Differentemente rispetto alla Sardegna, in Abruzzo il centrodestra non ha cambiato il cavallo in corsa. La previsione di una conferma della guida di Marco Marsilio formulata dalla premier Meloni è realistica. E il contributo della Dc, assieme all’Udc, sarà importante. Parla Gianfranco Rotondi
La pioggia non ferma l’entusiasmo. Anzi, a sentire il premier Giorgia Meloni dal palco di Pescara sembra quasi ben augurale. Confermare il governatore uscente Marco Marsilio, per lei e la coalizione di centrodestra a maggior ragione dopo la sconfitta – seppur di misura – in Sardegna. “Il valore aggiunto è il buon governo di cui ha dato prova Marsilio, e gli abruzzesi lo apprezzeranno”. A dirlo a Formiche.net è il deputato democristiano (in quota Fratelli d’Italia), Gianfranco Rotondi.
Il premier Meloni ieri si è detta sicura che l’Abruzzo non cambierà guida. Un’iniezione di ottimismo prima del voto o un’analisi realistica della situazione?
È una previsione realistica. In Abruzzo si confrontano due soli candidati, quindi è in corso un vero e proprio ballottaggio. Conterà il radicamento delle liste, e quelle del centrodestra sono rappresentative e forti. Il valore aggiunto è il buon governo di cui ha dato prova Marsilio, e gli abruzzesi lo apprezzeranno, sono persone toste e concrete, abituate a separare il grano dei risultati dal loglio della propaganda.
Quale prevede possa essere il contributo del suo partito alla coalizione di centrodestra nel contesto abruzzese?
Il mio partito da vent’anni rivendica il diritto di riproporre la Democrazia Cristiana. In Abruzzo assieme all’Udc riproponiamo, come cinque anni fa, il nome e il simbolo del partito. Non è un’operazione nostalgia, ma l’inizio di un terzo tempo del cattolicesimo politico, una cultura che in Abruzzo ha radici profondissime.
Non c’è, concretamente, il rischio che si possa riproporre uno scenario simile a quello sardo?
In politica possono esserci tanti rischi, e i risultati non debbono mai essere dati per scontati. Tuttavia gli scenari sono diversi: in Abruzzo si conferma un governatore uscente nell’armonia della coalizione, in Sardegna si è entrati in campagna elettorale tardi e cambiando il cavallo in corsa, e ciononostante abbiamo perso per soli mille voti.
Il governo ha stanziato 720 milioni per la ferrovia Roma-Pescara. Alcuni dicono sia una manovra elettorale. Al di là delle polemiche, cosa rappresenterà quell’infrastruttura per il territorio?
È una vecchia idea di questo governo, un impegno assunto e mantenuto dalla premier, che è anche parlamentare abruzzese.
Marco Marsilio è un governatore uscente sul quale la coalizione ha trovato una convergenza. Pensa che questa intesa possa essere raggiunta anche in Basilicata e Piemonte?
Mi sembra che si profili questo scenario, che permette di mantenere unita la coalizione, ma lascia aperta l’esigenza di un riequilibrio per i mutati rapporti di forza tra i partiti che compongono l’attuale centrodestra.
Dopo la sconfitta in Sardegna, Giorgia Meloni e il governo sono usciti indeboliti? Cos’ha determinato il risultato più di ogni altra cosa?
La vita politica non è una passeggiata sul tappeto rosso, del resto non lo è neppure la vita artistica. Il governo ha ancora un solido consenso del Paese, ma deve prepararsi a svolgere il proprio lavoro con serenità anche nelle fasi in cui dovesse imbarcare acqua. Giorgia ha dimostrato di avere spalle larghe, metaforicamente, perché regge una situazione che metterebbe fuori uso anche i vecchi professionisti della Prima Repubblica. La congiuntura internazionale scarica sull’Italia responsabilità enormi e dobbiamo essere orgogliosi di una premier che si sta mostrando all’altezza.