleare, non ci sarebbe alcuna violazione.

Washington non potrebbe reagire imitando la mossa di Mosca?

Potrebbe, teoricamente. Ma se gli Stati Uniti lo facessero darebbero il colpo finale al diritto spaziale internazionale. Quest’ultimo è infatti regolato da pochissimi trattati e da antiquate poche regole. Infrangere una di queste sarebbe estremamente dannoso soprattutto per gli Stati Uniti. La Russia può permettersi di uscire dall’Outer Space Treaty, data la loro attuale condizione di pariah internazionale, esattamente come successo con lo Start. Sono anche quelli che hanno meno da perdere, visto che il loro programma spaziale è al momento meno attivo rispetto a quello di Cina e Usa, mancando di una vera economia spaziale domestica. Non penso quindi che gli Usa vogliano o possano mettere un ordigno atomico nello spazio.

Ma così si raggiungerebbe un “equilibrio del terrore” come quello esistente sulla terra, che limita reciprocamente l’effettivo impiego delle armi nucleari

Nello spazio come sulla terra, non è possibile sapere con certezza che le armi nucleari non verranno mai usate, anzi. Bisogna sempre sperare nel buonsenso delle persone. Però sì, una bomba nucleare può essere messa in orbita per rimanerci cinque, dieci, venti anni, e detonare all’occorrenza. La cosa interessante è che sulla terra abbiamo la Mutual Assured Destruction: tanto la Federazione Russa quanto gli Stati Uniti e i suoi alleati dispongono di sufficienti capacità nucleari per garantire l’annichilimento dell’avversario, sia nel caso di first strike che nel caso di second strike. Queste capacità sono in un certo senso una garanzia sul non utilizzo delle stesse. Nello spazio invece, se un solo attore (presumibilmente Mosca) dispone di capacità nucleari non c’è nessuno tipo di MAD, almeno nel breve periodo. E anche se gli Stati Uniti, la Nato o qualsiasi altro attore occidentale mandasse un’atomica nello spazio, dobbiamo considerare il rispettivo numero di satelliti attivi in orbita: la Russia ne ha circa 200 mentre l’Occidente ne ha complessivamente oltre 3000. E mentre il blocco occidentale utilizza trasversalmente i satelliti per funzioni militari, partendo dal piano tattico e arrivando fino a quello strategico, la Russia lo fa in misura minore: la struttura militare russa è molto meno dipendente dagli asset satellitari rispetto alla controparte occidentale. Questo implica un diverso grado di sacrificabilità. Più si lanciano nuovi satelliti, più si diventa dipendenti da essi. Siamo in una nuova epoca, non di deterrenza nucleare, ma di deterrenza satellitare all’interno dello space warfare attraverso mezzi nucleari.

Non si possono proteggere i propri satelliti dalla detonazione di una bomba atomica?

Non c’è modo, fisicamente, di difendere in modo completo un satellite da un’esplosione nucleare ad alto potenziale. Puoi schermarli dalle radiazioni cosmiche e solari, ma l’impulso elettromagnetico generato da una bomba nucleare avrebbe effetti devastanti sulle componenti elettroniche di un satellite. Una delle cose che gli Usa potrebbero fare per tutelarsi contro un asset del genere è hackerarlo: tutti i sistemi satellitari possono essere hackerati, è solo una questione di difficoltà e volontà. Se Mosca ha un satellite equipaggiato con un ordigno atomico, questo deve avere almeno un’antenna ed un computer. Entrando in quel computer, si può prevenire la detonazione. L’alternativa è garantire una rapida sostituzione dei satelliti. Gli attuali sforzi americani, infatti, sono volti ad assicurare l’accesso allo spazio proprio in caso di attacchi su larga scala ai propri asset spaziali attraverso il lancio immediato di satelliti sostitutivi.

Quanti danni può fare un’esplosione nucleare?

Dipende da dove esplode, e a che altitudine. Facendo detonare l’ordigno nella bassa orbita terrestre, a circa cinquecento chilometri di altitudine, si possono colpire satelliti nell’ordine delle centinaia. Se invece l’ordigno esplode in orbita geostazionaria, ad oltre trentacinquemila chilometri di altitudine, il risultato sarà molto più mirato data la minore densità di satelliti. In quest’ultimo caso ricorrere a un’arma nucleare sarebbe abbastanza inutile, dato che sono già disponibili altri strumenti come l’utilizzo di altri satelliti per “spostare” i satelliti bersaglio, le cosiddette armi “co-orbitali”. Il problema di un’esplosione nucleare nelle orbite basse è che genererebbe effetti collaterali devastanti.

A quali effetti fa riferimento?

Sappiamo benissimo che qualsivoglia attacco “cinetico” ad assets spaziali provocherebbe danni di portata enorme. Disabilitando cinquecento satelliti si andrebbero a creare decine di migliaia di “detriti” senza controllo che, impattando a loro volta con altri detriti e satelliti, ne genererebbero ancora di più. Si avrebbe quella che viene chiamata la “sindrome di Kessler”, ovvero una situazione in cui le orbite sono talmente sature di detriti spaziali da rendere impossibile lanciare nuovi satelliti. Per questo ritengo che l’ordigno che Mosca avrebbe o starebbe lanciando in orbita abbia esclusivamente (o quasi) scopi dimostrativi e di deterrenza. Il messaggio di Mosca secondo me è: “State usando lo spazio per fini bellici anche attraverso satelliti commerciali. Ciò viola alcuni accordi e soprattutto crea uno squilibrio di forze; dunque, lo riequilibriamo con le armi nucleari”. Dato che ad oggi la Russia ha le capacità tecniche, ma non industriali, per eguagliare le capacità spaziali occidentali, il concetto di deterrenza nucleare applicato alla guerra spaziale sembra essere l’unica via possibile agli occhi di Mosca per mantenere una stabilità strategica nello spazio.

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