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Deterrenza subacquea. Contro Pechino, Manila punta sui sottomarini

All’interno della terza fase del programma di modernizzazione militare filippino è prevista l’acquisizione di vascelli sottomarini. Anche se in numero limitato, queste capacità potrebbero essere veri e propri game changer in scenari di escalation

Con l’approvazione da parte del presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. arrivata ad inizio febbraio, Manila avvia la terza fase del suo programma di riarmo e modernizzazione militare ufficialmente nota come “Horizon 3”, che si estenderà fino al 2028. Oltre a jet da combattimento, sistemi missilistici, elicotteri, capacità radar ed unità navali di superficie, all’interno del programma è prevista anche la realizzazione di alcune unità sottomarine, le prime nella storia del Paese. Non è ancora chiaro quanti vascelli di questo genere saranno effettivamente realizzati: anche se dal piano ne sarebbe previsto uno solo, esponenti della Marina Militare filippina affermano che il numero sarà “sicuramente” superiore.

Una delle finalità della modernizzazione militare filippina è quella di disporre di capacità sufficienti a fronteggiare la Repubblica Popolare Cinese, la cui aggressività sempre più marcata ha portato ad una crescita nelle tensioni con lo Stato insulare nel Mar Cinese Meridionale: le forze di entrambe le parti si sono trovate coinvolte in numerosi incidenti, mentre i funzionari si sono scambiati accuse di aver soffiato sul fuoco del conflitto. E proprio in funzione di deterrenza i sommergibili sarebbero un’arma particolarmente efficace da sfruttare per le forze armate filippine. Secondo alcuni esperti anche un piccolo numero di unità di questo tipo sortirebbe un effetto tutt’altro che trascurabile, poiché possono mettere a rischio le navi da guerra di superficie di altri Paesi e persino alterare la strategia navale di un avversario. Alcuni sottomarini impiegati “furtivamente” potrebbero alterare il modo in cui la Cina opera nel Mar Cinese Meridionale, ad esempio attraverso il dispiegamento di navi da guerra aggiuntive per la difesa contro la minaccia subacquea; potenzialmente, potrebbero addirittura costringere la Marina della People Liberation’s Army a cambiare le sue strategie nella regione.

Secondo Ian Storey, senior fellow presso l’ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore, “Tre è il numero perfetto […] così da averne uno in funzione, uno in addestramento e uno in revisione o manutenzione”. Ma Storey nota anche che, considerando come la flotta delle Filippine non abbia mai operato con dei sottomarini, il processo di acquisizione e integrazione richiederà almeno un decennio poiché sarà necessario costruire infrastrutture, tra cui basi, moli, bacini di carenaggio e altri servizi di supporto: “Una volta consegnati, ci vorranno anni di addestramento ed esercitazioni perché i sommergibilisti della Marina filippina acquisiscano l’esperienza operativa necessaria per utilizzare i battelli in modo efficiente. Se le Filippine ordinassero due o tre sottomarini, dovrebbero aspettare almeno fino alla metà degli anni ’30 per poterli utilizzare efficacemente”.

Ma ci sono anche opinioni contrastanti. Come ad esempio quella di Joshua Bernard Espeña, vicepresidente dell’International Development and Security Cooperation di Manila, il quale ritiene la quantità di sottomarina menzionata da Storey come insufficiente a scoraggiare la Cina, poiché il Comando del Teatro Sud (uno dei cinque comandi della Pla) disporrebbe di circa trenta sottomarini diesel/elettrici nel Mar Cinese Meridionale. Per far si che un così ristretto numero di sommergibili possa svolgere efficacemente il suo ruolo di deterrente, le Filippine dovranno integrare questa piccola flotta con i sistemi di gestione del combattimento del Paese, con le sue piattaforme di superficie e di aviazione navale così da “aggiungere valore” e da “generare un effetto strategico”.

In questo momento a Manila si sta ancora vagliando da quale Paese acquistare i natanti subacquei. A contendersi la scelta sono rimasti due Paesi europei, la Spagna e la Francia, e due Paesi Asiatici, la Corea del Sud e il Giappone. A guidare la scelta, secondo fonti filippine, sarà la migliore combinazione di sinergia politica, industriale e militare.

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