Formiche.net è in possesso di informazioni sull’arrivo in Libia di armamenti russi. Se confermate, potrebbe significare che Mosca intende rinforzare Haftar e aprire un nuovo fronte in mezzo al Mediterraneo, contro Europa e Nato, spiega Mezran (Acus)
Secondo informazioni confidenziali raccolte da Formiche.net, grandi quantità di equipaggiamento militare pesante russo, tra cui carri armati e autoblindo, stanno arrivando in Libia sul lato orientale del Paese. Ossia quello più o meno controllato militarmente dal signore della guerra di Bengasi, Khalifa Haftar. Sono noti i collegamenti con Mosca del feldmaresciallo, rango che si è auto-assegnato quando cercava di rovesciare il governo onusiano di Tripoli, in una stagione della storia libica (aprile 2019, ottobre 2020) che appare lontana ma che facilmente potrebbe ritornare come scenario futuro — in un momento di stallo istituzionale come quello attuale, che dura da almeno tre anni.
Stando alle informazioni ricevute, quelle armi russe potrebbero essere destinate a Haftar, ma alcuni membri delle forze di sicurezza libiche spiegano che si tratta di equipaggiamenti piuttosto sofisticati per la milizia haftariana (che dal 2014 si fa chiamare Libyan National Army con un’ambizione programmatica già nel nome, ma che è composta anche da miliziani senza esperienza e competenze). Questo elemento è tra i più interessanti: potrebbe significare che quegli armamenti finiranno direttamente in uso ai russi?
Nel gennaio 2017, Haftar salì a bordo della portaerei Admiral Kuznetsov che aveva viaggiato — non senza imprevisti — da Murmask alla Siria, e firmò un accordo di cooperazione con Mosca. Già a quei tempi, si ipotizzava che la Russia volesse spostare in Libia il modello siriano — e probabilmente fu l’intervento militare turco a protezione di Tripoli che complicò i piani. Il generalissimo ha un accordo operativo tramite la Wagner, società militare privata che sta ripartendo con le attività in una nuova forma, dopo che il leader e fondatore Yevgeny Prigozhin aveva osato ribellarsi a Vladimir Putin (ed è casualmente morto in un incidente aereo qualche mese dopo).
In questo momento, Wagner fa parte di un network di società militari private (acronimo inglese Pmc, Private military company) che seguono le direttive di Andrei Averyanov, generale del Gru, l’intelligence militare che guida le operazioni di guerra ibrida russe — ma secondo un recente report del Rusi le operazioni sono condivise da diverse agenzie, dipendentemente che si tratti di penetrazione commerciale o assistenza securitaria, contrabbando per eludere le sanzioni internazionali oppure traffici di migranti (tutte attività che le Pmc russe portano avanti in Africa). Se la presenza in Africa di queste società — come Convoy e Redut, attive in Ucraina — è fondamentale quella in Libia lo è ancora di più. Il Paese ha una centralità geo-strategica, situato in mezzo al Mediterraneo è collegato in profondità con l’area centro-saheliana (dove i russi sono presenti con le società Pmc in Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad, Repubblica Centraficana, Sudan).
Dal rebranding dopo la morte di Prigozhin, le Pmc vengono chiamate “Expeditionary Corps”, che nel continente diventano “Africa Corps”. In Libia, si stima che ci siano 800 contractor russi, mentre circa 5mila sono quelli attivi negli altri Paesi del continente. Sono distribuiti in tre basi libiche: una nel bacino petrolifero di Sirte, una ad al Jufra e una a Brak al Shati. Queste postazioni sono usate sia delle forze haftariane che da quelle russe e spesso diventano nodi logistici del network africano di Mosca. Da un po’ di tempo si discute anche della possibilità che la Russia apra anche una base navale a Tobruk, che gli permetterebbe di avere un’altra sponda al centro del Mediterraneo, dopo la base nel Levante, a Tartus, in Siria. Haftar ne avrebbe parlato durante una recente visita a Mosca.
Il rafforzamento militare libico di cui parlano le fonti va dunque inserito in tale contesto. La Russia è ormai strategicamente stabilizzata nella Libia orientale, che fa da “gateway” tra le sponde mediterranee alle aree dell’Africa centrale. Questa presenza può avere conseguenze a vantaggio russo e a svantaggio dei rivali. Se essere in Libia (o altrove in Africa) permette a Mosca di partecipare allo sfruttamento delle risorse naturali di cui quei Paesi sono ricchi, può anche arrecare danno all’Unione europea (e per traslato alla Nato). Secondo quanto dichiarato a marzo dello scorso anno dal ministro della Difesa Guido Crosetto, per esempio le attività russe avrebbero favorito l’aumento dei flussi migratori dalla Libia orientale — sia per business, legati anche ai figli di Haftar, sia per destabilizzare i Paesi dell’Europa meridionale come l’Italia, che dal punto di vista politico soffrono particolarmente la questione immigrazione.
L’attività russa in Libia è certamente in aumento: giovedì ha riaperto l’ambasciata di Tripoli e nei prossimi mesi potrebbe avviare le attività il consolato di Bengasi. In generale, il rischio del rafforzamento della presenza russa in Libia è dunque l’apertura di un nuovo fronte lungo il fianco sud della Nato, anche usando come strumentali le ambizioni di Haftar. “Se certe informazioni si rivelassero vere, il rischio non riguarderebbe solo la potenziale apertura di una nuova stagione militare in Libia”, spiega Karim Mezran, direttore della North Africa Initiative del Rafik Hariri Center all’Atlantic Council. “Potenzialmente si andrebbe a unire alla guerra ucraina, alla destabilizzazione delle rotte che risalgono il Mar Rosso e alla caoticizzazione di aree balcaniche come il Kosovo: ossia un ulteriore fronte, stavolta mediterraneo, per indebolire la Nato”.