L’affondamento del cargo Rubymar nello stesso giorno dell’ingaggio cinetico del Caio Duilio ricordano come la situazione della connettività indo-mediterranea sia deteriorata. Dal Mar Rosso passano stabilità e sicurezze dell’Italia, e gli Houthi sembrano interessati a continuare la resistenza in una fase storica in cui gli scontri armati sono tornati ordinari
Alle 02:15 di sabato 2 marzo, secondo il dato ufficiale definito da Lloyd List Intelligence, il Rubymar è affondato. Il tanker britannico era stato colpito da un paio di missili anti-nave di fabbricazione iraniana lanciati dagli Houthi, la milizia yemenita che da mesi sta destabilizzando le rotte commerciali indo-mediterranee, e che con l’affondamento ha incassato uno dei principali successi operativi specifici. In generale invece il valore strategico di quanto fatto sta nell’aver disarticolato il principale collegamento tra Europa e Asia (il corridoio tra gli stretti di Suez e Bab el Mandeb) e di aver fatto saltare in aria le vulnerabilità della geo-economia globale che su quella via d’acqua stretta e complicata si basa – basta pensare che da lì passa oltre il 40 per cento degli scambi commerciali italiani e lo stesso più o meno vale per altri Paesi mediterranei.
La Rubymar si porta sul fondo del Mar Rosso un carico da 21mila tonnellate di solfato di fosfato di ammonio — fertilizzante industriale usato per terreni alcalini in parte già sversato lungo le acque che antecedono di qualche migliaio di miglia nautiche la barriera corallina egiziana — e l’ancora da oltre 100 metri che probabilmente ha tranciato tre cavi sottomarini davanti allo Yemen. Una volta colpito, il capitano del tanker aveva infatti ordinato l’abbandono della nave per ragioni di sicurezza, ma l’ancora di tribordo era stata gettata. La nave si credeva fosse affondata rapidamente dopo i colpi subiti, ma in realtà aveva continuato a vagare alla deriva disancorata e l’ormeggio avrebbe agganciato alcuni dei sensibili cavi da 25 centimetri che permettono connettività Internet tra Europa, Asia, Africa e Medio Oriente. “C’è ampia convergenza sull’ipotesi, corroborata da alcuni elementi fattuali, che sia stata la sua ancora nel vagare alla deriva a danneggiare i cavi”, spiega a Formiche.net una fonte dell’ambiente.
Per Roma, che con la presidenza del G7 sta dando valore alla connettività (sia essa di superficie, sottomarina, satellitare, e dunque terrestre, marina o aerea), la sfida è complessa sia sul piano internazionale che interno. La vicenda della Rubymar dimostra come la minaccia sia sensibile, e perché quelle rotte sono di fatto instabili – sabato sera il cacciatorpediniere Caio Duilio ha dovuto sparare con il suo cannone di prora dritta per abbattere un velivolo senza pilota probabilmente degli Houthi – e perché le connessioni che vi passano sono un interesse nazionale. Il Mar Rosso è un corridoio eccessivamente ingolfato per quanto vitale. Problematica che dopo Confindustria a fine gennaio (perdita totale di 8,8 miliardi di euro stimata in tre mesi di attacchi Houthi) ora evidenza anche Coldiretti in un report diffuso nel weekend. “Dal Canale di Suez passano il 16% dell’olio d’oliva, il 15% dei prodotti derivati dalla lavorazione dei cereali e il 14% del pomodoro trasformato delle esportazioni agroalimentari italiane, che complessivamente ammontano a un valore di circa 6 miliardi di euro”, spiega la valutazione dell’associazione.
Secondo l’analisi, da dicembre 2023 a gennaio 2024 “le quotazioni del trasporto dal Mediterraneo alla Cina sono cresciute del 659%”. “Le difficoltà sul mercato asiatico colpiscono un settore in grande espansione che ha messo a segno nel 2023 il record storico con l’export agroalimentare nazionale – conclude Coldiretti – che ha raggiunto il valore massimo di sempre a 64 miliardi, con una crescita del 6% rispetto all’anno precedente, secondo la proiezione della Coldiretti sulla base dei dati Istat”. Inoltre, aumentano le difficoltà in entrata dei fertilizzanti come quelli trasportati dal Rubymar, col rischio di aumento dei costi dei prodotti dei campi. È in questo quadro che l’Italia domani si appresta a varare l’autorizzazione parlamentare alla missione europea “Aspides” per la protezione specifica del Mar Rosso, con l’ammiraglio Stefano Costantino, già a bordo del Caio Duilio, che prederà nei prossimi giorni il ruolo di Force Commander di un’attività che dai cavi sottomarini all’agricoltura diventa vitale per l’economia italiana, europea e globale.
Houthi attacks on commercial ships in the Red Sea are doubling shipping costs to the United States and having real human impacts—increasing the costs of food, medicine, and fuel. pic.twitter.com/8D7nyEI0cE
— Department of State (@StateDept) March 2, 2024
Gli Houthi hanno dalla loro una serie estesa di sistemi di attacco da poter utilizzare e l’abitudine alla guerra. Da dieci anni combattono contro le forze centrali del governo di Sanaa e hanno un passato di attivismo guerreggiato. Sono stati riforniti, e in parte ancora ricevono rifornimenti, dai Pasdaran; sono ideologizzati nel volersi rappresentare in testa al network della Resistenza (all’Occidente); vogliono mostrare i muscoli in un contesto internazionale in cui lo scontro armato sta tornando ordinario e sanno che trovano il contrasto di una missione difensiva come Aspides e una a limitata attività come quella anglo-americana Poseidon Archer (che concentra per ora su azioni mirate contro sistemi di attacco degli yemeniti). Davanti al contenimento scelto dalle missioni di Usa e Ue, gli Houthi possono ancora continuare la resistenza e lo scontro.