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Che cosa ostacola i sogni di Draghi per l’Europa. Parla Lombardi

​Recuperare il terreno perduto nella competitività è sacrosanto e doveroso, ma prima di parlare di numeri e strumenti occorrerebbe assemblare una visione strategica comune a livello europeo, fattore che oggi manca all’appello. Prematuro parlare di taglio dei tassi da parte della Bce, non se ne vedono ancora i segnali. Il Btp Valore? Il mercato premia Meloni ma la fiducia va alimentata. Intervista al direttore del Luiss Policy Observatory e Professor of Practice in Public Policy alla Luiss School of government

Mario Draghi, pochi giorni fa, ha detto qualcosa che difficilmente può essere messo in discussione: l’Europa deve investire se vuole recuperare il terreno perduto e deve farlo subito. Come? Con 500 miliardi di euro, da reperire facendo debito comune.

Non farebbe una piega, se non fosse che in un continente a 27 Stati non è facile condividere le finanze pubbliche e le varie visioni sui terreni da battere. E allora? Formiche.net ne ha parlato con Domenico Lombardi, economista e direttore del Luiss Policy Observatory e Professor of Practice in Public Policy alla Luiss School of government.

Draghi ha rilanciato la necessità di recuperare terreno in termini di competitività, con investimenti per circa 500 miliardi. Da reperire anche ricorrendo all’emissione di debito comune. Non è la prima volta che se ne parla in Ue e sappiamo come la pensa la Germania sulla condivisione del debito. Questa volta l’obiettivo è alla portata o è l’ennesimo appello destinato a cadere nel vuoto?  

Occorre attendere il rapporto (sulla competitività, ndr) per valutare la cornice nell’ambito della quale queste stime vengono formulate. A mio avviso, prima di parlare di numeri o di strumenti di debito, occorre chiarire quale è il contesto in cui tali investimenti dovrebbero materializzarsi.

Ovvero?

La Ue ha adottato delle norme de-competitive che sottraggono competitività che viene poi esportata a favore di altre regioni del mondo. Questa dinamica si sovrappone ad altre più tradizionali, che nel complesso accentuano il divario competitivo tra l’Europa e le altre regioni del mondo. Se non si interviene alla radice, ha poco senso parlare di numeri. Ad esempio, ma è solo un esempio, gli obiettivi europei sulla decarbonizzazione, pienamente legittimi e desiderabili, non sono stati, sinora, supportati da un adeguato quadro analitico e di riflessione strategica. Il risultato è che stiamo deliberatamente riducendo la nostra competitività a favore di Cina e Stati Uniti, non solo per mancanza di investimenti.

Molti Paesi europei invocano un taglio dei tassi da parte della Bce, senza il quale si rischia di vanificare quel poco di crescita già accantonata. Fosse a capo della Bce, avrebbe agito con maggiore celerità in termini di allentamento della politica monetaria?

I numeri di cui disponiamo oggi indicano che le forze disinflattive stanno operando con efficacia sotto l’impulso delle eccezionali restrizioni monetarie, per intensità e velocità, impartite alla domanda aggregata. Tuttavia, dalle ultime comunicazioni della Bce non emerge alcuna evidenza che preluda all’avvio del ciclo di riduzione dei tassi. Anzi, a parità di tassi nominali, sta crescendo il grado di restrizione monetaria a fronte della disinflazione in atto.

E pensare che c’è una Germania che avrebbe un gran bisogno di investire e crescere. E certamente un costo del denaro alto non aiuta…

A mio avviso i rischi dell’economia tedesca e l’impatto che essa ha su quella dell’Eurozona non sono adeguatamente soppesati. La Germania è in una situazione recessiva da circa un anno e registra una caduta dell’inflazione, negli ultimi tempi, significativa. A fronte di questi sviluppi, poi, la postura della politica fiscale si mantiene restrittiva, il che accentua l’impatto recessivo sulla domanda aggregata.

Rimanendo nel campo europeo, stiamo assistendo al tentativo europeo (ma anche americano) di monetizzare in qualche modo gli asset congelati alla Russia. Le pare un’operazione sensata, per quanto fattibile che sia?

Si sta cercando di quadrare le esigenze poste dalla futura e, mi auguro, prossima, ricostruzione ucraina con la realtà dei bilanci fiscali nazionali dell’Occidente, tenuto conto che la guerra è stata provocata dall’aggressione russa. Lo spettro delle sanzioni irrogate alla Russia è senza precedenti, tuttavia hanno avuto ripercussioni significative sulle economie occidentali, in particolare quelle europee. Per esplorare la fattibilità di questa proposta il Policy Observatory della Luiss School of Government ha convocato per i prossimi giorni i maggiori esperti per valutarne la fattibilità sul piano tecnico-legale.

Torniamo all’Italia. Ieri mattina la domanda del Btp Valore ha raggiunto i sei miliardi, andando ben oltre le attese. I mercati da mesi soffiano a favore dell’Italia (lo spread è e rimane basso). C’è dunque un alleato silenzioso ma prezioso per il governo Meloni?

I mercati non sono alleati di nessuno, semplicemente soppesano la credibilità e la solvibilità delle politiche economiche messe a terra dai governi, di qualsiasi colore politico. È un fatto che il governo Meloni ha saputo costruirsi un profilo di affidabilità. Questa dote di cui oggi dispone non è incondizionata né illimitata, dunque occorre sapientemente alimentarla continuando con politiche economiche prudenti e riforme.



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